ERIDU
Città nella Mesopotamia meridionale, corrispondente all'odierna località di Abu Shahrain (Iraq), posta 11 km a S-O di Ur.
Sommariamente esplorata nel 1918-19 da C. Thompson e H. R. Hall, è stata scavata in tre campagne (1946-49) da una missione irachena diretta da Fuad Safar. Un testo rituale babilonese afferma che E. fu la prima città emersa dal caos primordiale; l'antichità che si attribuiva a E. (sede di una leggendaria dinastia preistorica) e la presenza di un grande santuario di Enki (v.), l'é-abzu ("dimora dell'oceano di acque dolci"), fecero comunque di E. il più importante centro religioso della Mesopotamia. Gli scavi hanno confermato i dati della tradizione: fondata verso l'inizio del IV millennio a. C., E. ebbe un grande sviluppo nell'epoca di el-'Ubaid (seconda metà IV millennio); a tale periodo risale una vasta necropoli scoperta nel lato N-O della collina. All'inizio dell'epoca storica la città decadde politicamente e demograficamente, riducendosi al grande complesso cultuale, del quale si ha notizia fino all'età neobabilonese. Gli strati più bassi della città hanno restituito, oltre ad una ceramica (anteriore a quella detta di el-'Ubaid) caratterizzata da decorazione geometrica con prevalenza di reticolati e chiamata appunto di E., i più antichi resti del tempio, di forma quadrangolare con una nicchia. Le successive trasformazioni di questo sono del massimo interesse per la storia dell'architettura religiosa mesopotamica; le affinità che diverse fasi dell'edificio presentano con le costruzioni di Tepe Gaura, mostrano il parallelo sviluppo delle forme architettoniche nel S e nel N della Mesopotamia. Il santuario fu profondamente restaurato durante la III dinastia di Ur (2150-1950 a. C.), con la costruzione di una piattaforma di 300 mq alta 12 m e di una ziqqurat. A questo periodo risalgono i resti di due palazzi, simili a quello di Kish, ed un leone di basalto.
Bibl.: E. Unger, in Reallex. d. Assyriologie, II, Berlino-Lipsia 1938, pp. 464-70, s. v.; S. Lloyd-Fuad Safar, E., in Sumer, III, 1947, pp. 84-111; Akram Shukhri, Il leone di E. (in arabo), ibid., IV, pp. 81-85; S. Lloyd, Fuad Safar, C. M. Otten, E., ibid., pp. 115-27; Fuad Safar, E., ibid., VI, 1950, pp. 27-38; A. Parrot, Archéologie mésopotamienne, II, Parigi 1953, pp. 160-65.