eone
Dal lat. tardo aeon -onis, gr. αἰών -ῶνος, propr. «età, periodo», dalla stessa radice da cui il lat. aevum. Presso gli antichi Greci, indicava il tempo, in senso assoluto, in contrapposizione a Chrònos, ossia al tempo commisurato alla esperienza umana. Nelle grandi religioni misteriche dell’età ellenistico-romana (mitraismo, orfismo, ecc.) E. divenne una divinità a sé stante e fu sincretisticamente rappresentato come una figura umana con testa leonina, avvolta da un serpente e con attributi di chiaro significato (fulmine, chiavi, scettro; ma ne esiste anche una raffigurazione antropomorfica: un vecchio con la barba e con la ruota zodiacale nella destra). Il termine ha avuto largo e vario impiego nella dottrina gnostica (➔ gnosticismo), della quale esprime uno dei concetti fondamentali. L’origine del significato propriamente gnostico è forse da ricercare nella diffusione delle dottrine astrologiche dei Caldei, che immaginavano dei mondi cronologicamente e spazialmente successivi in cui l’anima avrebbe migrato prima del riposo finale. La gnosi giudaica riprese il termine e il concetto per rappresentare il contrasto tra ‘inclinazione buona’ e ‘inclinazione cattiva’ dell’anima, ipostatizzandole in due e. rispettivamente della luce e delle tenebre; e questo rimase il significato dominante, che dall’apocalittica giudaica trapassò poi anche nell’escatologia neotestamentaria, dove il «secolo (e.) presente» (ὁ αἰὼν οὗτος) aspetta di essere travolto dal «secolo futuro» (ὁ αἰὼν μέλλων). Nel Nuovo Testamento però vi è anche traccia del senso spaziale del termine, che ricorre qua e là (I Cor. III 18; Ebrei I 2; XI 3; Efes. II 7, ecc.) col significato di mondo o parte del mondo, a volte anche come personificazione (Col. I 26; Efes. III 9, ecc.; ma soprattutto Efes. II 2: «il principe di questo mondo»). Nel corso del 1° e del 2° sec., quando la gnosi conobbe il suo sviluppo massimo, il termine e. si caricò di significati sempre più pregnanti. L’influsso congiunto del platonismo ellenistico e delle religioni orientali (soprattutto il culto mitraico) imposero allo gnosticismo uno svolgimento complesso: il dominante pessimismo della soteriologia gnostica, che si esprime drammaticamente nel dualismo irresolubile, portò ad accogliere la struttura mitologica del dualismo zoroastriano e a riservare il termine e il concetto di e. (forse per influsso del mitraismo, dove l’E. universale rappresenta la divinità) solo al «Bene», alla «Luce». Il conflitto tra Luce e Tenebre, tra Spirito e Materia richiese l’invenzione di numerosi e., che si distinguono e si articolano entro l’E., ora definito πλήρωμα («pienezza»); la soluzione gerarchica fu la soluzione preferita, e in tutti i sistemi gnostici è dato incontrare ora una scala di e. che procede dal Padre Supremo (chiamato variamente) per coppie maschio-femmina (sizigie) che si riproducono per emanazione a coppie sempre meno luminose quanto più si allontanano dalla fonte. Numero e nomi degli e. variano nei diversi sistemi.