ERARIO (lat. aerarium da aes, aeris)
È il tesoro del popolo romano, collocato dai primi anni della repubblica nel tempio di Saturno sul foro (eretto, secondo la tradizione, nel 501 o 497 a. C.) e detto quindi nell'età imperiale, per distinguerlo da altri erarî, aearium Saturni (anche populi romani o publicum). Vi si conservavano, sotto forma di numerario o di metallo non coniato, i proventi dei vectigalia, delle vendite di cose pubbliche, delle multe e delle confische, delle indennità di guerra e delle prede, dei tributi delle provincie e delle imposte; il provento dell'imposta del 5% sulle manomissioni degli schiavi (vicesima libertatis), istituita nel 357 a. C., veniva tesaurizzato in oro in sanctiore aerario (in una cassa speciale) per i casi di estrema necessità, e saliva nel 209 a. C. a 4000 libbre d'oro. Nel 187 a. C. l'aerarium conteneva 17.410 libbre d'oro e 22.070 d'argento in verghe e 6.135.000 sesterzî in numerario; Cesare nel 49 a. C. ne prelevò 15.000 libbre d'oro e 30.000 d'argento in verghe e 30.000.000 di sesterzî in numerario (Plinio, Nat. Hist., XXXIII, 55). Si custodivano nell'erario anche le insegne delle legioni, quando queste non erano in campo.
Nello stesso tempo l'erario era anche archivio, e non soltanto finanziario, dello stato. Oltre al registro di cassa dell'erario stesso, vi si custodivano i contratti pubblici, i rendiconti finanziari dei questori, dei magistrati supremi e dei governatori delle provincie, i registri censorî con l'elenco dei beni e delle rendite dello stato e dei cittadini contribuenti, i ruoli dei salariati pubblici, tutti insomma i documenti finanziarî. Inoltre si trascrivevano o si conservavano presso l'erario i testi delle leggi e dei senatoconsulti, i protocolli delle elezioni e dei giuramenti dei magistrati, le liste dei giudici, le matricole dei contingenti militari degli alleati; infine, dal tempo di Marco Aurelio, i registri delle nascite dei cittadini. Dall'ultimo secolo della repubblica, si ebbe però accanto all'aerarium anche l'archivio del tabularium. Facevano parte in diritto dell'erario anche le casse speciali dei sacerdoti e dei governatori di provincia.
Sovrintendevano all'erario i questori urbani, che ne tenevano le chiavi, e i magistrati supremi potevano fare i prelevamenti a loro consentiti solo con l'assistenza e la cooperazione dei questori, i quali eseguivano e registravano tutte le operazioni di entrata ed uscita ordinarie e straordinarie. Ma del denaro depositato nell'erario non si poteva dai magistrati della repubblica disporre senza l'autorizzazione del Senato, la cui potenza era in gran parte fondata sopra questa facoltà di concedere l'uso del pubblico denaro.
I questori erano coadiuvati da un numeroso personale, che aveva i suoi uffici nel tempio e poi anche nelle adiacenze, e dal quale, per la giovane età e la scarsa esperienza dei questori annuali, dipendeva effettivamente l'amministrazione dell'erario. In prima linea venivano gli scribae librarii quaestorii ab aerario (alcuni dei quali comandati presso i questori provinciali), che formavano un ordo su tre decurie presiedute dai sexprimi; erano di solito cittadini ingenui (solo qualche liberto), retribuiti e di buona condizione, spesso appartenenti all'ordine equestre. Sono inoltre ricordati i viatores quaestorii ab aerario, di solito liberti, i praecones quaestorii e altri subalterni minori, in parte servi pubblici. Augusto riconobbe la dipendenza dell'aerarium dal Senato, ma, data l'importanza della gestione della cassa pubblica per il funzionamento dello stato, sostituì nel 28 a. C. i due questori con due praefecti aerarii di rango pretorio e nel 23 con due praetores aerarii, che sotto Tiberio e Claudio erano coadiuvati da commissioni di tre senatori con incombenze speciali. Claudio ritornò nel 44 ai questori, ma triennali e di nomina del principe, e infine Nerone nel 56 istituì i due praefecti aerarii Saturni, di rango pretorio, triennali e di nomina imperiale, che durarono a lungo. Questi mutamenti sono indice della crescente influenza del principe sulla gestione dell'erario, senza tener conto che al principe non mancavano altri mezzi per intervenire nella gestione stessa. Particolarmente significativa l'istituzione dei praefecti di nomina imperiale, che sono delegati del principe, il quale assume così la gestione dell'erario, in confronto dei questori e dei pretori, che erano più legati al senato. Le entrate delle provincie imperiali, e poi anche parte di quelle delle provincie senatorie, furono devolute al fiscus imperiale, la cui importanza crebbe sempre mentre si restringevano le entrate dell'aerarium Saturni, il quale si ridusse nel sec. III d. C. a cassa municipale della città di Roma.
Erario militare. - Quando Augusto nel 5 d. C. fissò il periodo della ferma dei soldati e stabilì che ad essi si pagasse un premio al momento del congedo (praemia militiae, 20.000 sesterzî ai pretoriani dopo 16 anni di servizio, 12.000 ai legionarî dopo 20), dovette assicurare i fondi per questi pagamenti, e istituì a tale scopo nel 6 d. C. l'aerarium militare, al quale versò 170 milioni di sesterzî del suo, cui si aggiunsero contributi di re e comunità, proventi di confische e forse annue elargizioni del principe. Il Senato concesse poi che fosse ristabilita a profitto dell'erario militare l'imposta del 5% sulle eredità, e altri proventi ancora vi furono attribuiti, come la centesima rerum venalium (imposta dell'i % sulle auzioni). L'erario militare era amministrato per conto del principe da tre praefecti aerarii militaris, tratti prima a sorte per tre anni dal senato fra i pretorî e poi nominati dal principe. Sulle vicende di questa cassa, che esisteva ancora al tempo dei Severi, sappiamo poco; essa finì per fondersi col fiscus. Aerarium (publicum), più spesso arca, è anche la cassa delle colonie e dei municipî, retta da quaestores aerarii o curatores aerarii o praefecti aer. o da uno dei IIviri, IVviri o VIIIviri con la specificazione di aerarii, ad aerarium, ab aerario.
Per l'età moderna, v. tesoro.
Bibl.: E. Guillaume e G. Humbert, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, I, 1881, p. 109 (con la letteratura più antica); Th. Mommsen, Römisches Straatsrecht, II, 3ª ed., Lipsia 1887, p. 544 seg.; III, 1888, pp. 1010 e 1141; E. De Ruggiero, Dizionario epigrafico, I, p. 300 seg.; W. Kubitschek, in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie, I, 1894, col. 667; O. Hirschfeld, Die kaiserlichen Verwaltungsbeamten, 2ª ed., Berlino 1905, p. 13 seg.; W. Liebenam, Städteverwaltung im römischen Kaiserrreiche, Lipsia 1900, p. 297.