ERACLEA Pontica (l'antica ‛Ηράκλεια Πόντῳ o ἐν Πόντῳ; dai Turchi chiamata Ereǧli; A. T., 88-89)
Città dell'Anatolia, sul Mar Nero, sulle rive del piccolo fiume Acheronte e a 2 km. dalla foce di un altro breve corso d'acqua, l'antico Lycus (oggi chiamato Qizilgiq Su), con piccolo porto. La maggior ricchezza del suo territorio è data dalle miniere di carbone; ma vi si trovano anche miniere di manganese ed estesi boschi. Il bacino carbonifero di Eraclea cominciò a essere sfruttato nel 1895 da una società francese (Société Ottomane de Héraclée); una società italiana (Società Commerciale d'Oriente) nel 1904 ebbe la concessione di una zona. Nel Trattato di Sèvres (1920) fu attribuita all'Italia una posizione di privilegio per lo sfruttamento del bacino carbonifero di Eraclea; ma la concessione non fu riconosciuta all'atto della pace con la Turchia nel 1923. Attualmente il carbone di Eraclea è estratto a cura di sette società turche con capitali turchi e stranieri; la produzione negli ultimi anni è stata in continuo aumento: 380.000 tonnellate nel 1919, 1.242.000 nel 1927, 1.436.000 nel 1929. La quantità csportata nel 1929 fu di 159.000 tonnellate, a destinazione specialmente della Romania e della Grecia. È in progetto una sistemazione moderna del porto e si sta costruendo una ferrovia che unirà Eraclea con Angora passando per Zonguldak, altro importante bacino carbonifero. Una strada passante per Devrek unisce Eraclea con Zonguldak.
Eraclea fu già sede di kazà nel vilâyet di Kastamonu; ora è sede di kazà nel più ristretto vilâyet di Zonguldak. Verso il 1895 aveva 6274 ab. (5032 Musulmani, 1242 Greci ortodossi); nel censimento del 1927 la popolazione risultò di soli 5180 abitanti.
Storia. - Fu fondata, circa la prima metà del sec. VI, dai coloni di Megara e di Beozia, e non, come dice Strabone, dai Milesî. La regione era sacra ad Ercole, perché un'antica leggenda poneva qui la bocca dell'inferno, per la quale l'eroe sarebbe sceso nel mondo sotterraneo e ne avrebbe tratto, incatenato, Cerbero. La felice giacitura della città, difesa dalla natura per ogni lato e munita di due porti, fece presto assurgere la colonia a floridezza: onde essa non solo combatté con i popoli indigeni vicini e li sottomise, ma poté anche fondare nuove colonie nel Ponto, l'una a Chersoneso l'altra a Callatis. Nelle guerre fra Greci e Persiani, parteggiò per questi ultimi, rifiutandosi, dopo la vittoria dei primi, di entrare a far parte della Lega attica; gli Ateniesi tuttavia riuscirono, dopo una breve impresa di Lamaco, a piegarla. Le lunghe lotte interne fra oligarchi e democratici finirono col dar luogo alla tirannide, affermatasi nel 364 ad opera di Clearco, e mantenutasi poi fino alla fine dello stesso secolo; uno dei tiranni, Dionisio, sposò una parente di Dario Codomano. Tale periodo segnò per la città il momento della maggiore floridezza: essa spiegava la sua influenza su buona parte del territorio adiacente, ma soprattutto dominava, tenendo il primato sulle altre città marittime del Ponto, il bacino di questo fino alle coste più lontane della Scizia. Grande risorsa per il suo commercio erano i prodotti della pesca: testimone di ricchezza è la copiosa monetazione d'argento uscita dalla sua zecca. Dopo Alessandro Magno fu presa e occupata da Lisimaco di Tracia, che ne fece la principale base d'operazione nell'Asia Minore contro Antigono: dopo la morte di Lisimaco tornò a libertà, ma fornì aiuto di navi a Tolomeo Cerauno contro Antigono Gonata. Nelle lotte che seguirono fra Seleucidi e Tolomei si destreggiò, al pari delle altre città greche, fra i due rivali, alleandosi talvolta con i piccoli sovrani locali della Bitinia e del Ponto. Ma molto essa soffrì in questo tempo, anche in seguito all'invasione dei Celti: d'altronde l'affermarsi del regno di Bitinia veniva via via togliendole ogni autonomia e ogni potenza. Nella terza guerra mitridatica fu assediata da Aurelio Cotta: caduta, dopo due anni di resistenza, fu saccheggiata e distrutta: ma dopo la pace il Senato le restituì il suo territorio e i suoi porti. Durante l'Impero, per quanto le fonti scritte ci tacciano di lei, dovette riacquistare una certa importanza, perché la vediamo battere moneta e segnare su questa il titolo di μητρόπολις in concorrenza con Nicomedia, la capitale della provincia. Nel Medioevo fu città forte degli imperatori di Costantinopoli e di Nicea. Quasi interamente superstite è la cinta delle mura, rifatta nel Basso Impero, con numerosi frammenti più antichi immessi nella costruzione: restano inoltre avanzi d'un acquedotto, e, presso alcune grotte nelle vicinanze della città le evidenti tracce del culto che ivi si rendeva ad Ercole.
Bibl.: W. Ruge, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, col. 433 seg.; G. Perrot, Exploration de la Galatie et de la Bithynie, I, Parigi 1862, p. 15 segg.; per la città moderna, v. V. Mantegazza, Eraclea, Roma 1922.