Vedi ERCOLANO dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
ERCOLANO (v. vol. III, p. 395 e S 1970, p. 310)
L'estesa opera di scavo compiuta da Amedeo Maiuri fra il 1927 ed il 1958 non ha conosciuto successivamente notevoli ampliamenti. Ciononostante, alcuni eventi di grande rilievo - quali il rinvenimento dei corpi di centinaia di fuggiaschi, quello di una barca e la riesplorazione della Villa dei Papiri - hanno dominato l'attività degli ultimi anni, producendo un inatteso risveglio di interessi e un sorprendente incremento degli studi.
Particolarmente importante è la pubblicazione dell'elenco cronologico dei ritrovamenti dell'Alcubierre - auspicata già dal Maiuri - che ci ragguaglia sui primi diciotto anni di esplorazione della città ovvero sul periodo compreso fra il 1738 e il 1756 (Pannuti, 1983). Un altro notevole contributo è costituito dalla pubblicazione di due piante dell'ingegnere Bardet de Villeneuve, direttore degli scavi fra il 1741 e il 1745, con il rilievo della basilica e dell'area comprendente la palestra, il versante a monte del decumanus maximus, l'incrocio di questo ultimo con il cardo III e il teatro, area oggi in gran parte interrata (Allroggen-Bedel, 1983).
Per quanto riguarda le iscrizioni disponiamo di un'abbondante produzione di edizioni o riedizioni (Guadagno e altri), anche se il loro utilizzo in senso strettamente archeologico continua a rimanere inficiato dal fatto che la maggior parte delle epigrafi è stata spinta dalla colata lavica lontano dall'originale luogo di collocazione.
Intensa è stata pure l'attività di pubblicazione dei papirologi (Gigante, Capasso, Longo Auricchio e altri); per i papiri sono stati sperimentati di recente nuovi metodi che ne accelerano il processo di srotolamento (Capasso, 1986), ma anche la lettura e l'integrazione sono diventate molto più rapide grazie all'introduzione dell'informatica negli abituali metodi di ricerca (Kleve e altri, 1987; Gigante, Capasso, 1990).
Negli anni 1961-1977 si è completato lo scavo del tratto superiore della palestra e del decumano massimo, e si sono messe in luce numerose botteghe, interessanti per la vita commerciale della città (v. S 1970, p. 310). Recentemente si sono potute definire meglio le funzioni degli edifici pubblici posti all'incrocio fra il cardo III e il decumanus maximus, riconoscendo la basilica in quello a monte del decumanus, la curia in quello a Ν e il collegio degli Augustali in quello a S del cardo III (Adamo Muscettola, 1982). L'arco quadrifronte ipotizzato dinanzi alla basilica si è rivelato invece, nel prosieguo dello scavo, un calcidico, cioè un ampio porticato annesso a un edificio.
Nel 1977 si è portata a termine la costruzione di un museo, tuttavia non ancora allestito, mentre si è smantellato il piccolo antiquarium collocato nella Casa del Bel Cortile.
Successivamente, dal 1977 a oggi, le opere di scavo si sono concentrate sul fronte meridionale della città, nell'area delle Terme Suburbane, mentre sono state incrementate le attività di restauro a seguito del terremoto del 1980.
Nel 1982, nel corso di un più ampio progetto di sistemazione idrogeologica della zona, le esplorazioni sono proseguite nel quartiere marittimo, laddove già A. Maiuri dovette interrompere i sondaggi, per la presenza di una falda acquifera che manteneva l'area costantemente sommersa: gli scavi sono ancora in corso.
Le nuove indagini hanno indotto a cambiare radicalmente le precedenti ipotesi relative non solo alla topografia dell'area, ma anche al tipo di eruzione che seppellì E. e al destino della popolazione. Si è infatti scoperto che era proprio lì l'antico litorale, che il Maiuri supponeva invece avanzato di altri 250 m in direzione dell'attuale linea di costa. Si è messo in luce il fronte meridionale della città in corrispondenza dell'area sacra, delle Terme Suburbane e, doppiato l'angolo SE di queste ultime, fino al pendio che conduce al giardino della Casa del Rilievo di Telefo. Il rinvenimento della barca a S del basamento dell'edificio delle terme è l'elemento inconfutabile che dimostra come il fronte meridionale della città fosse prospiciente il mare.
