equo compenso
loc. s.le m. Contributo congruo, versato per ottenere il diritto di copiare, ad uso privato, opere protette dal diritto d’autore.
• Perché mai devo pagare una nuova tassa sul cellulare, se lo adopero solo per telefonare, inviare e ricevere messaggini o scambiare posta elettronica? E per quale motivo il pc e la pennetta devono costare di più, se li utilizzo soltanto per scrivere e memorizzare i documenti, senza scaricare canzoni, foto e video? Non a caso un «equo compenso» è già previsto dalla normativa europea e viene applicato su quei supporti, come cd o dvd vergini, che occorrono per registrare e riprodurre testi, musica e immagini. È giusto, dunque, che chi vuole avere una copia privata di queste opere riconosca in qualche modo, direttamente o indirettamente, il diritto d’autore. (Giovanni Valentini, Repubblica, 6 gennaio 2010, p. 34, Commenti) • Si sa che la Siae è abituata da tempi non sospetti ad alternare due smoking: uno che indossa quando si presenta come ente di diritto pubblico. L’altro che tira fuori dall’armadio quando si tratta di gestire il denaro privato raccolto per autori ed editori. Ora la Siae con il primo smoking si è di fatto scritta da sola la struttura dell’emendamento che dovrebbe entrare nella legge di Stabilità per aggiornare nel prossimo triennio il famigerato equo compenso. E con il secondo smoking è già pronta alla cassa per ritirare una cifra che, grazie a rincari del 500% su smartphone e tablet e nuovi compensi che potrebbero coinvolgere anche le smart tv, potrebbe andare dai 130 ai 200 milioni (un terzo del bilancio). (Massimo Sideri, Corriere della sera, 15 dicembre 2013, p. 31).
- Composto dall’agg. equo e dal s. m. compenso.
- Già attestato nel Corriere della sera del 7 ottobre 1994, Corriere Lavoro, p. 10 (Sergio Bertolini).