ERITREA (XIV, p. 220; App. II, 1, p. 868; e v. africa orientale italiana, in App. I, p. 62)
L'Italia rinunciò alla sua sovranità sull'E. con il trattato di pace del 10 febbraio 1947, art. 23, dopo avere invano insistito, prima, per la sua restituzione, salvo ad accordare uno sbocco all'Etiopia in Assab, quindi per ottenere la colonia in amministrazione fiduciaria. Poiché, a norma del predetto art. 23, la sorte delle colonie italiane doveva essere decisa di comune accordo dalle Quattro grandi potenze, entro un anno dall'entrata in vigore del trattato, l'Italia continuò a battersi per ottenere l'amministrazione fiduciaria di esse di fronte alla Conferenza dei sostituti dei Quattro grandi, apertasi nell'ottobre 1947 a Londra. Dati i punti di vista contrastanti, i Quattro nominarono una commissione di inchiesta di quattro membri per le tre ex colonie italiane; con l'incarico di accertare le aspirazioni delle popolazioni locali e presentare un rapporto. La commissione visitò l'E. tra l'11 novembre e il 14 dicembre 1947 ma nel suo rapporto (luglio 1948) non riuscì a formulare alcuna conclusione o proposta per le divergenti opinioni esposte dalle organizzazioni e personalità locali. Né i quattro sostituti, né i quattro ministri degli Esteri riunitisi a Parigi tra il 13 e il 15 settembre 1948 riuscirono a trovare un punto di accordo. La questione fu pertanto deferita all'Assemblea delle Nazioni Unite in conformità dell'annesso XI del trattato di pace. Fallito un compromesso Bevin-Sforza, che avrebbe diviso l'E. tra l'Etiopia ed il Sudan anglo-egiziano, assicurando diritti speciali all'Italia nelle città di Asmara e Massaua (maggio 1949), il governo italiano ripiegò sulla soluzione intesa a concedere l'indipendenza alla Libia ed all'Eritrea. Continuando le divergenze tra i Quattro grandi circa l'E., l'Assemblea delle N.U. votò il 21 novembre 1949 una risoluzione per la nomina di una nuova Commissione d'inchiesta di 5 membri con l'incarico di accertare esattamente le aspirazioni degli abitanti e di fare proposte per la soluzione del problema. La risoluzione sollevò malcontento e provocò scontri sanguinosi tra le opposte fazioni (pro-unione all'Etiopia e pro-divisione tra Etiopia e Sudan) allorché la Commissione d'inchiesta arrivò ad Asmara (febbraio 1950). L'Italia cercò di ottenere che il territorio non venisse diviso e fosse riconosciuto come stato indipendente entro il più breve tempo possibile: al contrario, l'Etiopia si batté per assorbirlo integralmente e l'Inghilterra per dividerlo tra il Sudan e l'Etiopia stessa. Alla fine l'Inghilterra avanzò, con l'adesione italiana, il progetto di istituire una federazione tra E. ed Etiopia sotto la sovranità della corona etiopica. Il progetto fu approvato il 2 dicembre 1950 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. La relativa risoluzione stabilì nei primi sette articoli (il cosidetto Atto federale) le competenze dei governo federale e di quello eritreo (v. oltre).
L'Assemblea nominò quindi un Commissario per assistere la potenza occupante (Inghilterra) negli atti preparatorî per la creazione di una amministrazione autotona dell'E. e l'ingresso di questa nella Federazione, che avrebbe dovuto iniziare la sua vita non oltre il 15 settembre 1952. Principale compito del Commissario delle N.U. (il boliviano Eduardo Ante Matienzo) fu quello di preparare un testo di Costituzione per l'Eritrea. Presentato all'Assemblea costituente eritrea che era stata eletta nell'aprile 1952 (34 copti e 34 musulmani), il testo fu approvato (10 luglio 1952) con modesti emendamenti.