Il riesame della stratigrafia vulcanica all'interno dell'area di scavo e una più sistematica collaborazione fra archeologi, vulcanologi e antropologi ha modificato la ricostruzione delle fasi dell'eruzione del 79 d.C. Non si crede più che la colata a E. sia stata lenta, fredda e fangosa, ma piuttosto che con l'esplosione del vulcano la città fu sommersa da nubi ardenti (surges), composte da gas tossici, a una temperatura di oltre 100° C e procedenti a una velocità di 100-300 km orari, alternate da colate piroclastiche procedenti a c.a 20-50 km orari e con una temperatura di almeno 400° C. In particolare, dal confronto della stratigrafia della sedimentazione vulcanica con il racconto fatto da Plinio il Giovane, si desumono almeno sei precipitazioni di ciascun tipo, avvenute fra l'una di notte e le otto del mattino del secondo giorno di eruzione. Poterono salvarsi pertanto soltanto quanti si erano messi in fuga in direzione di Napoli fra l'una e la mezzanotte del giorno 24; gli altri perirono tutti, asfissiati e travolti già dalla prima nube ardente, precipitata verso l'una di notte del giorno 25.
Fu soprattutto il flusso piroclastico che travolse la gente e gli arredi mobili, strappò le sculture dalle basi, le iscrizioni marmoree dagli edifici e persino i tetti dalle case, come hanno dimostrato gli scavi. Esso si accumulò gradatamente sulla città come una coltre alta fino a c.a 20 m (che è comunemente chiamata tufo) e penetrato nel mare spostò la linea di costa di c.a 450 m, facendo scomparire inoltre le due fluviae di cui parla Sisenna (IV, fr. 53). La statua loricata di Marco Nonio Balbo, della quale si era ritrovata nel 1942 la sola testa-ritratto presso la base sulla terrazza antistante le Terme Suburbane, è stata rinvenuta nel 1982 sulla spiaggia, spinta dalla colata.
La medesima sorte toccò a quanti cercavano scampo correndo verso la marina, evidentemente per raggiungere le barche (Plin., Ep., VI, 16, 8: «... nec ulla nisi navibus fuga»). Dei c.a duecentotrenta scheletri finora rinvenuti ben sessantatre giacevano sulla spiaggia, alcuni scaraventativi dalle terrazze superiori. Gli esami antropologici hanno consentito di identificarvi trentotto uomini, venti donne, cinque bambini e un mulo (o cavallo). Altri sono stati rinvenuti, ammassati a decine e senza distinzione alcuna di età, sesso e rango, nei dodici ambienti a volta prospicienti il litorale, che servivano da depositi per attrezzi da pesca e riparo per piccole imbarcazioni. La folla in fuga vi si ritirò quando si sentì stretta fra la colata e il conseguente maremoto.
È stata rimessa in discussione (Pappalardo, 1990) anche una vecchia questione sollevata da Michele Ruggiero, relativa al mese esatto in cui avvenne l'eruzione. Contro la data tradizionalmente accettata di agosto, una autunnale meglio si concilierebbe sia con alcuni fenomeni stagionali, accertati archeologicamente come, p.es., la vendemmia, sia con alcune costanti meteorologiche, quale la direzione NO-SE dei venti stratosferici in Italia meridionale fra settembre e maggio, che causò il seppellimento di Pompei.
La scoperta degli scheletri si è rivelata della massima importanza per l'antropologia, perché pochi erano quelli finora a disposizione per l'età romana in virtù dell'uso dell'incinerazione. Il loro numero elevato ha consentito pertanto uno studio dettagliato sulle caratteristiche antropometriche, sulla clinica medica e sulle abitudini alimentari dell'antica popolazione; l'importanza aumenta in considerazione del fatto che essi appartengono a persone sane, ovvero non perite per malattia o morte biologica.
