ERIBERTO
Nacque probabilmente in Alta Italia nella prima metà del sec. XI, ma la sua origine e la sua formazione restano ignote: le prime notizie pervenuteci su di lui lo vedono già - come è evidente dalle sue azioni e dai suoi scritti - come uno dei principali personaggi del circolo dei vescovi riformatori che si erano riuniti intorno a Matilde di Canossa.
Nel 1082 il vescovo filoimperiale di Reggio Emilia, Gandolfo, fu deposto da Gregorio VII, e la diocesi affidata al vicario pontificio Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca. Nonostante che nel 1085 Gandolfo compaia ancora a capo della sua diocesi come vescovo scismatico, in quell'anno, parallelamente ai vescovi imperiali, E. ricevette l'ordinazione episcopale insieme con i suoi confratelli gregoriani di Modena e di Pistoia. Nel marzo del 1086 assisteva, insieme con Benedetto da Modena e Ubaldo da Mantova, agli ultimi momenti di Anselmo.
I pochi documenti di cui disponiamo sull'amministrazione vescovile di E. lo mostrano sempre legato a fondazioni mateldiche. Consacrò la chiesa di Canossa e, nel 1090, la dotò delle cappelle vescovili di Placiola presso Bibbiano e di Fano presso Bianello; per essa ottenne anche la cessione di una chiesa in località "Gurgum", a sud di Cortenova. Concesse inoltre decime all'abbazia di Marola, altra istituzione mateldica nell'Appennino emiliano e fu presente, insieme con la contessa Matilde, ad un placito sui diritti d'albergheria tenuto a Bondeno, ricordato in un atto del 1º maggio 1101.
Le ultime notizie pervenuteci relative ad E. risalgono al 1092, e quindi a un periodo - immediatamente successivo all'insurrezione di Mantova del 1091 - caratterizzato da un'offensiva generale delle forze imperiali nella pianura e nelle zone collinari; infatti la vittoriosa controffensiva dei gregoriani e dei fedeli di Matilde non si ebbe che negli ultimi mesi dell'anno successivo.
È difficile interpretare la posizione di E. in quel periodo drammatico: a settembre, nel corso della riunione di Consiglio tenuta dalla contessa a Carpineti, E. - secondo la testimonianza di Donizone - si sarebbe dimostrato propenso ad aprire trattative con l'imperatore, ma la sua proposta sarebbe stata rifiutata per le pressioni dell'ala intransigente del seguito di Matilde.
Anche a Reggio la situazione di E. era certamente critica: nel 1092 l'antipapa di parte imperiale Clemente III, arcivescovo di Ravenna, aveva rilasciato un diploma di conferma al capitolo della cattedrale. Tale atto sottintende, molto verosimilmente, l'ostilità dell'antipapa di parte imperiale nei riguardi del vescovo fedele al papa legittimo, proprio nel momento in cui le forze dell'imperatore stavano assediando numerose rocche mateldiche.
Un atto di Matilde del 5 ott. 1092 in favore dell'abbazia di S. Benedetto Polirone - il cui abate si era rifugiato a Carpineti - fa ancora menzione di E., in qualità di vescovo: è questa l'ultima notizia che abbiamo su di lui, che, con ogni probabilità, morì nel corso di quello stesso anno.
Incerte sono le notizie che abbiamo su quest'ultimo periodo della sua vita: da una sua lettera, comunque, risulta che ebbe allora la possibilità di recarsi a Verona per ristabilirvi l'autorità del pontefice romano; sappiamo anche, da un memorandum redatto in Canossa, che stava preparando un viaggio in Sicilia, in previsione del quale aveva preso in prestito 30 libbre dalla sua abbazia.
Tale viaggio, verosimilmente, aveva per oggetto una missione diplomatica legata alle trattative allora intercorrenti tra Urbano II e il conte Ruggero I: ma proprio in Sicilia, secondo il suo epitaffio, l'avrebbe colto la morte.
Il successore di E. a Reggio, Ludovico, fu verosimilmente di parte imperiale: di lui ci è rimasto solo un atto del 1091 in cui conferma al capitolo della cattedrale il possesso della "corte" di S. Stefano, esentandola da ogni tassa "pro imperatoris receptu". Tale atto comunque non può essere interpretato come segno di una vittoria della parte imperiale, in quanto vi è presente come testimone Uberto conte di Parma, fedele mateldico.
