ERMA (dal gr. ἑρμῆς; λατ. herma e hermes)
Pilastro rettangolare sormontato da una testa umana barbata, munito di due brevi appendici laterali, simili a monconi di braccia, e degli organi genitali virili. Come indica il nome stesso, che significa tanto erma quanto il dio Ermete, l'erma rappresentò - in origine esclusivamente, più tardi principalmente - questa divinità, con cui dobbiamo perciò identificare il personaggio rappresentato, quando nulla vi si opponga esplicitamente. Verso il 520 a. C. abbiamo la più antica menzione di erme nella forma rimasta tipica, e allo stesso periodo ne risalgono anche le più antiche rappresentazioni, coincidenza difficilmente fortuita.
Chiunque sia stato l'ignoto autore che ha creato gli elementi riuniti nella figurazione di questo tipo, dobbiamo ammirarlo per l'abilità con la quale seppe fondere i due primitivi simboli del dio, nei suoi due aspetti di dio della fecondità e di protettore della proprietà e dei viandanti: il primo concetto era simboleggiato dal membro virile, l'altro dalla forma del monumento, simile a un termine, spesso circondato da sassi. Con la felice mescolanza, tipica del mondo antico, di sacro e di profano, di utile e di ideale, l'erma servì appunto soprattutto ai viandanti, cui il dio in tal modo dava aiuto. Troviamo quindi le erme lungo le strade ed ai crocicchi (già Ipparco, che dominò su Atene fra il 528 ed il 514, collocò erme lungo le strade che dai villaggi conducevano alla capitale, incidendovi dei detti morali), innanzi alle porte, dovunque fosse un confine, nelle palestre, nelle biblioteche e sulle tombe; in questi casi però il dio doveva essere considerato specialmente come protettore dei giochi e come guida nell'oltretomba, o avere solo una funzione archittettonica e decorativa. Infatti, mentre nel secolo V a. C. - come ci attestano le rappresentazioni vascolari e lo scoppio d'indignazione che destò nel 415 a. C. la mutilazione delle erme attribuita ad Alcibiade e ai suoi amici politici - il culto delle erme perdurava ancora, in età ellenistica, invece, l'erma rimase in voga solo come una rappresentazione compendiosa, tanto economica quanto decorativa, di divinità e soprattutto di persone (uso che fu originato forse dall'assimilazione del defunto col dio), sinché in età romana si confuse quasi col busto-ritratto. Grandissima diffusione ebbe l'erma in età romana, soprattutto per le sue applicazioni decorative, ma anche per la predilezione di quell'epoca per tutto ciò che era o sembrava arcaico. Gli esemplari di erme a noi pervenuti sono tanti che una raccolta sistematica ne è stata appena iniziata. Sia qui citata, tra le più famose, l'erma di Alcamene trovata a Pergamo nella quale forse dobbiamo vedere - se il numero abbastanza forte di sette repliche è argomento sufficiente per tale ipotesi - una replica dell'Hermes Propylaios dell'Acropoli di Atene.
Bibl.: Eitrem, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, col. 696 segg.; P. Paris, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiq., III, i, pp. 130-34; v. altresì Einzelaufnahmen phot. antiker Sculpturen, s. XI, nr. 3231, Monaco 1929, dove per qualcosa va soggetto a revisione; R. Lullies, Die Typen der griechischen Herme, Königsberg, 1931.