Un elemento di forte suggestione nella divulgazione data allo scavo in corso, è costituita dal fatto che non solo molti degli scheletri indossavano monili, ma che molti altri, nella fuga, ancora portavano tesoretti di gioielli e monete. Nel tratto di spiaggia antistante l'edificio delle Terme Suburbane e a soli 5 m dallo stesso, si è portata alla luce negli anni 1982-1984 una barca (ora custodita nel museo) lunga m 9, larga m 3 e profonda m 0,85. L'imbarcazione, rinvenuta capovolta, è tronca alla prua e squassata lungo l'asse di chiglia. Essa fu scaraventata sul litorale da un maremoto (Plin., Bp., VI, 20, 9). Lo scafo è totalmente carbonizzato per la millenaria giacenza sotto la colata vulcanica, dove ha subito una lenta ossigenazione per assenza di aria e presenza di acqua. I legni utilizzati sono: noce per la chiglia, quercia per il fasciame, abete bianco per la cinta parabordo; le parti appaiono connesse con cavicchi di legno e chiodi di rame. La forma snella e il profondo pescaggio fanno escludere l'uso per il trasporto di mercanzie; essa doveva essere adibita piuttosto al trasporto delle persone lungo la costa; è stata supposta anche l'identificazione con una delle lance da sbarco della flotta di Plinio per la presenza nei paraggi dello scheletro di un centurione con armi e utensili (Pappalardo, 1990).
Nel 1988 sono stati portati alla luce, nel tratto del litorale a valle dell'area sacra, tre rilievi arcaistici di notevole pregio - raffiguranti Atena, Mercurio ed Efesto - fluitati sulla spiaggia dalla terrazza soprastante.
Nel 1985 un'indagine condotta sull'ara marmorea dedicata a Marco Nonio Balbo sul piazzale antistante le Terme Suburbane ha portato alla luce la sua urna cineraria, dimostrando, sulla scorta dell'iscrizione appostavi «eo loco ubi ciñeres eius sunt», che l'ara commemorativa ne era anche la tomba. Nel 1982 fu rinvenuta una statua in marmo di erote integrabile con una fiaccola rivolta verso il basso, pendant di una statua analoga pubblicata da A. Maiuri nel 1943; entrambe costituivano presumibilmente la decorazione figurata del monumento sepolcrale di Marco Nonio Balbo.
Un nuovo elemento è emerso anche riguardo la vexata quaestio della supposta impronta di croce cristiana, rinvenuta nella Casa del Bicentenario: una mensola a sezione cruciforme, rinvenuta nella c.d. Villa Regina a Boscoreale, appare il primo concreto indizio che quella di E. possa anche non essere la traccia di un simbolo religioso (Falanga, 1986).
Inoltre scavi stratigrafici condotti negli anni 1972-73 nella Casa dei Cervi hanno restituito materiali ceramici, tutti posteriori al IV sec. a.C. (Tran Tarn Tinh, 1988).
Quanto alla Villa dei Papiri, dopo che uno studio ne aveva precisato l'ubicazione (Knight, Jorio, 1980), si sono iniziate nel 1986 nuove indagini e si è realizzato il rientro nell'edificio e la sua parziale esplorazione attraverso i cunicoli borbonici; la visita ha confermato l'esattezza della pianta del Weber e l'ipotesi che l'edificio si sviluppasse su almeno tre diversi livelli di terrazzamento. L'esplorazione costituisce la fase preliminare di un più vasto progetto che porterà allo scavo del complesso, nella certezza di recuperare il resto della biblioteca assieme ad altre opere d'arte.
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Eruzione. - H. Sigurdsson, S. Carey, W. Cornell, T. Pescatore, The Eruption of Vesuvius in A.D. 79, in National Geographic Research, I, 1985, pp. 332-387; M. Grmek, Les circonstances de la mort de Pline: commentaire médical d'une lettre destinée aux historiens, in Pline l'Ancien témoin de son temps. Actes Congrès Salamanca-Nantes 1987, Salamanca 1987, pp. 25-43; M. Gigante, Il fungo sul Vesuvio secondo Plinio il Giovane, Roma 1989; U. Pappalardo, L'eruzione pliniana del Vesuvio nel 79 d.C.: Ercolano, in C. Albore Livadie, F. Widemann (ed.), Volcanologie et Archéolologie (PACT, 25), Strasburgo 1990, pp. 198-215, figg. 1-14.
Nuovi scavi e scoperte. - Per i rinvenimenti più recenti si rimanda a: CronPomp, I-V, 1975-1979; RStPomp, n.s., MI, 1987-1989; Atti dei Convegni di Studi sulla Magna Grecia, XV-XXIII, 1976-1984. - Sul ritrovamento della barca presso le Terme Suburbane: J. R. Steffy, The Herculaneum Boat: Preliminary Notes on Hull Construction, in AJA, LXXXIX, 1985, pp. 519-521.
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