L'11 settembre 1952 l'imperatore d'Etiopia ratificò la costituzione eritrea (il cui testo facente fede è quello in lingua inglese) insieme con la legge federale e la concomitante dichiarazione dell'entrata in vigore della federazione da parte dello stesso sovrano. Il 15 settembre l'amministrazione britannica, a cui il territorio sottostava dopo l'occupazione militare del 1941 e che dal 10 aprile 1949 era passata alle dipendenze del ministero degli Affari Esteri, consegnò l'E. alle autorità federali etiopiche e del governo Eritreo a seconda delle rispettive competenze. Nell'ottobre 1952 l'imperatore d'Etiopia compì la sua prima visita ufficiale all'Eritrea.
L'atto istitutivo della federazione è rappresentato, come si è detto, dai primi sette articoli della deliberazione delle N. U.: all'E. è riconosciuta una limitata autonomia nel governo degli affari interni, che si attua attraverso un proprio potere legislativo, esecutivo e giudiziario (con facoltà di istituire un proprio corpo di polizia, di imporre tasse per sostenere le spese di funzionamento della propria amministrazione e di avere un proprio bilancio); al governo federale, rappresentato dal governo etiopico con poteri federali, sono affidati gli affari concernenti la difesa, le relazioni con l'estero, le finanze (onde il tallero etiopico è divenuto la moneta legale anche dell'Eritrea, in sostituzione dello scellino dell'Africa Orientale Inglese), il commercio (estero e interfederale), le comunicazioni (esterne e federali, compresi i porti di mare).
I confini dell'E. sono quelli dell'ex-colonia italiana (stabiliti nelle convenzioni italo-etiopiche del 1900-02 e 1908); le lingue nazionali ufficiali sono il tigrino e l'arabo, mentre l'inglese è la lingua europea di uso ufficiale (ma l'italiano continua a essere tutt'oggi estesamente usato, anche negli scritti ufficiali); la bandiera eritrea richiesta dalla costituzione fu sostituita nel 1958 dall'Assemblea legislativa con quella etiopica. I poteri del sovrano etiopico in quanto sovrano della federazione sono esercitati dal suo rappresentante in Asmara, città capitale; a questo compete ricevere il giuramento del capo del governo e investirlo della carica, aprire e chiudere le sessioni dell'Assemblea legislativa, pronunciando il discorso del trono, promulgare le leggi da quella approvate o rinviarle, quando interferiscano con le questioni di competenza federale.
Il potere legislativo è esercitato dall'Assemblea, composta di cinquanta o sessanta membri, eletta ogni quattro anni con votazione diretta e indiretta (per i primi quattro anni è rimasta in carica l'Assemblea costituente); le leggi sono proposte dai membri dell'Assemblea o del governo. L'Assemblea, inoltre, elegge il capo del governo (Chief executive, termine adottato anche in tigrino) a ogni nuova legislatura, approva i bilanci, controlla l'operato del governo. Al capo del governo sono conferiti estesi poteri: può emanare norme di legge durante le vacanze dell'Assemblea; nomina i Segretarî dei dipartimenti esecutivi, responsabili di fronte a lui (nel 1956 i dipartimenti erano: affari interni, finanze, economia, affari sociali, giustizia, proprietà statale). L'ordinamento dei dipartimenti è analogo a quello dei ministeri dell'Occidente; amministrativamente il territorio è ripartito in circoscrizioni (ingl. divisions; nel 1956 erano: Hamāsi̯ỹn, Särāyỹ, Akkälä??? Guzāy, Kärä???n, Agordp̀t, Mar Rosso, con Massaua, Assab); le amministrazioni municipali sono costituite nei principali centri urbani. Su una superficie di 124.320 km2 la popolazione fu calcolata nel 1953 a circa 1.020.000 abitanti.
