COVA, Ercole
Nacque a Milano il 4 febbr. 1877, da Antonio e Giuseppina Crespi, in una famiglia borghese, originaria di Vergiate e poi trapiantatasi a Milano.
Il C., che tra i suoi ascendenti in linea materna contava Alessandro Volta, ebbe due figlie: Luciana, andata sposa a Roberto Ago ordinario di diritto internazionale presso l'università di Roma, e Valeria, moglie di Norberto Bobbio, ordinario di filosofia politica presso la facoltà di scienze politiche dell'università di Torino.
Compiuti gli studi secondari a Milano, scelse per quelli universitari la sede di Firenze, ove poté godere dell'insegnamento di grandi maestri, come A. Lustig, G. Fano, P. Grocco, E. Tanzi, G. Mya, G. Banti, A. Filippi, E. Pestalozza, G. Chiarugi. Sotto la guida del Chiarugi il C. acquisì una notevole preparazione nel campo istologico ed embriologico. Il Chiarugi stesso lo raccomandò poi al Pestalozza, direttore della clinica ostetrica, che in quel tempo era rimasto senza assistenti: così, laureatosi nel luglio 1901, nello stesso anno il C. fu nominato assistente del Pestalozza, che successivamente seguì a Roma nel 1906 con la qualifica di aiuto.
Nel 1911 ottenne l'incarico di direttore della scuola ostetrica di Vercelli, e nel novembre dello stesso anno la conferma definitiva. Nel novembre 1915 si trasferì alla scuola ostetrica di Perugia; nel gennaio 1921 venne nominato professore straordinario di clinica ostetrica e ginecologica nell'università di Sassari e il 16 ottobre dello stesso anno di quella di Siena. Il 1º genn. 1924 passò alla direzione della clinica ostetrica e ginecologica di Palermo; nel 1932 venne chiamato alla cattedra di Torino, rimasta vacante dopo il ritiro di G. Vicarelli e il breve periodo di supplenza di L. Herlitzka. Egli diresse la clinica di Torino dal 1932 al 1948, quando dovette lasciare l'insegnamento per raggiunti limiti d'età.
Dal 1932 al 1947 il C. venne nominato anche primario incaricato della Regia Opera di maternità (che diventerà nel dopoguerra ospedale S. Anna), cioè del più grande complesso ospedaliero ostetrico-ginecologico della regione piemontese. Questa specie di fusione dei compiti di insegnamento e di assistenza ospedaliera fu utile per molti versi, soprattutto per la maggior forza organizzativa e direzionale raccolta nelle mani di un solo responsabile, che permise un fondamentale passo avanti nella costruzione di un nuovo ospedale e di una clinica più efficiente, e diede impulso all'insegnamento, soprattutto ginecologico, e alla formazione di ottimi allievi, di cui alcuni di chiara fama. Per il triennio 1939-42 e per quello 1948-51 il C. fu presidente della Società italiana di ostetricia e ginecologia, della quale divenne poi presidente onorario; fu anche ripetutamente eletto presidente della Società piemontese di ostetricia e ginecologia.
In campo internazionale ebbe numerosi riconoscimenti, come la laurea ad honorem dell'università di Marsiglia, e le insegne di socio onorario delle società di ostetricia e ginecologia tedesca, francese, belga e rumena.
Lasciato l'insegnamento, il C. proseguì la sua instancabile attività, partecipando brillantemente a tutte le manifestazioni scientifiche più importanti in Italia e all'estero. Il riconoscimento ufficiale di queste doti non comuni fu la sua nomina a vicepresidente della Federazione internazionale delle società di ostetricia e ginecologia, dal 1954 al 1958, cioè quando stava ormai per raggiungere gli ottant'anni di età.
Il C. fu autore di interessanti studi in vari settori della clinica ostetrica e ginecologica e pubblicò numerosi lavori scientifici, apprezzati in Italia e all'estero.
Egli stesso, interrogato in proposito, affermò che le ricerche che più aveva care erano quelle svolte nel primo periodo della sua attività scientifica: Idrometra nel corno rudimentario di un utero bicorne, con idrosalpinge, in Ginecologia (Firenze), III (1906), pp. 71-82; Di un uovo umano della seconda settimana, in Atti d. Soc. it. di ostetr. e ginec., XII (1907), pp. 247-253; Sulla funzione secretoria dell'epitelio tubarico, ibid., XIII (1908), pp. 91-124; Secrezione interna della placenta e sua azione sopra altre ghiandole endocrine, in Annali di ostetr. e ginec., VII (1915), pp. 225-265.
A proposito di questo ultimo studio notiamo che l'intuizione del C. anticipò quanto da altri venne poi ampiamente e minuziosamente dimostrato, cioè che la placenta deve essere considerata anche come un organo ghiandolare a secrezione interna dalle molteplici funzioni. Con altre ricerche egli studiò le trasformazioni cicliche della mucosa uterina e l'origine della mestruazione da cause ormonali, tutti argomenti di grande novità e importanza pei tempi nei quali furono elaborati.
Benché gli fossero cari gli antichi e brillanti suoi studi anatomici, istologici, embriologici, ecc., cioè quelli di stretta applicazione scientifica, pure egli dimostrò sin dall'inizio della carriera una mente pratica tesa in modo particolare allo scioglimento dei più ardui problemi della tecnica chirurgica ostetrica e ginecologica.
