VISCONTI, Ercole
– Nacque il 20 agosto 1645 da Teobaldo (1601-1674), conte di Gallarate e marchese di Cislago, e da Claudia Tassoni Estense.
Esponente di uno dei tanti rami collaterali dei Visconti, il padre era una personalità abbastanza in vista dell’élite politica milanese, senatore e sovraintendente generale delle milizie urbane di Milano. Ebbe due fratelli, Cesare (1643-1716), grande di Spagna dal 1694, ed Elena, che sposò Antonio Renato Borromeo, duca di Ceri.
Desideroso di nobilitare le origini della famiglia, il padre commissionò all’erudito Carlo Galluzzi, in seguito rivelatosi un abile falsario, diverse ricostruzioni genealogiche che tentavano di stabilire una improbabile filiazione da Desiderio, re dei Longobardi. Tali fantasiose ricostruzioni furono presentate al Senato di Milano nel 1668 quando Visconti fu ammesso al collegio dei giureconsulti, e successivamente raccolte in volume da Girolamo Biffi (1671), segretario del marchese Teobaldo.
Intorno al 1670 Visconti si trasferì a Roma, per intraprendere una carriera in Curia. Si ignorano le ragioni della scelta, che non era pienamente in linea con le tradizioni della famiglia, fortemente legata al contesto lombardo. Nondimeno, la carriera di Visconti si rivelò, sin dall’inizio, promettente. Dal giugno 1671 ottenne la carica, venale, di protonotario apostolico partecipante. Referendario di Segnatura dal 1675, fu nominato, nel dicembre 1676, inquisitore di Malta. Si trattava di una carica di una certa importanza, che comportava, oltre all’esercizio delle normali funzioni inquisitoriali, anche quello delle funzioni ministro plenipotenziario presso l’ordine ospitaliero di San Giovanni, che controllava l’isola.
Visconti giunse nell’isola nell’aprile 1677 e vi si trattenne per circa un anno. Nel corso della sua attività rafforzò il suo ufficio con la creazione di una sede nella cittadina di Gozo e si schierò a difesa delle ragioni della popolazione maltese che, reduce da una epidemia, soffriva delle esazioni imposte dai cavalieri di Malta.
Nel giugno 1678 fu richiamato a Roma, nominato arcivescovo in partibus di Damietta e subito inviato a Firenze, come nunzio presso il granduca Cosimo III. La nunziatura di Visconti (novembre 1678-ottobre 1680) non fu caratterizzata da particolari problematiche. Dato l’ottimo stato dei rapporti tra la S. Sede e il Granducato, il nunzio si limitò a gestire l’ordinaria amministrazione e in particolare la provvista delle cariche e dei benefici ecclesiastici.
In questa fase si dedicò anche a consolidare la sua situazione a Roma, creando le condizioni per un suo stabile radicamento. Nel 1677 comprò dai Borromeo la villa Belpoggio di Frascati, nella quale fece realizzare dall’architetto Carlo Fontana, (1680-81) importanti lavori, ormai non più riconoscibili dopo la distruzione della villa nel corso della seconda guerra mondiale.
Seguendo una traiettoria che aveva caratterizzato anche i suoi predecessori, Visconti passò dalla nunziatura di Firenze a un’altra di maggiore rilievo. Il 28 settembre 1680 fu nominato nunzio a Colonia. In questa veste, non si limitò a gestire le ordinarie questioni (problemi con l’elettore, questioni beneficiarie, disciplina ecclesiastica) e a tenere informata la Segreteria di Stato della situazione politico-religiosa della Germania, ma dovette misurarsi con una fase particolarmente delicata per l’Impero e per l’arcidiocesi di Colonia, in conseguenza della guerra tra Francia e Olanda, che si chiuse nel 1678 con la pace di Nimega.
Durante la guerra, il principe elettore, l’arcivescovo Massimiliano Enrico di Baviera, si era inizialmente schierato dalla parte della Francia, subendo nel 1674 l’invasione dei suoi territori da parte dell’imperatore e l’arresto di uno dei suoi principali collaboratori, il prelato Wilhelm Egon von Fürstenberg, che operava come agente di Luigi XIV per l’area tedesca. Con la pace di Nimega la situazione di Colonia tornò progressivamente alla normalità, ma si pose la questione della successione dell’arcivescovo, ormai anziano. Il più accreditato candidato era proprio Wilhelm Egon von Fürstenberg, che avrebbe potuto attrarre definitivamente l’elettorato di Colonia nell’area di influenza della Francia, alterando i rapporti di forza nell’Impero. Il papa Innocenzo XI non vedeva con favore un esito di questo genere, ma le istruzioni che pervennero a Visconti raccomandavano di operare comunque con prudenza, mantenendo una rigorosa equidistanza tra la Francia e l’Impero. Visconti dovette comunque consacrare vescovo di Strasburgo Fürstenberg, che tre anni dopo fu nominato cardinale. Non dovette però gestire, in quanto già richiamato a Roma, la crisi del 1688, quando la S. Sede aprì un conflitto con la Francia, non intendendo acconsentire alla nomina del Fürstenberg a successore di Massimiliano Enrico di Baviera.
Un’altra questione che impegnò molto Visconti fu quella del principato ecclesiastico di Liegi, di cui era titolare Massimiliano Enrico di Baviera. Nel 1683 la città cercò di rendersi indipendente dal principe vescovo, sotto la guida delle élites cittadine. Visconti cercò di favorire un accomodamento, ma l’accordo da lui negoziato non resse e Liegi fu riconquistata militarmente dal principe vescovo.
