EPICEDIO (ἐπικήδειον, epicedĭum)
Alcune fonti antiche distinguono due specie di carmi funebri, il treno e l'epicedio, dando all'epicedio il senso di carme eseguito in presenza del cadavere, mentre il treno non avrebbe avuto limitazione di tempo e di luogo; ma in massima le due parole si consideravano come equivalenti. Prima che si svolgesse il canto funebre melico ne tenne le veci l'elegia (anche, talora: il giambo: vedi i frammenti d'archiloco), la quale continuò del resto a fiorire pure contemporaneamente ad esso; il carattere dei due generi fu però alquanto diverso: l'elegia non venne cantata ai funerali e, pur non escludendo l'elemento laudativo per il defunto, non ne fece la sua parte essenziale, mentre il treno e l'epicedio vennero cantati alle cerim0nie funebri e consistettero in generale in un encomio del defunto.
Il canto funebre ebbe origine popolare come l'imeneo. Nella sua forma popolare fu amebeo: il lamento degli uomini precedeva, quello delle donne seguiva: il coro intero poi diceva il ritornello. Talora non mancavano degli a solo: si veda la descrizione omerica dei lamenti sul cadavere di Ettore (Il., XXIV, 720-776). Il commo della tragedia ritrae della struttura del canto funebre popolare.
Nella forma artistica il treno e l'epicedio furono invece corali durante l'età classica. L'elemento mitologico vi ebbe una parte considerevole. Un conforto vero, all'infuori di quello che poteva derivare dalla narrazione del mito, non pare si trovasse nei carmi funebri di Simonide, nei quali ricorrevano le osservazioni, frequenti nella poesia greca, che nessuno può evitare la morte, che vita felice non condussero neppure gli eroi, e simili.
Il canto funebre artistico fu accompagnato da una danza grave e solenne: il metro più frequente in esso fu il dattilo epitrito. L'accompagnamento musicale venne eseguito esclusivamente dal flauto: il tono usato fu quasi sempre il lidio (con varianti del missolidio e dell'iperlidio). Forse Pindaro si servì pure del tono dorico, frequente nei lamenti della tragedia. Nell'età alessandrina e nella romana l'epicedio assunse spesso forma elegiaca o esametrica.
Il canto funebre era eseguito in varie contingenze: nel giorno dell'esposizione del cadavere; durante l'accompagnamento funebre nei giorni sacri al culto del trapassato; nell'anniversario della morte.
Bibl.: Schmid-Stählin, Geschichte der griechischen Litteratur, I, i, Monaco 1929, p. 346 seg.; H. W. Smyth, Greek Melic Poets, Londra 1900, p. cxx segg.; A. Taccone, Melica Greca, Torino 1904, p. 40 segg.