PASQUINI, Ercole
PASQUINI, Ercole. – Organista e compositore, nato presumibilmente a Ferrara, probabilmente nel quinto decennio del XVI secolo. Non sono noti i nomi dei genitori.
A detta di Agostino Superbi (1620), «Ercole Pasquini è stato molto spiritoso ed eccellentissimo nella musica e nell’organo; fu discepolo d’Alessandro Milleville; molt’anni nella Patria suonò i primi organi, e poi molt’anni in Roma in S. Pietro fu organista; aveva una mano delicatissima e velocissima; suonava alle volte tanto eggregiamente che rapiva le persone e faceva stupire veramente. Morì nondimeno poco fortunato in Roma». Pasquini dovette dunque operare a Ferrara per lungo tempo, ma non si hanno certezze circa la data di nascita né circa i termini e la natura del suo servizio in città, se non che nel 1583 il suo nome compare in un elenco degli organisti dell’Accademia della Morte di Ferrara, carica tenuta in precedenza da Luzzasco Luzzaschi, e dipoi da Girolamo Frescobaldi. Giovan Battista Aleotti, architetto di corte, nel dedicare a Ippolito Bentivoglio un libro di madrigali di Vittoria Aleotti, sua seconda figlia (Venezia, Vincenti, 1593), la disse alunna precocissima di Pasquini (tra i quattro e i quattordici anni d’età); anzi, sarebbe stato il «buon vecchio» Pasquini, ch’era già stato maestro di musica della primogenita, a indurre il genitore a monacare la giovinetta nel monastero di S. Vito, famoso per il concerto delle suore (Gaspari, 1903): dobbiamo dunque presumere che Pasquini fosse allora sulla cinquantina. Nello stesso anno uscì a stampa il «primo e debole parto» del suo ingegno, la «favola boscareccia» I fidi amanti dedicata a Leonora d’Este in occasione delle sue nozze con il principe Carlo Gesualdo (Verona, Discepolo, 1593). Sempre nel 1593 il nome di «ms. Hercole organista» compare nel testamento del conte Mario Bevilacqua di Verona tra i salariati del suo famoso ‘ridotto’ musicale; nella stessa città «ms. Hercule da Ferara» risulta organista a S. Maria in Organo dal maggio 1592 almeno fino all’aprile 1593.
Il 6 ottobre 1597 Pasquini fu nominato organista della Cappella Giulia in S. Pietro in Vaticano. Può darsi ch’egli non fosse interamente soddisfatto della propria condizione in Ferrara, se è vero che nel 1591 aveva tentato, invano, di ottenere un posto d’organista nella Santa Casa di Loreto, raccomandato da don Cesare d’Este di Modena. Peraltro l’incombente cessazione della linea ereditaria estense era da tempo nota e paventata: con la morte di Alfonso II, il feudo di Ferrara sarebbe passato al papato (1598) e la corte si sarebbe ristretta a Modena.
Nel 1604 Pasquini risulta attivo anche all’organo della vicina chiesa di S. Spirito in Saxia. Ma il 19 maggio 1608 fu dismesso dal servizio nella Cappella Giulia justis de causis (continuò a suonare fino alla fine del mese; la sua firma del 31 maggio nel liber censualis è l’ultimo documento noto che lo riguardi). Nella loro risoluzione i canonici di S. Pietro non specificarono i motivi del congedo. Il 31 ottobre Girolamo Frescobaldi prese il suo posto. A detta di Agostino Faustini, che scrive molti anni dopo la morte del musicista ignorando il licenziamento dal servizio vaticano, Pasquini, «finalmente impazzitosi, morì miserabile organista di San Pietro in quella città» (1646, p. 97). L’ipotesi dei disturbi mentali non è improbabile: nel novembre e dicembre 1605 la ricevuta del salario di Pasquini fu firmata da un incaricato dell’Ospedale de’ pazzi.
Nel 1620, all’epoca della citata pubblicazione del Superbi, Pasquini doveva essere deceduto.
Cinque brani di Pasquini furono pubblicati in edizioni collettanee: un madrigale nel Giardino de musici ferraresi dedicato al duca Alfonso II (Venezia, Vincenti, 1591); un altro nella Musica de diversi eccellentiss. autori […] sopra i Pietosi affetti del M.R.P. Angelo Grillo (Venezia, Gardano, 1604); due mottetti nelle Sacrae cantiones della ferrarese Raffaella Aleotti (Venezia, Amadino, 1593) e un terzo nella Scelta di motetti […] Libro secondo, opera quarta a cura di Fabio Costantini (Roma, Zannetti, 1618) dedicata al conte Cesare Bentivogli. In alcuni d’essi l’influenza di Andrea e Giovanni Gabrieli appare palese, mentre in altri sia il testo sia lo stile polifonico dimesso suggeriscono un’adesione agli ideali stilistici del movimento oratoriano. L’inventario del 1665 della perduta biblioteca dell’arciduca Sigismondo Francesco del Tirolo menziona una «messa a 10 voci», una «messa a 3 cori sopra Vestiva colli», «madrigali a 5 alla Ser.ma Vergine» e un’«opera 16 libri tuto di Hercule Pasquino» (la collezione proveniva dalla casa del ferrarese Antonio Goretti, amico di Claudio Monteverdi).
La musica da tasto di Pasquini, che per quanto ne sappiamo rimase inedita ai giorni suoi, è di qualità superiore. I manoscritti gli attribuiscono un madrigale ‘passeggiato’, due ricercari, sei serie di variazioni, undici toccate, dieci canzone, una gagliarda, un balletto e due correnti; altri brani, pervenuti adespoti nelle stesse fonti, gli potrebbero venir attribuiti.
