EPITOME (gr. ἐπιτομή, lat. anche compendium)
È il riassunto, o compendio, di uno scritto ampio, fatto in generale allo scopo di alleggerire ad altri la fatica di una lunga lettura. Nel mondo classico si compendiavano, a preferenza, le lunghe opere storiche; si riducevano però anche opere di carattere diverso (trattati grammaticali e retorici), soprattutto a scopo didattico La moda delle epitomi si generalizzò tanto, che si raccorciarono perfino opere poetiche. L'epitome fiorisce di preferenza nelle età di decadimento politico e letterario, ma non è escluso che se ne trovi traccia anche in periodi più floridi.
L'uso dei compendî fu importato in Roma dalla Grecia, la quale ebbe molti epitomatori di opere storiche, scientifiche e morali. Teopompo compendiò in due libri le Storie di Erodoto. Secondo Diogene Laerzio, Teofrasto avrebbe compendiato i Νόμοι di Aristotele in 10 libri e la Πολιτεία in due. Sotto Nerone, la moglie di Socratida, donna colta e intelligente, ridusse a tre soli libri i 23 dei Περσικά di Ctesia. Fra gli scrittori morali più compendiati figura Plutarco. La più antica epitome romana è quella di Marco Giunio Bruto, l'uccisore di Giulio Cesare; sebbene uomo d'azione, Bruto ridusse gli annali di Fannio e di Antipatro, oltre alle storie di Polibio. La prima epitome di Livio sembra fatta ai tempi di Marziale. Altri epitomatori sono Vibio Massimo, Liciniano, Floro, Giustino, Giulio Paride, Gennaro Nepoziano, ecc.
Accanto agli epitomatori troviamo pure gli auto-epitomatori. Talvolta all'opera maggiore e di carattere strettamente scientifico, si faceva seguire la riduzione a solo fine divulgativo. Tra gli autoepitomatori greci ricordiamo Oribasio che raccorciò in 9 libri le sue 'Ιατρικαὶ συναγωγαί o ‛Εβδομηκοντάβιβλος, mutando anche il titolo in Σύνοψις e dedicando il compendio al figlio Eustazio. Fra i Latini non è forse escluso che Livio stesso abbia compendiato la sua storia certo è che Lattanzio, per aderire al desiderio del fratello minore Pentadio, ridusse a un sol libro i 7 delle sue Divinae Institutiones.
In conformità con l'accennato carattere dell'epitome, di soddisfare alle limitate esigenze di epoche e di civiltà di scarsa cultura originale, e dall'insegnamento inaridito e meccanizzato, l'epitome è stata particolarmente coltivata nella letteratura latina medievale e in quella greco-bizantina. Qui essa rappresenta uno dei principali mezzi di diffusione e trasmissione della cultura antica, di cui importanti opere ci sono spesso state conservate solo in tale forma ridotta: l'esempio forse più cospicuo è quello della Biblioteca di Fozio (v.), contenente estratti e riassunti di 280 opere greche, molte delle quali perdute nell'originale.
Bibl.: T. Birt, Das antike Buchwesen, Berlino 1882; id., Buchrolle in der Kunst, Lipsia 1907; id., Kritik u. Hermeneutik, Monaco 1913; E. Wölfflin, in Archiv für latein. Lexikogr. u. Gramm., XII (1901); Mayhoff, ibid., 1904; H. Bott, De epitomis antiquis, Marburgo 1920; M. Galdi, L'epitome nella letteratura latina, Napoli 1922.