ERACLEA (‛Ηράκλεια, Heraclēa) d'Italia
Città della Magna Grecia, che sorse nel luogo ov'è oggi il villaggio di Policoro (stazione di Tursi-Policoro, sulla ferrovia Taranto-Reggio), a circa km. 4,5 dal mare e a nord della distrutta Siri, che divenne il suo porto navale. La regione ove la città fu fondata, cioè la Siritide, si trovava da tempo sotto il predominio di Taranto, quando, in vicinanza di essa, e precisamente riel sito della distrutta Sibari, fu fondata, per iniziativa degli Ateniesi, la città panellenica di Turi. Le mire espansionistiche di Turi verso la Siritide fecero nascere un conflitto fra questa città e Taranto; la quale uscì vittoriosa dalla guerra, e, per meglio affermare il suo possesso del territorio, vi dedusse la colonia d'Eraclea, nell'anno 433-2 a. C. (Strab., VI, 264); in base al trattato di pace, un certo numero di Turini fu ammesso ad abitare, insieme con i Tarentini, la nuova città.
La mescolanza dei due elementi etnici è testimoniata dai tipi delle prime monete della città, sulle quali compaiono così la testa dell'Atena attica come l'eroe laconico-tarentino Eracle, dal quale la città ebbe il nome. In realtà, Eraclea poté fin da principio considerarsi come una colonia di Taranto, da cui essa derivò il dialetto dorico, i principali culti e le istituzioni spartane, delle quali sono ancora documento le due famose tavole di bronzo (v. appresso).
Benché abbia coniato bellissime monete proprie (magnifiche didramme col tipo d'Eracle in lotta col leone), Eraclea rimase sempre dipendente politicamente da Taranto, anche quando, nella seconda metà del sec. IV, divenne sede dell'assemblea federale della Lega italiota, riunita allora sotto la direzione di Taranto Qualche anno dopo, Alessandro il Molosso, chiamato in aiuto dai Tarantini contro i Lucani, venuto in discordia con essi, si vendicò saccheggiando Eraclea e trasferendo la sede della Lega italiota a Turi. Lui morto, le cose ritornarono però come prima.
Nel territorio di Eraclea accadde, nel 280 a. C., il primo scontro fra i Romani e l'esercito di Pirro (v. appresso), e fin da questo tempo la città strinse con Roma un patto d'alleanza a condizioni vantaggiosissime; perciò nell'89 gli Eracleoti non si decisero senza esitazione a ricevere la cittadinanza romana. Quanto la città sopravvivesse come municipio romano e in seguito a quali vicende scomparisse, si ignora. La città si ascrisse anche l'onore di avere dato i natali al grande pittore Zeusi, il quale invece, più probabilmente, era nativo di Eraclea Pontica.
Bibl.: F. Lenormant, La Grande Grèce, I, Parigi 1881, p. 164; G. Raccioppi, Storia dei popoli della Lucania, 2ª ed., I, Roma 1902, p. 142 segg.; Weiss, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, col. 404; Byvanck, De Magnae Graeciae historia antiquissima, L'Aia 1912, p. 58 seg.; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, II, Milano 1927, p. 376 segg.; G. Giannelli, La Magna Grecia da Pitagora a Pirro, Milano 1928, capitoli 2 e 3; L. V. Bertarelli, Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Italia meridionale, III, Milano 1928, p. 521; H. Nissen, Ital. Landeskunde, II, ii, Berlino 1902, p. 915 seg.
La battaglia di Eraclea. - È la prima grande battaglia combattuta contro i Romani da Pirro re d'Epiro venuto in Italia come alleato dei Tarentini allora in guerra con Roma. I Romani avevano spedito contro di lui il console Publio Valerio Levino, il quale probabilmente con uno dei soliti eserciti consolari, cioè con due legioni forti insieme di circa 20.000 uomini, mosse dal sud lungo le sponde del Mar Ionio, alla volta del nemico. Pirro, che aveva concentrato le sue forze in Eraclea si accampò sulla sponda sinistra del fiume Siri tra Eraclea e Pandosia. I Romani lo fronteggiarono accampandosi sulla destra. Il re aveva una certa superiorità numerica, ma non forse grandissima, perché aveva lasciato senza dubbio un notevole presidio in Taranto, e perché il concentramento delle forze dei suoi alleati italici era appena agl'inizî. Appunto per prevenire tale concentramento i Romani lo affrontarono subito nel luglio 280, mentre l'altro loro esercito consolare era ancora impegnato in Etruria. Furono appunto i Romani a prendere l'iniziativa del combattimento passando il fiume Siri. Essi evidentemente si tenevano sicuri della vittoria, non conoscendo ancora il valore e la tattica degli Epiroti. Sull'andamento della battaglia non siamo bene informati. Ma s-mbra che i Romani pervenissero, passato il fiume, a schierare le loro forze sulla sinistra, e che, avvenuta una prima avvisaglia di cavalleria, dopo il cozzo accanito delle due fanterie, la battaglia fosse decisa dagli elefanti di Pirro che in numero di trenta, su tutte e due le ali, o su una sola di esse, fugata la cavalleria, attaccarono di fianco le legioni. I Romani fuggirono lasciando sul campo 7000 dei loro e non pochi prigionieri: Pirro occupò l'accampamento nemico, ma perdette 4000 dei suoi. La battaglia fece dilagare la ribellione contro Roma nel mezzogiorno d'Italia, ma lasciò sostanzialmente intatta la potenza militare romana.