Le variazioni sull’aria della Romanesca e del Ruggiero, come pure le toccate in stile ‘seconda pratica’, sono, per quanto ne sappiamo, le prime composte da un autore non napoletano. L’uso di figure ornamentali ghiribizzose, i passi di virtuosismo a due mani, i punti d’imitazione ricordano per un verso Giovanni de Macque e Giovan Maria Trabaci, e per l’altro prefigurano Frescobaldi. Tra le toccate, tre sono di «durezze»; e una di esse sfrutta l’intervallo melodico della seconda aumentata.
Le canzone esibiscono un’elevata maestria contrappuntistica. Il soggetto d’una di esse è un semplice trillo, con la sua brava preparazione e risoluzione. Altre due hanno soggetti che comportano un intervallo di quarta diminuita, preceduto e seguito da seconde. Tutte salvo una presentano più sezioni distinte, di cui una centrale in tempo ternario; il soggetto iniziale è variato in modo da procurare il materiale necessario per una almeno delle sezioni successive, e spesso per tutte quante. A fine Cinquecento tale forma di canzona tastieristica era un fenomeno attestato quasi esclusivamente tra gli autori napoletani: rarissimi gli esempi nordici. L’evoluzione impressa da Pasquini si rivelò cruciale, in direzione delle canzone di Frescobaldi. Mentre i napoletani variavano soltanto l’assetto ritmico dei soggetti, Pasquini ne variò anche la struttura intervallare, dilatando in questo modo il concetto napoletano della variazione.
Pasquini godé di una fama notevole, e non soltanto a Ferrara o a Roma, né soltanto ai giorni suoi (Pietro Della Valle lo ricorda nel 1640, nel trattato Della musica dell’età nostra: «Non ci è stato di gran fama un Ercole in S. Pietro?»; cfr. Solerti, 1903). Non si sa se abbia mai visitato Napoli né se – all’infuori di Gesualdo, incontrato in Ferrara – abbia avuto contatti diretti con musicisti napoletani: ma due manoscritti napoletani (Napoli, Biblioteca del Conservatorio, ms. Mus. 48, 1600 circa; ms. Mus. 73, 1675 circa) contengono musiche sue. Se questo non sorprende, alla luce del suo evidente interesse per le forme in uso a Napoli, va nondimeno osservato che i pochissimi altri brani di compositori non napoletani (Claudio Merulo e Frescobaldi) contenuti in queste fonti erano già apparsi a stampa. Undici brani di Pasquini compaiono pure in un manoscritto ravennate (Ravenna, Biblioteca Classense, C.545, redatto in gran parte in data anteriore al 17 settembre 1634); altri cinque pezzi figurano in un manoscritto romano di metà Settecento (Roma, Conservatorio di S. Cecilia, ms. A.400) compilato con evidente intento didattico: in esso Pasquini e Frescobaldi illustrano forme musicali vetuste. A differenza dalle edizioni a stampa, solo raramente i manoscritti italiani di musica da tasto vennero ricopiati oltralpe: ma un’intavolatura della Germania meridionale (Berlino, Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz, Ms. Mus. 40615; 1590-1630 circa) presenta una copia incompleta d’una canzona di Pasquini.
Edizioni delle opere da tasto: E. Pasquini, Keyboard Works, a cura di W.R. Shindle, Rome 1966 (Corpus of early keyboard music, XII); 17th century keyboard music, a cura di A. Silbiger, voll. 12, 13, 15 e 16, New York 1987, ad ind.; E. Pasquini, Opere per tastiera, a cura di P.R. Kenyon, I-II, Milano (in corso di stampa).
Fonti e Bibl.: A. Superbi, Apparato de gli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, p. 132; A. Faustini, Aggiunta alle Historie del sig. Guasparo Sardi, in appendice a G. Sardi, Libro delle historie ferraresi, Ferrara 1646, p. 97; G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca musicale del Liceo musicale di Bologna, III, Bologna 1893, pp. 19 s.; A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, p. 158; F. Waldner, Zwei Inventarien aus dem XVI. und XVII. Jahrhundert über hinterlassene Musikinstrumente und Musikalien am Innsbrucker Hofe, in Studien zur Musikwissenschaft, IV (1916), pp. 134, 140, 143; A. Allegra, La cappella musicale di S. Spirito in Saxia di Roma, in Note d’archivio per la storia musicale, XVII (1940), p. 30; R. Lunelli, L’arte organaria del Rinascimento a Roma, Firenze 1958, pp. 73 s.; L. Rognini, L’antico organo di S. Maria in Organo, in Studi storici veronesi Luigi Simeoni, XX-XXI (1970-71), pp. 167 s.; E. Paganuzzi et al., La musica a Verona, Verona 1976, pp. 189, 213; A. Newcomb, The madrigal at Ferrara, 1579-97, I, Princeton 1980, p. 179; A. Silbiger, Italian manuscript sources of 17th century keyboard music, Ann Arbor, MI, 1980, ad ind.; W.R. Shindle, The vocal compositions of E. P., in Frescobaldi studies, a cura di A. Silbiger, Durham, NC, 1987, pp. 124-136; J. Ladewig, The origin of Frescobaldi’s variation canzonas reappraised, ibid., pp. 245-255, 265-267; C. Jeanneret, L’œuvre en filigrane. Une étude philologique des manuscrits de musique pour clavecin à Rome au XVIIe siècle, Firenze 2009, ad ind.; P.R. Kenyon, A much copied canzona of E. P., in Fonti musicali italiane, XVII (2012), pp. 7-24; P., E., in The new Grove dictionary of music and musicians, XIX (2001), pp. 190 s.; P., E., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII (2005), coll. 171 s.