CIOFANO, Ercole
Di nobile famiglia, nacque a Sulmona da Giovanni prima della metà del sec. XVI. Si ignora l'anno di nascita.
Fin da giovane si applicò allo studio del greco e del latino, conquistandosi una certa stima nel mondo umanistico. Rivolse particolarmente la propria attenzione allo studio delle opere del concittadino Ovidio. La sua prima opera, In P. Ovidii Metamorphosin ex XVII antiquis libris observationes, Aldus, Venetiis 1575, riscosse l'approvazione degli amici umanisti Mureto e Paolo Manuzio i quali lo incoraggiarono a continuare. Nel 1578 egli pubblicò a Venezia, sempre presso l'editore Aldo Manuzio, i commentari all'intera opera di Ovidio, In omnia P. Ovidii Nasonis opera observationes. Una cum ipsius Ovidii vita, et descriptione Sulmonis. L'opera, quando i rapporti con Aldo Manuzio si raffreddarono, fu nuovamente pubblicata da un importante editore, Cristoforo Plantin, in Anversa nel 1583.
Dal carteggio, in gran parte inedito, conservato nella Bibl. Vaticana, si può ricostruire a grandi linee la vita di questo umanista. Nel codice Regin. lat. 2023, ff. 57r-103r, si conservano ventiquattro lettere del C., quasi tutte in latino, che vanno dal, 1577 al 1590. Tra i numerosi destinatari: il principe Vespasiano Gonzaga, Pietro Vettori, Paolo Sacrato, Aldo Manuzio.
Di queste lettere sono state edite soltanto quella diretta a Pietro Vettori da Roma, 13 genn. 1580, in Clarorum Italorum et Germanorum epistolae ad Petrum Victorium, II, Florentiae 1760, p. 136, e le lettere a Cristoforo Plantin da A. Fayen, in Revue des Bibliothèques et Archives de Belgique, III(1905), pp. 455-58.
Nel 1577 il C. si trovava a Roma dove da vari accenni, si presume abbia tentato di inserirsi come precettore nelle case Famese e Orsini. Sul finire del 1580, sperando di migliorare la sua posizione, decise dì trasferirsi a Venezia, probabilmente attratto dalle offerte di Aldo Manuzio. Nella lettera a Federico Ranaldo, segretario del cardinale Sirleto, da Venezia 22 ott. 1580 (Bibliot. Ap. Vat., Regin. lat. 2023, f. 96rv), raccontava le tappe del suo viaggio e l'ospitalità ricevuta dal Sigonio a Bologna e da Paolo Sacrato a Ferrara; ricordava con compiacimento come il Sacrato avesse addirittura contribuito alle spese del suo viaggio. Ma già nella successiva lettera diretta ancora al Ranaldo da Venezia la vigilia di Natale 1580 (ibid., f. 95rv) si intravede la delusione dell'inopportuno trasferimento. Apprendiamo da essa che il C. si trovava in grosse ristrettezze economiche e, attraverso l'amico, chiedeva una pensione al cardinale Sirleto lamentando che "ha sempre da mendicare, et mai... da essere aiutato in bisogni grossissimi". L'attesa della pensione si dimostrerà vana come le promesse di Aldo Manuzio. "Il signor Aldo mi promese noves aureos; l'altro ier sera mi dice che mi vuol dare dui scudi al mese: io gli risposi che non mi contenterò ne anco di cinque": lettera a Federico Ranaldo, 28 genn. 1581(ibid., ff. 102r-103r). Il C. pensava già a ritornarsene a Roma e addirittura a Sulmona dove avrebbe potuto guadagnare - a suo dire - centocinquanta scudi l'anno. Egli avrebbe voluto però che le spese del viaggio. gliele pagasse Aldo Manuzio, che lo aveva indotto a tale disastroso trasferimento. I rapporti col Manuzio erano infatti diventati sempre più tesi e il C. non esitava a qualificarlo come un imbroglione e un ignorante ("non sa metter insieme dieci parole latine") e ad accusarlo di aver copiato una sua operetta sul De officiis di Cicerone facendola stampare sotto il proprio nome per "parere esser dotto con le fatiche d'altri".