Un consiglio consultivo coopera con il capo del governo e con l'Assemblea per promuovere il progresso dell'Eritrea. Nell'amministrazione della giustizia è riconosciuta la validità dei varî diritti vigenti nel paese. L'ordinamento giudiziario, rimasto fino ad allora, nella sostanza, quello dell'amministrazione italiana, fu riformato da quella britannica con un proclama del settembre 1952, adottato poi dall'Assemblea eritrea, e quindi modificato nuovamente con una legge del 1953. Esso, pur unificando le corti in un solo sistema semplificato, ha cercato di alterarne il meno possibile le sfere di competenza originaria. Massimo organo della magistratura è la corte suprema, con giurisdizione illimitata, divisa in tre sezioni, competente a giudicare in materie di diritto commerciale, in questioni concernenti l'amministrazione dello stato e quelle municipali, e a giudicare il capo del governo per atti lesivi della costituzione e i giudici per mancanze commesse nell'esercizio delle loro funzioni (incerto se abbia qualche competenza in materia penale ordinaria); funziona, infine, come corte di appello. Vengono poi i tribunali distrettuali, competenti in prima istanza in materia civile e penale, i tribunali dei "magistrati" (rappresentati dai Senior divisional e Divisional Officials preposti alle circoscrizioni territoriali) con competenza penale, limitata; i tribunali dei "conciliatori" con competenza in questioni civili di minore conto. In tutti questi tribunali, di regola, la corte è formata da un solo giudice. Tuttavia con legge del 17 maggio 1956 è stata restituita la tradizionale giurisdizione alle autorità civili locali (capi distretto e assimilati) in materia di diritto consuetudinario. Le norme di procedura sono contenute nelle varie disposizioni legislative sulla materia. In più casi si applica ancora il diritto italiano (codice penale, codice di commercio, codice di diritto e procedura civile); ma nel 1957 il rappresentante del sovrano etiopico invitava l'E. ad adottare il codice penale etiopico di recente promulgazione.
Nel settembre 1952 veniva creato anche un ordinamento giudiziario federale, che attribuiva competenza federale a tutti i tribunali etiopici e istituiva un'Alta corte federale, risiedente in Asmara, che sola, effettivamente, tratta questioni concernenti la federazione e giudica in base a leggi dell'Etiopia, estese tassativamente all'E. o per questa emesse dal potere legislativo etiopico in funzione federale. Al disopra di tale corte, in appello, c'è il tribunale del nügusä??? nägä???st (e cioè il sovrano) che ha il nome di corte suprema federale. La trattazione, poi, degli altri affari di competenza della federazione ha comportato la istituzione di appositi uffici o enti federali etiopici in Eritrea, fra cui la filiazione della Banca di stato d'Etiopia, sola autorizzata a eseguire operazioni di cambio con l'estero; comandi e unità militari (sotto giurisdizione militare sono i porti di Massaua e Assab); uffici delle poste, delle dogane, uffici della rappresentanza della Corona, ecc.
Al potere legislativo del governo federale l'E. partecipa con rappresentanti in numero proporzionale alla sua popolazione. Un numero di membri eritrei, pari a quello degli etiopici, compone il Consiglio federale imperiale, di nomina regia, che, a norma della legge federale, deve esercitare la propria consulenza nelle materie di interesse federale. La partecipazione degli eritrei è anche prevista, nella legge federale, per il potere esecutivo e giudiziario della federazione (non pochi eritrei, peraltro, fanno parte, grazie alla loro esperienza e preparazione, della amministrazione pubblica etiopica).
Finanziariamente lo stato eritreo vive con gli introiti delle dogane, soprattutto (40% delle entrate circa); dal governo federale esso riceve una somministrazione trimestrale, stabilita convenzionalmente, come corresponsione sui diritti doganali che la federazione percepisce sulle merci con origine o destinazione in Eritrea. Il governo federale sostiene le spese per il funzionamento degli organi e servizî affidati alla sua competenza con i proventi di uno speciale diritto doganale federale del 10% sulle merci importate e del 2% su quelle esportate, imposto nel 1954.
