EPIFISI (dal gr. ἐπίϕυσις "escrescenza"; lat. scient. epiphysis)
Già individuata e descritta da Galeno, che ne riconobbe la natura ghiandolare, ritenuta successivamente da Descartes - perché organo mobile e impari - sede dell'anima, l'epifisi cerebrale o glandula pineale costituisce ancora uno dei punti oscuri della fisiologia.
Originantesi dal tetto del diencefalo, immediatamente all'innanzi della commissura posteriore, da un'estroflessione cava in comunicazione col 3° ventricolo, essa è stata, per tale sua derivazione embrionale, considerata come organo rudimentale, da ricollegarsi a quel cosiddettó terzo occhio, che è particolarmente sviluppato in alcuni Rettili attuali provvisti, come molte forme fossili pure di Rettili e di Labirintodonti, d'un forame parietale. In realtà, essa fa parte d'una zona relativamente complessa del tetto del diencefalo, la "regione parietale", dove, nella serie dei Cranioti, è appunto possibile distinguere - variamente sviluppati nelle diverse forme - diversi elementi, succedentisi lungo la linea mediana dorsale e rappresentati, in ordine antero-posteriore, dalla parafisi (detta anche epifisi anteriore), dal velum, dal sacco dorsale, dalla commissura habenulare con l'organo parietale anteriore e, infine, dall'organo pineale o epifisi. E, mentre il 3° occhio od occhio parietale dei Sauri e della Hatteria - a struttura più o meno complessa, con elementi paragonabili a una retina e a un sistema di rifrangenza - corrisponde all'organo parietale anteriore, e si origina appunto da un diverticolo situato immediatamente all'innanzi di quello da cui si svilupperà l'epifisi, questa costituisce formazione distinta, che nella serie dei Vertebrati sembra andare incontro a singolarissimi cambiamenti di struttura e di funzione. Ché, infatti, mentre nelle forme inferiori, essa richiama le caratteristiche d'un organo di senso (fotoricettore?), ora più sviluppato - come, tipicamente, nel Petroinyzon fluviatilis - ora più ridotto, nei Vertebrati superiori (Uccelli e Mammiferi); per la sua struttura epitelioide riccamente vascolarizzata, oltreché per i dati sperimentali e clinici relativi alla sua funzione, ci appare piuttosto che formazione rudimentale, com'era stata ritenuta, organo attivo ghiandolare, dotato di un'importante, se pure ancora poco precisata, funzione di secrezione interna.
Di dimensioni e peso variabili nelle diverse specie, in dipendenza delle dimensioni corporee (e senza alcun rapporto invece con quelle cerebrali), si presenta nell'uomo come un corpicciolo di forma più o meno tondeggiante alla nascita, conica nell'adulto, riposante sul solco mediano che separa i due corpi quadrigemini anteriori. Nei riguardi dell'anatomia microscopica, essa ci appare, nel neonato e nel bambino, formata, entro una capsula fibrosa, da lobuli e cordoni individuati da trabecole gliali e connettivali e, a lor volta, risultanti di cellule caratteristiche, variamente interpretate, con grandi nuclei chiari vescicolari e protoplasma nel quale un complesso di elementi diversi - granuli di secrezione e lipoidi, mitocondrî, fini vacuoli - appaiono espressione di attività secretorie. Tali cellule presentano, tuttavia, tipiche modificazioni riferibili non solo alla loro funzionalità, ma anche a processi involutivi, in quanto, dopo una prima fase di sviluppo, sino al 6° mese di vita fetale, e una seconda fase di matura attività, nei primi anni di vita - sin circa al 7° - l'organo va incontro, con progressiva distruzione delle cellule e prolilerazione dello stroma, a una lenta involuzione fisiologica, che non è totale, poiché si conservano anche nell'età più avanzata porzioni di tessuto attivo, e che d'altra parte sembra suscettibile d'essere interrotta da possibili risvegli funzionali, in dipendenza di speciali stati patologici (diabete, ecc.). Una caratteristica strutturale dello stato adulto è poi la presenza di concrezioni grigio-verdastre di fosfati e carbonati di calcio e magnesio (sabbia cerebrale), considerate come precipitazioni d'un normale elaborato salino della ghiandola.
