erba
Usato in forme e con valori diversi, e anche in locuzioni proverbiali, il sostantivo ha, tra i nomi comuni, uno dei più elevati indici di frequenza nel lessico dantesco.
Nel senso generico di " vegetazione bassa e folta ", idonea a occultare ciò che in essa si nasconda, il sostantivo è usato in Rime CI 39 sotto un bel verde la giovane donna / la fa sparer, com'uom petra sott'erba; If VII 84 lo giudicio [della Fortuna]... / è occulto come in erba l'angue (immagine ripetuta da Virg. Buc. III 93 " latet anguis in herba "); Pg VIII 100 Tra l'erba e ' fior venìa la mala striscia. In altri luoghi l'e., quando non ha valore generico, è particolarmente segnalata come un elemento che contribuisce a rendere ridente e gaio il paesaggio: per es. in Pg VII 76 Oro e argento fine, cocco e biacca, / indaco, legno lucido e sereno, / fresco smeraldo in l'ora che si fiacca, / da l'erba e da li fior, dentr'a quel seno / posti, ciascun saria di color vinto, / come dal suo maggiore è vinto il meno; e ancora in Rime C 42, CI 3 e 12, Cv IV II 7, Pg XXVIII 27 e 61. Oppure come un elemento che, con i fiori, rende fragrante l'aria: Pg XXIV 147 l'aura di maggio movesi e olezza, / tutta impregnata da l'erba e da' fiori. Uguale accezione in Fiore XXV 4 e CCXXX 14.
In senso collettivo, per indicare il " complesso delle piante erbacee che crescono su un terreno ", e per estensione il terreno stesso, il sostantivo è usato in Pg IX 11 vinto dal sonno, in su l'erba inchinai / là 've già tutti e cinque sedavamo; XXX 77 Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte [il Lete]; / ma veggendomi in esso, i trassi a l'erba; Rime CI 28 ond'io l'ho chesta in un bel prato d'erba (e v. anche oltre).
Con particolare riferimento al suo valore di " nutrimento per animali ", in Rime CI 35 mi torrei dormire in petra / tutto il mio tempo e gir pascendo l'erba; If XXIV 109 [la fenice] erba né biado in sua vita non pasce (su cui cfr. Ovidio Met. XV 393 " non fruge neque herbis / ... vivit "). Inteso anche in senso metaforico: Cv I I 8 coloro che a così alta mensa sono cibati non sanza misericordia sono inver di quelli che in bestiale pastura veggiono erba e ghiande sen gire mangiando (e v. anche oltre).
Come elemento fondamentale in operazioni di magia, o assolutamente col valore di " e. magica ", e. ricorre in If XX 123 fecer malie con erbe e con imago. Diverso ma affine Pd I 68 Nel suo aspetto tal dentro mi fei, / qual si fé Glauco nel gustar de l'erba / che 'l fe' consorto in mar de li altri dèi. Altrove si fa riferimento al potere medicamentoso delle e. o genericamente alle loro virtù: Rime CI 20 La sua bellezza ha più vertù che petra, / e 'l colpo suo non può sanar per erba; Cv IV IX 13 conoscere la vertù de l'erbe pare aver parentela con l'agricoltura; che non hanno insieme alcuna regola, con ciò sia cosa che... lo conoscere la vertù de l'erbe sia sotto la medicina.
Nel senso di " erbaccia ", " gramigna ", in Cv IV VII 3 l'erba multiplica nel campo non cultato, e sormonta, e cuopre la spiga del frumento.
Con il valore, raro e letterario, di " fiore " (cfr. il Dizionario Battaglia), in Rime CI 13 Quand'ella ha in testa una ghirlanda d'erba.
Nella forma diminutiva ‛ erbetta ', col valore divenuto proprio di " e. tenera e fresca ", il sostantivo è usato in Pg XXVII 134 vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli / che qui la terra sol da sé produce, e XXIX 88; in Pg I 124 anche nel senso collettivo già visto, per indicare il terreno coperto di tenera e.: ambo le mani in su l'erbetta sparte / soavemente 'l mio maestro pose.
Con valore allegorico o metaforico il sostantivo è usato in Pd XI 105 [s. Francesco] reddissi al frutto de l'italica erba, in cui " ‛ Erba ' si piglia ... per quella messe spirituale che sperava predicando raccogliere nelle inselvatiche città d'Italia " (Venturi); in Pd XXX 77 Il fiume e li topazi / ch'entrano ed escono e'l rider de l'erbe / son di lor vero umbriferi prefazi, in cui i fiori sono ancora una volta " il riso dell'erbe... di che esse [le rive] s'abbellano.... qui le anime dei beati " (Vandelli).
Locuzioni: ‛ in e. ', " non ancora maturo ", in Cv IV XXII 5; ‛ essere lontana l'e. dal becco ', nel senso di " desiderare invano, senza possibilità di soddisfare il proprio desiderio ", " trovarsi nell'impossibilità di raggiungere l'obiettivo al quale si tende ", in If XV 72 l'una parte e l'altra avranno fame / di te; ma lungi fia dal becco l'erba (la locuzione venne poi ripetuta da Cino da Pistoia nella canzone scritta per la morte di D.: Su per la costa, Amor, de l'alto monte 30 " Dì che ben può tra guai, / ch'omai ha ben di lungi al becco l'erba "); ‛ color d'e. ', in Pg XI 115; ‛ conoscere ogn'e. al seme ', in Pg XVI 114 se non mi credi, pon mente a la spiga, / ch'ogn'erba si conosce per lo seme.