La vita economica dell'ex colonia si è contratta, scendendo a un livello alquanto più modesto, con la cessazione di molte attività commerciali degli italiani (ridotti a poco più di 10.000) e con la conseguenza della disoccupazione di manodopera indigena, soprattutto nei centri urbani; si aggiungono la elevatezza delle tariffe doganali etiopiche (estese all'E.), che ha portato, all'atto della federazione, all'aumento dei prezzi. Il mantenimento dell'ordinamento sociale politico ed economico di tipo occidentale impongono all'E. gli stessi problemi dell'Etiopia, con le stesse gravi difficoltà di ordine materiale e tecnico, aggravate dalla povertà generale del territorio. Onde la presenza di consulenti stranieri in tutti i rami della vita pubblica (l'amministrazione britannica ne lasciava già un folto gruppo nel 1952), la concessione di aiuti finanziarî esterni, stranieri ed etiopici, i quali ultimi investono ogni settore dell'economia del paese. viene messo in atto qualche progetto per accrescere o avviare una migliore produttività agricola in qualche zona, come quello, già studiato sotto l'amministrazione italiana, di una irrigazione estensiva presso Zula, con la costruzione, in corso dal 1959, di una grande diga per trattenere le acque stagionali dei fiumi.
Tutto ciò rende più difficile l'autonomia politica dell'E., già manifestamente considerata una parvenza dall'Etiopia, che al paese ha esteso i proprî sistemi di governo, cercando di livellare ogni differenza di struttura politica e culturale: si dissolsero, così, i partiti politici antagonisti all'avvento della federazione; la stampa si è adeguata al conformismo di quella etiopica; le manifestazioni di libera critica, politica e sociale, sono redarguite e fatte tacere; nell'insegnamento, la lingua amarica è stata resa obbligatoria, a differenza della tigrina, mentre i programmi delle scuole sono stati uniformati a quelli delle scuole etiopiche. Su questa via, dal maggio 1960, con provvedimento dell'Assemblea eritrea, non si parla più di "governo" eritreo ma di "amministrazione" eritrea.
Gli italiani ancora rimasti nella antica colonia costituiscono tuttora un elemento essenziale per la vita della società eritrea: prestano la loro opera largamente nell'amministrazione pubblica (eritrea e federale) come tecnici e industrie, commerci, attività professionali sono in gran parte esercitati da loro, insieme a non molti altri stranieri.
La sistemazione delle proprietà, mobiliari e immobiliari, dello stato italiano in Eritrea fu definita con una deliberazione (30 gennaio 1952) dell'Assemblea generale delle N. U., che attribuì allo stato eritreo quel patrimonio, lasciando all'Italia le scuole, gli ospedali e altri immobili della comunità italiana, gli immobili destinati ad ospitare la rappresentanza diplomatica italiana (di grado consolare) e gli edifici del culto. Furono rispettati i beni dei privati italiani e fu ammesso il pagamento diretto, a cura dell'Italia, delle pensioni civili e militari e altri diritti riconosciuti a eritrei all'atto dell'entrata in vigore del trattato di pace.
Bibl.: F. J. R. R. Rennell e Rennell Rodd, British Military Administration in Africa, Londra 1948; Ministero degli Affari Esteri, Documenti riguardanti i problemi africani dell'Italia alle Nazioni Unite, presentati al Parlamento italiano dal ministro Sforza, Roma 1949; B. Rivlin, The United Nations and the Italian colonies, New York 1950; A. Giannini, La costituzione eritrea del 1952, in Oriente Moderno, sett.-ott. 1952; S. Gaddi, I beni italiani in Eritrea, in Affrica, 1952, p. 79; G. Lodi, La bonifica della piana di Zula, in Rivista di agricoltura subtropicale, LIII (1959), pp. 273-85; G. K. Trevaskis, Eritrea, a colony in transition 1941-52, Londra 1960.