EPITALAMIO (ἐπιϑαλάμιος [λόγος])
Significa propriamente la serenata tenuta presso la stanza nuziale (ϑάλαμος) la sera della festa di nozze o la mattina dopo. (V. matrimonio: Usi nuziali). In senso più largo è canto imeneo, che nelle sue antichissime origini popolari, di che sono indizî in Omero, sarà consistito sostanzialmente nel grido ὑμήν, ὑμήναιον, ὑμήν ὢ ὑμήναι' ὢ e simili: come ritornello o no, esso ricompare poi negli epitalamî. In tempi più evoluti Aristofane (Pax, 1333 segg.) ci dà un'idea approssimativa di ciò che poté essere popolarmente un canto di nozze: ritornello rituale, che lega e incatena il tutto, augurî e lodi agli sposi, anche elemento licenzioso. Per l'arte, e per il tempo, Saffo sta al primo posto nella storia dell'epitalamio letterario greco; anzi di lei sola si ha conoscenza prima dell'epitalamio ellenistico, e se ne intravede la grandezza, pur in questo campo, da ciò che è rimasto, fra cui è anche ricomparso del nuovo dai papiri di Ossirinco: ingenuità e grazia sono le sue caratteristiche; non manca il mito, ma intimamente legato al presente. Per l'età ellenistica l'esistenza dell'epitalamio è accertata: Callimaco, Eratostene, Partenio; e rientrerà qui il distico dell'epitalamio di Peleo e Teti dello Pseudo Agamestore di cui si legge in Tzetze. L'idillio 18 di Teocrito per le nozze di Menelao ed Elena è l'unico saggio greco che possediamo, intero, di un epitalamio. Esso è mitico narrativo: non un dio però né le Muse come alle nozze di Peleo e Cadmo (Pindaro, Pyth., III, 87 segg.; Nem., IV, 66 segg.; V, 24 segg.), dicono l'inno nuziale, ma esseri mortali, il fior delle vergini spartane, e sul motivo mitico fiorisce l'elemento popolare, lo scherzoso, il sapido, il mordace. Più largamente rappresentata è la poesia nuziale romana; e si capisce, se si pensa al concetto di famiglia che in Roma si ebbe. Nuziali erano gli antichi canti fescennini, e i capolavori del genere nel mondo antico si devono a Catullo: due canti lirico-corali e un epitalamio epico (Carm. 61, 62 e 64).
Che Catullo abbia imparato da Saffo e dagli ellenistici, è naturale; che si sia ispirato a Saffo in qualche motivo, è chiaro; ma che i Carm. 61 e 62, e lo stesso 64, siano traduzioni o rielaborazioni, non si è più oramai disposti a crederlo. Qui culmina l'arte dell'epitalamio classico: delicatezza di sentire e di esprimersi, vivida maniera personale, motivo nazionale fescennino. Calvo, Ticida, Ovidio, Seneca (nella Medea) fiancheggiano o seguono l'opera di Catullo; poi la forma si amplia con Stazio a una vasta costruzione, a un tipo di cui si ritrovano le linee negli schemi della prosa retorica greca imperiale, che si basa molto su poeti ellenistici. La fortuna dell'epitalamio ci è attestata per i secoli II e III; nel IV c'è il Centone nuziale di Ausonio; Claudiano ritorna a spiriti più liberi e più alti di Stazio. Completamente a sé sta il cristiano Paolino di Nola. Poi è decadenza assoluta; ma non difetta il materiale greco - p. es. l'epitalamio esametrico d'un papiro di Afroditopoli del sec. V-VI (H. J. Milne, Catalogue of the lit. pap. in the Brit. Museum, Londra 1927, n. 99) oltre ad altre cose di papiri e della letteratura - e abbonda il materiale latino: l'Epithalamium Laurentii, Sidonio Apollinare, Ennodio, Venanzio Fortunato, Draconzio, Lussorio, anche Marziano Capella.
Bibl.: W. Körber, De Graecorum hymenaeis et epithalamiis, Breslavia 1877; F. Vollmer, Papini Stati Silvae, Lipsia 1898, p. 234 segg.; J. Fries, Römische Hochzeitslieder, Kaiserslautern, 1898; R. Reitzenstein, in Hermes, XXXV (1900), p. 95 segg.; U. v. Wilamowitz, Textgeschichte der griechischen Lyriker, Berlino 1900, p. 71 segg.; id., Hellenistische Dichtung, II, Berlino 1924, p. 277 segg.; E. A. Mangelsdorff, Das lyrische Hochzeitsgedischt bei Griechen und Römern, Bergedorf 1913; P. Maas, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, col. 130 segg.; C. Morelli, in Studi italiani di filologia classica, XVIII (1910), p. 319 segg.; J. Fries, Ein Beitrag zur Aestetik der römischen Hochzeitspoesie, Aschaffenburg 1910; G. Pasquali, in Studi italiani di filologia classica, n. s., I (1920), p. 1 segg.; G. Ramain, in Revue de philologie, XLVI (1922), p. 135 segg.; A. Morpurgo, in Rivista di filologia, n. s., V (1927), p. 331 segg.; G. Perrotta, in Athenaeum, n. s., IX (1931), pp. 177 segg., 370 segg.
Letteratura italiana. - In Italia, il Tasso e il Marino, ispirandosi, più che a Catullo, a Claudiano e Ausonio, diedero splendidi esempî di quella poesia nuziale lasciva e adulatrice, di cui abusarono più tardi i poeti arcadici e frugoniani. Bei canti nuziali scrissero il Frugoni, il Bondi, il Salandri, il Paradisi, il Cerreti, il Fantoni, il Savioli, superati tutti dal Parini, vivo rappresentatore delle nozze settecentesche nella famosa canzonetta. Il genere poi langue finché si estingue.
Bibl.: G. Carducci, Il Parini minore, in Opere, XIII (commento a Le nozze del Parini).