Ne è conferma la prolusione ch'egli tenne a Torino nel 1932 e che ha per titolo L'era chirurgica dell'ostetricia (in Monitore ost.-gin., V [1933], pp. 3-20) nella quale, tra l'altro, scriveva: "La mentalità del pubblico va diversamente orientata in confronto a quella che è anche oggi in centri meno evoluti... Bisogna avvezzarsi a pensare che la viziatura pelvica, la placenta previa, il distacco di placenta, ed altre complicazioni meno frequenti, vanno giudicate alla stregua di quelle malattie che richiedono un pronto e serio intervento chirurgico ... anche qui ospedalizzazione e trattamento chirurgico debbono diventare la regola e solo in questo modo la prognosi diventa meno grave". Concetti, questi, che ben poteva esprimere, in quanto fu il primo in Italia a praticare il taglio cesareo extraperitoneale e a raccoglierne una serie di casi che poi comunicò al congresso internazionale di Pietroburgo del 1910, e tra i primi a caldeggiare il parto cesareo nella placenta previa: "Noi ostetrici che tanto ci siamo mostrati teneri per la vita del feto nei casi di viziatura pelvica, che abbiamo proscritto la embriomia sul feto vivo... noi ostetrici dovremmo incrociare le braccia di fronte alla placenta previa, quasi rassegnandoci ad una fatalità che esiga il sacrificio di almeno una vita? ".
E ancora si inoltrò nella via di proposizioni sempre più d'avanguardia, quali l'indicazione del parto cesareo nel prolasso del funicolo, nelle presentazioni podaliche con inerzia, nelle primipare attempate con stentata dilatazione, nella macrosomia fetale; mettendone anche in pratica alcune, come la rimozione dell'utero incarcerato per via addominale, e l'asportazione laparatomica di mola vescicolare gigante, la provocazione di aborto cesareo (in genere per tubercolosi polmonare), che destarono meraviglia o perplessità nell'ambiente medico del tempo.
Due argomenti di interesse non solo medico furono oggetto di sue relazioni a congressi nazionali della Società italiana di ostetricia e ginecologia: Le indicazioni mediche della interruzione della gravidanza, in Atti d. Soc. it. di ostetr. e ginecologia, XXX (1932), pp. 183-271; L'alimentazione della gravida, ibid., XXXIV (1938), pp. 1-64.
Sulla interruzione di gravidanza il C. fu estremamente chiaro: l'ammise quando si rendeva necessaria per malattie materne (contrariamente agli orientamenti generali della Chiesa e dello Stato) e questo suo pensiero ribadì in altre pubblicazioni: Considerazioni pratiche sulla interruzione della gravidanza perindicazione medica, in L'Ospedale Maggiore di Novara, X (1933), pp. 69-81; Per una migliore disciplina dell'aborto terapeutico, in Clin. ost., XXXVIII (1936), pp. 259-263; La disciplina dell'aborto terapeutico, in Atti d. Soc. it. di ost. e gin., XXXIII (1937), pp. 689-696.
L'altro importante settore di studio quello sull'alimentazione della donna gravida, argomento allora quasi sconosciuto, venne affrontato sotto diversi punti di vista da tutta la sua scuola ed esposto con lucidità e chiarezza dallo stesso C.: Note pratiche sull'alimentazione in gravidanza, in Gazz. med. it., XCVII(1938), pp. 117 s. Il suo interventismo, calcolato e prudente, si esplicò in maniera naturalmente più vasta nel nuovo e fertile campo della ginecologia. Dopo aver eseguito, nel 1909, uno studio sulla tecnica di Zweifel-Wertheim per l'isterectomia addomino-perineale in caso di cancro all'utero, pubblicò una raccolta di cento casi di laparatomie (Cento laparatomie, in Arch. ital. di ginecologia, XIII [1910], pp. 397-431, 433-451). Fuinoltre autore di lavori sulla sterilizzazione tubarica, sull'impianto della tromba nell'utero, sull'operazione di Strassmann. Il suo interesse ginecologico si rivolse allo studio della sterilità, con la fondazione, suggeritagli dal Pozzi, di un centro di cura della sterilità, che in Italia divenne presto un centro pilota.
Fupure cultore di nuovi mezzi diagnostici e di cura, come i raggi Roentgen e il radium (cfr. I raggi roentgen in ginecologia, in Riv. san. sicil., XVI [1928], pp. 519-533; Il radium in ginecologia, ibid., pp. 595-604).
Al termine della sua carriera di cattedratico, il C. affidò i suoi ricordi a una breve e chiara pubblicazione dal titolo: I progressi delle scienze mediche, con speciale riguardo alla ostetricia ed alla ginecologia, nel cinquantennio che ho vissuto, in Minerva ginecologica, I (1949), pp. 1-9.
Morì a Torino il 4 agosto 1972.
Fonti e Bibl.: T. M. Caffaratto, L'ostetricia, la ginecologia e la chirurgia in Piemonte, dalle origini ai nostri giorni, Saluzzo 1973, pp. 355-359; P. Mutti-N. Vaglio, La ginecol. in Italia, in Atti d. Soc. it. di ost. e gin., XI-VIII (1961), suppl. I, pp. 777, 782.