Alle prime esperienze di estirpazione e di distruzione operate da C. Foà sui pulcini e, successivamente, ripetute e confermate su ratti, cavie, ecc. dal Foà stesso e da altri, si riferiscono i dati più importanti e significativi, relativi alla funzione di questo organo, che le particolari condizioni di sviluppo e di ubicazione contribuiscono a rendere di difficile accessibilità sperimentale. All'operazione segue, ordinariamente, nei maschi, un rapido sviluppo generale, con più o meno spiccata iperplasia seminifera e interstiziale dei testicoli, nonché differenziamento dei caratteri sessuali secondarî, come, per i pulcini, la cresta, il canto, ecc. Assai meno sensibili e rappresentate, sembra, da un'anticipata attitudine alla fecondazione, sono le modificazioni rilevabili nelle femmine. Si dovrebbe, quindi, ammettere, sebbene non manchino alcuni dati sperimentali contraddittorî, un'influenza inibitrice della ghiandola sui testicoli, onde il normale avviarsi dello sviluppo sessuale con la sua fisiologica involuzione alla pubertà, e l'anticipo di esso con la sua precoce estirpazione. Anticipo semplicemente, perché, negli animali ectomizzati, le differenze rispetto ai controlli si vengono più o meno rapidamente annullando con l'età. Si parla anche, d'altro canto, di un'influenza dei testicoli sulla ghiandola nel senso di una stimolazione, e ciò in rapporto alle alterazioni atrofiche che essa sembra subire negli animali castrati (Biache e Hulles, Andriani, ecc.), alle quali peraltro si contrappone da alcuni (Pellegrini) un lento stabilirsi d'uno stato d'iperfunzione. E, mentre poco chiari e contraddittorî appaiono gli effetti della somministrazione o iniezione di estratti, infirmabili, del resto, da numerose cause perturbatrici - inerenti al metodo stesso di sperimentazione - interessa rilevare, fra i più importanti per la fisiologia di quest'organo, i dati clinici, secondo i quali ad alterazioni epifisarie, che s'accompagnino a diminuzione del tessuto attivo, corrisponde in età infantile, anche qui come nelle esperienze di estirpazione, una precoce maturità sessuale, relativa direttamente all'apparato genitale o anche solo - più o meno completamente - ai caratteri sessuali secondarî, come l'accrescimento corporeo e lo sviluppo pilifero (macrogenitosomia), insieme talora con fenomeni di precocità psichica. Anche nel campo clinico, tali affezioni interessano quasi sempre i maschi, pur non mancando casi di analoga precocità per le femmine. Resterebbe così confermato il concetto di un'inibizione genitale da parte dell'epifisi, la cui involuzione concorrerebbe nel determinismo della pubertà, per quanto anche qui il problema sia complicato da oscuri casi contraddittorî, mentre poi permane assai difficile definire quanto la descritta sindrome di "macrogenitosomia" sia direttamente riferibile ad insufficienza pineale, e quanto non possa, piuttosto, ritenersi d'origine plurighiandolare, per concomitanti rilevabili alterazioni degli altri elementi del sistema endocrino.
Complessivamente, quindi, l'insieme dei dati sperimentali e clinici, se non ci permette ancora una precisazione della funzione dell'epifisi e nulla, in particolare, ci dice della sua importanza per l'età adulta, ce ne dimostra tuttavia, in linea di massima, la sua natura di organo endocrino, i suoi rapporti con l'apparato genitale e il suo intervento nel periodo prepubere sullo sviluppo psichico e somatico, con un'azione di regolazione degli altri ormoni, non sappiamo se diretta su di essi o indiretta sui loro centri elaboratori. Al che dovremmo aggiungere oscuri indizî di un'azione sulla pressione del sangue, come pure sul ricambio dei grassi (obesità da iperfunzione pineale?), nonché forse sulla termoregolazione. Et. Re.
Con lo stesso nome di epifisi si chiamano anche le parti estreme delle ossa lunghe: esse sono di solito più voluminose della diafisi o corpo dell'osso, portano una o più facce rivestite da cartilagine e per mezzo di queste s'articolano con le ossa vicine. Intorno alle superficie articolari si vedono sporgenze o cavità rugose che servono a dare attacco ai muscoli o ai legamenti. Le epifisi sono, durante l'accrescimento corporeo, separate dalla diafisi per mezzo d'un disco di tessuto cartilagineo, nel quale si svolgono i processi essenziali dello sviluppo in lunghezza dell'osso, e che perciò porta il nome di cartilagine d'accrescimento. Questo disco cartilagineo scompare al termine dello sviluppo e il tessuto osseo dell'epifisi si confonde allora con quello della diafisi; ma durante il lungo periodo della sua permanenza lo strato di cartilagine costituisce elemento di netta separazione anatomica, funzionale, circolatoria, fra epifisi e diafisi. Per questa separazione le epifisi possono divenire nell'infanzia e nell'adolescenza sedi di particolari lesioni. Anzitutto, azioni traumatiche che colpiscono le estremità delle ossa lunghe determinano non di rado il distacco delle epifisi; il tessuto osseo recente, a livello delle cartilagini d'accrescimento, cede alla violenza, e si produce un distacco epifisario. Questa particolare forma di frattura di solito guarisce senza danno, ma talvolta produce lesioni distruttive della cartilagine con la conseguenza d'una irregolarità nell'accrescimento. Sono stati descritti in questi ultimi anni particolari processi morbosi che colpiscono le epifisi del bambino o dell'adolescente conducendo frequentemente ad alterazioni di forma delle epifisi o anche a processi secondarî d'artrite deformante. Fra queste forme morbose che vanno sotto il nome comune d'epifisiti, la più nota è la cosiddetta osteo-condrite dell'anca, sia per la relativa sua frequenza, sia per l'interesse della diagnosi differenziale con la coxite tubercolare iniziale. Ma la particolarità più spiccata delle epifisi, dal punto di vista della patologia, è quella d'essere sede d'elezione dei processi di tubercolosi dell'osso. È dimostrato che i bacilli della tubercolosi circolanti nel sangue trovano nell'epifisi condizioni favorevoli al loro arresto e alla loro deposizione, e che, dopo un periodo più o meno lungo di latenza, possono dare origine all'osteite tubercolare. Il focolaio di tubercolosi ossea epifisaria nel suo ulteriore accrescimento s'avvicina alla cartilagine articolare, finché la perfora; superata questa barriera, il processo invade l'articolazione dando origine alla osteo-artrite tubercolare.
Anche dopo il periodo della giovinezza, le epifisi ossee presentano un interesse in patologia in quanto sono sede non rara di fratture che presentano per lo più caratteri d'una certa gravità per la loro situazione paraarticolare e per qualche difficoltà nella riposizione.