Suo sostegno fu l'amicizia del Mureto, cui forse si deve la pubblicazione del commento ad Ovidio presso il Manuzio nel 1578. Ma è grazie all'interessamento dell'umanista spagnolo B. Arias Montano che il C. poté dare alle stampe le sue opere presso il Plantin. Subito dopo iniziò la parabola discendente della sua fortuna. Nel 1583 si trovava a Sulmona e introdusse la stampa nella città natale. La prima edizione a stampa sulmonese è infatti la, sua opera In P. Ovidii Nasonis Elegia de Nuce observationes, Sulmoni 1583. Morto il protettore Mureto nel 1585, dovette vivere piuttosto isolato da quell'ambiente letterario di cui prima aveva fatto pienamente parte. In una lettera a Marino Ranaldo da Sulmona del 14 genn. 1590 (Bibl. Ap. Vat., Regin. lat. 2023, f. 101rv) chiedeva notizie del Plantin - dimostrando di non avere più molti contatti col mondo editoriale - perché avrebbe desiderato ristampare l'Ovidio con variazioni e, aggiunte; inoltre stava affaticandosi al De officiis su cui annunciava di avere "buone cose". Inviava quindi al Ranaldo alcuni suoi epigramnù latini, benché si dichiarasse "di povera vena in versi latini", anche per "gli intrichi domestichi". Tornato a Sulmona, si era infatti sposato con Lucrezia Trombetta dalla quale aveva avuto tre figli: Giovanni Vincenzo, Isabella e Ortensia (Sulmona, cattedrale, Registro dei battesimi 1580-1590). Al suo arrivo a Sulmona il C. si era fatto raccomandare con, una lettera dal poeta Bonifazio Vannozzi presso Cesare Rivera, governatore della città e pare che abbia insegnato a Sulmona. All'attività didattica o comunque divulgativa sembrano indirizzate le Elocutiones quae in Epist. familiarib. Ciceronis leguntur, a Dante Riccio excerptae quibus adiectae sunt elocutiones aliae ab Hercule Ciofano excerpiae, Venetiis, apud Zilettum, 1583: operetta che non intende rivolgersi all'élite degli umanisti, ma si presta a diverse e più ampie fruizioni: manuale di esercitazioni per studenti o formulario di frasi fatte per segretari. Secondo G. Pansa il C. morì a Sulmona nel novembre del 1592.
F. Peeters (Les "Fastes" d'Ovidè, histoire du texte, Bruxelles 1939, pp. 192 s.) ritiene che gli studi del C. su Ovidio approdano a una edizione più che a un commento sorretto da robuste premesse filologiche, in quanto le sue Observationes si limitano a richiama e altre fonti. Tuttavia il C. si è basato su diversi manoscritti: a Sulmona su sei, tra cui due in suo possesso e a Roma, con l'aiuto del Manuzio e del Mureto, ha consultato otto manoscritti della Bibl. Vaticana oltre a diversi altri manoscritti in possesso di amici come Mario Maffei e Fulvio Orsini, secondo quanto egli stesso ci indica nella lettera premessa alle Obsorvationes. Inoltre il C. indica nei suoi scolii le lezioni utilizzate codice per codice.
Per E. Paratore il rilievo del C. nella storia della cultura, più che dal commento all'opera ovidiana, deriva dal contributo offerto ad un più stretto collegamento della poesia di Ovidio con la sua terra (Le tradizioni popolari abruzzesi su Ovidio alla luce delle nuove esperienze, in Atti del VII Congr. nazion. delle tradiz. popolari, Chieti... 1957, Firenze 1959, pp. 45 ss.).
Fonti e Bibl.: Sette lettere del Mureto al C. si conservano nella Bibl. Ap. Vaticana (Vat. lat. 1159, ff. 255-256, 259v): vanno dal 1569 al 1578 e sono state ed. in M. A. Mureti, Opera omnia, a cura di C. H. Frotscher, Lipsiae 1834; e in P. Lazzari, Miscellan. ex mss. libris Bibliothecae Collegii Romani Societatis Iesu, Romae 1754, pp. 369-374, Sempre alla Vaticana (Chigiano lat., I IV116, ff. 15r-17r) sono conservate lettere di Paolo Manuzio e del Mureto al C. datate 1579, P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, pp. 137 s., ci dà notizia del cod. 531 misc. XVI dell'Archivio della Pontif. Univ. Gregoriana contenente lettere al Bencio indirizzate da vari personaggi tra cui il Ciofano. Lo stesso Kristeller, I, p. 289, segnala anche un codice della Bibl. Ambrosiana (E. 34, inf.) del sec. XVI, contenente lettere in italiano ad Aldo Manuzio il Giovane di vari, tra cui il Ciofano. Sembra che il codice sia ined. (cfr. E. Pastorello, L'epistol. manuziano. Inventario cronologico analitico 1483-1597, Firenze 1957, p. 120). Cfr. inoltre I. Di Pietro, Memorie storiche degli uomini ill. della città di Solmona, Aquila 1806, pp. 145 s.; P. Sacrati, Epistolarum, Coloniae Agrippinae 1583, I, p. 27; II, p. 73; III, pp. 137, 187; IV, pp. 201, 242; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, pp. 77, 182; L. Nicodemi Addizioni copiose alla "Bibl. napol." del dott. N. Toppi, ibid. 1683, p. 69; L. A. Antinori, Raccoltadi memorie istoriche delle tre Provincie degli Abruzzi, Napoli 1783, IV, p.274; F. A. Siria, Mem. storico critiche degli storici napoletani, Napoli 1798, pp. 174 s.; I. Di Pietro, Memorie istor. della città di Solmona, Aquila 1804 (ristampa anast., Bologna 1971), pp. 332 s.; G. Pansa, Un'edizione sulmonese del sec. XVI, ignota ai bibliografi, in Rassegna abruzzese di storia e arte, IV(1900), pp. 92-95; L. Rivera, Cesare Rivera, rettore generale dello Studio bolognese nel III centenarto della sua morte, in Boll. d. Soc. di storia patria L. A. Antinori negli Abruzzi, XIV(1902), pp. 289-296; M. E. Cosenza, Dict. of the Italian Humanists, Boston 1962, II, p. 1011.