Bibl.: R. v. Scala, Der pyrrhische Krieg, Berlino 1884, p. 133 segg.; R. Schubert, Geschichte des Pyrrhus, Königsberg 1894, p. 174 segg.; H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, I, 3ª ed., Berlino 1920, pp. 307-309 seg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, p. 392 segg.; J. Beloch, Griech. Geschichte, IV, ii, 2ª ed., p. 474 seg.
Le tavole di Eraclea. - Sono due grandi tavole di bronzo iscritte (cm. 132 × 39, 113 × 37), ritrovate nel letto del torrente Salandra (o Cavone) presso Pisticci (1732) e relative alla città greca di Eraclea. La prima tavola era spezzata, e la parte superiore cadde dapprima in possesso di amatori inglesi, poi - avendone il Mazzocchi riconosciuta l'appartenenza - fu restituita all'Italia e ricongiunta al resto in Napoli, ove le due tavole sono custodite nel Museo Nazionale.
Le iscrizioni greche della faccia anteriore di entrambe le tavole, perfettamente conservate, si riferiscono alla rivendicazione, limitazione e locazione delle terre appartenenti ai templi di Dioniso e di Atena Poliade, tra la fine del sec. IV e il principio del III a. C., a opera di esperti (ὀρισταί) eletti dall'assemblea (ἀλια): la città ha inoltre un eforo annuale e due πολιανόμοι (censori). L'operazione, particolarmente complessa quanto ai terreni di Dioniso, si conclude con concessioni valevoli anche per i figli ed eredi dei concessionarî, tenuti al pagamento d'un canone annuo e a coltivazioni e piantagioni determinate: la combinazione dell'ereditarietà e perpetuità del godimento con il controllo quinquennale dell'autorità, con prevalenza dell'uno o dell'altro elemento a seconda che gli appezzamenti siano più o meno incolti, ha grande interesse per la storia economica e giuridica, e dà a questi documenti il primo posto fra le molte epigrafi (specie dell'Attica e di Delo) che descrivono l'enfiteusi.
La prima e più grande tavola è opistografa, e contiene nella faccia posteriore la parte finale d'una serie di disposizioni latine quasi certamente dell'età di Cesare, relative - per quel che ci rimane - alle distribuzioni gratuite di frumento, all'edilizia e polizia stradale in Roma, all'eleggibilità alle curie e magistrature municipali, alle leges datae dei municipî stessi. Come e perché queste norme eterogenee siano state riunite, è un mistero: mentre nessun interesse poteva spingere gli Eracleoti a raccoglierle da leggi svariate, è ostica anche l'idea d'una legge centone (lex satura): l'opinione ultimamente sostenuta, d'una rapida approvazione e pubblicazione di tutto il materiale legislativo elaborato da Cesare negli ultimi mesi di vita, è un rimedio disperato. L'iscrizione latina si trova spesso citata come lex Iulia municipalis, per una falsa identificazione che fu in altri tempi molto diffusa.
Bibl.: M. Maittaire, Antiquae inscriptiones duae, Graeca altera, altera Latina, ecc., Londra 1736; A. S. Mazzocchi, In Regii Herculanensis musei tabulas Heracleenses commentarii, Napoli 1754-1755. - Per le tavole greche: J. Kaibe, Inscriptiones gr. Siciliae et Italiae, Berlino 1890, n. 645; V. Arangio - Ruiz e A. Olivieri, Inscr. gr. Sic. et infimae Italiae, Milano 1925, n. 1 (con facsimili); L. Mitteis, Zur Geschichte der Erbpacht im Altertum, in Sitzungsber. d. Sächs. Acad. d. Wiss., 1901. - Per l'iscrizione latina: Corp. inscr. lat., I, n. 206; H. Dessau, Inscr. lat. sel., n. 6085; e sui problemi relativi, fra i moltissimi, K. F. Savigny, Vermischte Schriften, III, 1850; H. Legras, La table latine d'Héraclée, Parigi 1907; G. De Sanctis, Note di epigrafia romana, in Atti Accad. Torino XLV (1908) e XLVIII (1913); L. Mitteis, Ueber die sog. lex Iulia municipalis, in Zeitschr. d. Savigny-Stiftung., XXXII (1912), p. 159 segg.; O. Gradenwitz, Die Gemeindeordonnanzen der Tafel von H., Heidelberg 1916; A. v. Premerstein, Die Tafel von H. und die Acta Caesaris, in Zeitschr. Sav., - St., XLIII (1922), p. 45 segg.