Nel 1687 Visconti fu richiamato a Roma e nominato maggiordomo del pontefice, la carica di maggiore rilievo della corte papale strettamente intesa, che era generalmente ricoperta da esponenti della maggiore nobiltà italiana. Oltre a gestire l’accesso al pontefice, Visconti si occupò del mantenimento dei palazzi pontifici, inclusa la villa di Castelgandolfo e il suo territorio, su cui il maggiordomo esercitava attività giurisdizionale e di governo. Morto Innocenzo XI, mantenne la carica anche durante il breve pontificato di Alessandro VIII (1689-91), venendo poi confermato da Innocenzo XII, eletto nel luglio 1691.
Nel giugno1693 terminò improvvisamente una carriera curiale che sembrava ben avviata e lasciò la corte di Roma. È stato ipotizzato che la scelta sia derivata da contrasti con il pontefice Innocenzo XII, che aveva avviato una politica di drastica limitazione delle spese e riorganizzazione amministrativa. In realtà le ragioni furono probabilmente piuttosto di tipo personale e familiare. Tale interpretazione è confermata da un’annotazione del diario del conte Giovambattista Campello, secondo cui Visconti chiese di «potersi assentare per qualche tempo dalla sua carica per andare a Milano ad agiustare i negotii della sua casa».
La situazione della famiglia era in effetti preoccupante, a causa della mancanza di eredi e forse anche a causa di difficoltà finanziarie, che impedivano a Visconti di mantenere il tenore di vita richiesto alla corte di Roma. Il fratello di Visconti, Cesare, ebbe in età ormai avanzata un unico figlio, Teobaldo, che divenne cappuccino e morì giovane nel 1701. Di conseguenza, la famiglia si estinse nei conti di Castelbarco, a seguito del matrimonio tra Costanza Visconti, figlia di Cesare, e Scipione Giuseppe Castelbarco.
Probabilmente Visconti contava inizialmente di fare rientro a Roma. Dal 1693 al 1696 il papa non riassegnò la sua carica e la fece esercitare dal prefetto del palazzo apostolico, Baldassarre Cenci. Visconti, però, non si mosse più dalla Lombardia. Abate commendatario di S. Dionigi, a Milano, visse prevalentemente a Lambrate e in un possedimento dell’abbazia, la chiesa di Merate, nel Lecchese. Qui fece ricostruire un elegante palazzetto, che passò in seguito ai conti Prinetti, secondo i moduli tipici dei palazzi abbaziali. Non svolse alcun ruolo politico o religioso, dedicandosi a opere di pietà e all’amministrazione dei suoi benefici.
Morì a Milano il 21 novembre 1712 e fu sepolto nella chiesa di S. Eustorgio.
Fonti e Bibl.: G. Biffi, Gloriosa nobilitas illustrissimae familiae Vicecomitum, Milano 1671; G.V. Marchesi Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del protonotariato apostolico partecipante, Faenza 1751, pp. 467 s.; F.M. Renazzi, Notizie storiche degli antichi vicedomini del patriarchio lateranense e de’ moderni prefetti del sagro Palazzo Apostolico ovvero maggiordomi pontifizi, Roma 1797, pp. 141 s.; P. Litta, Famiglie celebri italiane, IX, Visconti di Milano, Milano, 1823-1828, tav. 18; M. Caffi, Della Chiesa di S. Eustorgio in Milano, Milano 1841, pp. 141-144; P. Campello della Spina, Pontificato di Innocenzo XII. Diario del Conte Gio. Battista. Campello, in Studi e documenti di storia e diritto, IX (1888), p. 62; F. de Bojani, Innocent XI. Sa correspondance avec ses nonces, III, Roulers 1912, pp. 819-823, 928, 854, 1034, 1040; A. Franzen, Die Informativprozesse anlässlich der Bischofsweihen des Kölner Weihbischofs Georg Paul Stravius und der Strassburger Bischöfe Franz Egon und Wilhelm Egon von Fürstenberg, in Annalen des Historischen Vereins für den Niederrhein, CLV-CLVI (1954), pp. 320-372; Inventaire analytique de documents relatifs à l’histoire du diocèse de Liège sous le régime des nonces de Cologne, 1680-1687, a cura di J. Hoyoux, Bruxelles-Rome 1962-1965; J.T. O’Connor, Willian Egon von Furstenberg, German agent in the service of Louis XIV, in French historical studies, V (1967), pp. 138 s.; M.F. Feldkamp, Die Erforschung der Kolner Nuntiatur. Geschichte und Ausblick. Mit Einem Verzeichnis Der Amtsdaten Der Nuntien Und Administratoren (Interimsverwalter) Der Kölner Nuntiatur (1584-1794), in Archivum historiae pontificiae, XXVIII (1990), pp. 209, 249, 272; M.B. Guerrieri Borsoi, Villa Belpoggio a Frascati. Storia della villa dei Vestri, Cesi, Borromeo, Visconti, Pallavicini, Sciarra dal XVI al XX secolo, Roma 1997, pp. 57-60; A. Menniti Ippolito, I Papi al Quirinale. Il sovrano pontefice e la ricerca di una residenza, Roma 2004, p. 193; Ch. Weber, Die Papstlichen Referendaren 1566-1809, III, Stuttgart 2004, p. 982; M.F. Feldkamp, Studien und Texte zur Geschichte der Kölner Nuntiatur, IV, Instruktionen und Finalrelationen der Kölner Nuntien (1651-1786), Città del Vaticano 2008, ad ind.; A. Mirto, Pietro Paolo Bosca: lettere ad Antonio Magliabechi, in Studi secenteschi, LIV (2013), p. 307.