EPICARMO ('Επίχαρμος, Epicharmus)
Il principale rappresentante della commedia dorica siciliana. Gli antichi lo dicono nativo di Siracusa o di Crasto in Sicilia o di Megara Iblea o di Cos o di Samo, ma più probabile è ch'egli nascesse a Siracusa. Nacque tra il 528 e 525 a. C., e la sua vita dovette protrarsi sino al 438-31 circa. Scrisse 52 drammi, secondo Suida; secondo l'Anonimo (De Comoedia) se ne conservavano 40, dei quali 4 era dubbio se autentici. Secondo la testimonianza degli antichi, fu il primo a dare unità artistica alla commedia, sino allora composta di brevi scene isolate e scucite. Oltre alle commedie, sono attribuiti a lui falsamente una Raccolta di sentenze (Gnomologio), che però è ascritta a un tale Axiopisto del sec. IV, Canone, pure ascritto ad Axiopisto, Politeia, dovuta a Crisogono contemporaneo di Alcibiade, Chirone (Culinaria?), Discorso πρὸς 'Αντήνορα e un epigramma. Dionigi II s'occupò dell'opera letteraria d'Epicarmo e il grammatico Apollodoro ateniese (sec. II a. C.) ne fece un'edizione critica in 10 volumi accompagnandola con un dotto commento.
Le commedie di E. si dividono per il contenuto in due serie: 1ª mitiche; 2ª umane. Dall'Odissea il poeta trasse argomento per il Ciclope, l'Ulisse disertore, l'Ulisse naufrago, le Sirene; dalla leggenda d'Ercole per il Busiride, per le Nozze di Ebe, che rielaborò e ridiede alla luce col titolo di lMuse, per l'Ercole alla conquista del cinto, per l'Ercole presso Folo. Altri titoli di commedie mitiche sono: Àlcione, Amico, Baccanti, I Dionisî, Compagnoni o Efesto, Pirra e Prometeo, Scirone, Sfinge, Troiani, Filottete. Commedie umane erano il Campagnolo, Saccheggi, Terra e mare, Speranza o ricchezza, Festa ed isole, Epinicio, Spettatori (dei voti del tempio di Apollo a Delfi), Discorso e discorsa, Megarese, Mesi, Salsiccia, Superuomo, Persiani, Scinmia, Trigesimi, Danzatori, Pentole. I frammenti pervenuti di queste commedie non sono né molti, né lunghi; i più lunghi sono un frammento delle Nozze di Ebe (11 versi), un frammento dell'Ulisse disertore (10 versi), un frammento delle Sirene (6 versi), uno della Speranza o ricchezza (15 versi). Ci sono giunti parecchi frammenti di commedie di cui non è citato il titolo; interessanti sono quelli (3) di carattere filosofico, nei quali Alcimo, retore e storico siciliano (sec. IV-III a. C.), voleva trovare gli antecedenti della teoria platonica delle idee. Importanti sono i resti del Gnomologio, del quale sono giunti anche il principio e la fine del proemio e che conteneva certo per la maggior parte sentenze tratte dalle commedie epicarmee.
Gli antichi definiscono il poeta "sentenzioso, inventivo, ingegnoso", Platone lo riteneva il rappresentante più eminente della poesia giocosa, al modo che Omero lo è della seria. Le commedie d'Epicarmo non erano soltanto parodie di miti o leggende divine o eroiche, cantate dai poeti o comunque note al popolo, ma anche di fatti umani, non esclusi gli avvenimenti politici locali o del tempo. Traevano ispirazione perfino da qualche nota favola o da qualche frase divenuta proverbiale. Non dovevano essere molto estese; mancavano del coro; qualcuna certo consisteva in un semplice contrasto tra due personaggi, rappresentanti, ad esempio, arti diverse (Terra e mare = contadino e pescatore) o che personificavano diversi aspetti d'una medesima manifestazione dello spirito umano (es. Discorso e discorsa). Quello che contraddistingueva la commedia epicarmea non doveva essere tanto la complessità dell'intreccio, quanto il movimento dell'azione e la rappresentazione tipica di certi personaggi, in determinate circostanze. In 4 versi il poeta descrive mirabilmente la figura d'Ercole a banchetto e in pochi versi, citati dagli antichi come tipici, la figura del parassita. Un suo difetto dovette essere la prolissità, di cui lo accusano gli antichi, e un esempio ce ne è offerto dall'interminabile menzione di cibi (specialmente pesci), serviti nel banchetto per le nozze di Ercole con Ebe. Era sentenzioso, ma non vero filosofo; egli prende di mira i sistemi filosofici più in voga (Eleati, Eraclito, Pitagorici, ecc.), per adattarli a scene comiche, colpendone i punti più vulnerabili, quanto cioè bastava al suo scopo, e traendoli a conseguenze estreme e strane.
Predilesse il tetrametro trocaico, adoperò anche il trimetro giambico; le commedie I Danzatori e l'Epinicio sono in tetrametri anapestici catalettici. Il suo dialetto è epirotico. Le sue commedie esercitarono senza dubbio grande influenza sulla commedia attica.
Ediz.: Lorenz 1864; Kaibel, Comic. Graec. fragmenta, Berlino 1899 (per i frammenti che hanno relazione con la filosofia v. Diels, Die Fragm. der Vorsokrat., I, 4ª ed., Berlino 1922, pp. 113-131); A. Olivieri, Framm. della comm. greca e del mimo nella Sicilia e nella Magna Grecia, Napoli 1930.
Bibl.: A. O. F. Lorenz, Leben und Schriften des Koers Epicharmos, Berlino 1864; Kaibel, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, coll. 30-41; Schmid-Stählin, Geschichte der griech. Lit., Monaco 1929, p. 638 segg.