Da tutti questi indizi si può senza alcun dubbio concludere che nell'estate del 1092 l'offensiva degli Imperiali aveva determinato non solo la caduta di Reggio Emilia, ma anche la fuga di E. e l'installazione al suo posto di un antivescovo che poi, nell'anno successivo, nel corso della controffensiva mateldica, fu senza dubbio privato dei suoi poteri, come sembra indicare la presenza a Reggio del conte Uberto, in procinto di rientrare in forze a Parma.
Anche se in realtà la riforma prevalse a Reggio solo negli ultimi anni del sec. XI, all'epoca del vescovo Bonsignore, la figura di E. è passata alla storia come quella di uno dei protagonisti della cosiddetta "guerra" dei commentari biblici, che oppose i gregoriani agli imperiali. "Studio pollens" a detta dello pseudo-Rangerio, effettivamente E. si è visto restituire nel sec. XVIII, dagli studiosi, la paternità dell'Expositioin septem psalmos penitentiales, precedentemente attribuita a Gregorio Magno e, da alcuni, a Cassiodoro o ad Anselmo da Baggio. L'opera si inserisce perfettamente nel clima delle polemiche religiose di quegli anni, che videro, da parte mateldica, il commento al Cantico dei cantici di Giovanni da Mantova e quello, deperdito, di Anselmo al Salterio, e, da parte imperiale, un commento agli stessi sette salmi penitenziali che avevano interessato E., che un anonimo di Liegi dedicò ad Enrico IV dopo il 1103.
Sorretto anche dall'eleganza del linguaggio, il commento di E. è impregnato di temi gregoriani: il comptemptus mundi, la divaricazione tra la sfera spirituale e quella temporale, la libertas Ecclesie, la lotta contro la simonia. Esso è inoltre denso di allusioni alla situazione politica contemporanea: Enrico IV, scismatico ed eretico pestifero, guardiano delle porte infernali, è paragonato a Nerone e a Diocleziano. Nell'opera si ritrovano anche, come nelle sei lettere che E. inviò alle monache "B." e "Ju.[dith]" alle quali le aveva indirizzate, espressioni ed accenti tipicamente gregoriani, che esprimono l'umiltà dell'autore, la sua spossatezza di fronte alle tempeste politiche, la sua speranza in una pace futura e nell'instaurazione di un nuovo ordine.
Il principale ms. dell'Expositio del sec. XII è conservato a Vienna, Österr. Nationalbibliothek, ms. 792 (= Theol. 408: descrizione in Beschreibendes Verzeichnis der illuminiertenHss. in Oesterreich, n. s., II, Leipzig 1926, n. 281). Sugli altri manoscritti cfr. Mercati e Bischoff. Edizioni: per l'Expositio, Patr. Lat. LXXIX, coll. 549-658 (correzioni in Mercati, p. 52); per le lettere, F. Dümmler, Anselm der Peripatetiker, Halle 1872, pp. 62-71 (correzioni in Mercati, p. 52).
Fonti e Bibl.: Reggio Emilia, Archivio capitolare, pergg., 13 giugno 1092, 1093, 1º maggio 1101; Archivio di Stato di Modena, Marola, busta 1, n. 5; Vita Mathildis... a Donizone, in Rer. Ital. Script., 2 ed., V, 2, a cura di L. Simeoni, pp. 77, 109 s.; Bernoldi Chronicon, a cura di G.-H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, V, Hannoverae 1844, p. 443; Vita Anselmi episcopi Lucensis auctore Bardone presbitero, a cura di R. Wilmans, ibid., XII, ibid. 1856, p. 25; Rangerii Sancti Anselmi vita, a cura di V. de La Fuente, Madrid 1870, p. 233; F. Dümmler, Anselm der Peripatetiker, Halle 1872, p. 71 (epitaffio); Regesto mantovano…, a cura di P. Torelli, I, Roma 1914, nn. 118, 218; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venezia 1717, pp. 284 s.; G. Sacconi, I vescovi di Reggio nell'Emilia: cronotassi, Reggio 1902, pp. 59 ss.; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens…, Leipzig-Berlin 1913, p. 198; A. Mercati, Per la storia letteraria di Reggio Emilia, in Atti e mem. della R. Dep. di storia patria per le prov. modenesi, s. 5, XII (1919), pp. 42-52; B. Bischoff, Der Canticumkommentar des Johannes von Mantua für die Markgräfin Mathilde, in Lebenskräfte in der abendländischen Geistesgeschichte, Marburg 1948, pp. 23 s.