Medical humanities
di Sandro Spinsanti, Mariateresa Dacquino, Antonio Maconi, Catterina Seia, Annalisa Cicerchia
Medical humanities è il termine inglese che indica, a partire dagli anni 1960, la medicina vista come un’unità di scienze naturali e di scienze umane. Più in particolare, l’espressione, utilizzata anche nella lingua italiana, indica l’incontro della medicina (e delle pratiche sanitarie) con le scienze sociali e comportamentali (antropologia culturale, sociologia, psicologia, diritto, economia, storia e storia della medicina, ecc.), con la filosofia morale (teologia morale e bioetica) e con le arti espressive (letteratura, musica, arti figurative e performative).
Questa visione parte dal presupposto che la salute e la malattia hanno a che fare con la vita e con la morte e sono strettamente collegate alla natura fisica, sociale, psicologica e spirituale dell’essere umano1. Pertanto, le Medical humanities rappresentano la sinergia tra un approccio al paziente basato sulle conoscenze tecniche (fisiologia, anatomia, biologia) e quello focalizzato sulla persona e su tutto ciò che ruota intorno all’esperienza di vita e di malattia.
L’introduzione di una visione orientata alle Medical humanities pone la medicina in un’ottica di sistema, che:
- riconosce la complessità bio-psico-socio-ambientale2 di ogni persona, dei suoi ambienti di vita, del necessario sviluppo delle potenzialità di ognuno, agendo sulle life skills e sull’empowerment3 delle persone, in un ciclo che ricomprende ogni evento che la riguarda in tema di salute e benessere, parte dalla promozione della salute, interessa la prevenzione, la cura e la gestione delle patologie e più in generale la qualità della vita;
- integra la dimensione biomedicale dell’approccio al paziente con la dimensione relazionale che pone al centro la persona, espressa dalle discipline umanistiche, e con quelle esperienziali, educative e culturali, in particolar modo attraverso le arti performative;
- pone al centro la relazione tra curante e curato e favorisce il dialogo, l’ascolto e la narrazione, attraverso la Medicina Narrativa4, quali elementi fondanti della personalizzazione e co-costruzione della cura;
- incoraggia la consapevolezza del percorso della propria ‘storia di vita’, nei curanti, nelle persone assistite, nei caregiver professionali e familiari, favorendone il benessere, coniugandosi con una più ampia visione di welfare culturale5;
- supporta la creazione di percorsi di inclusione e di contrasto alle disuguaglianze;
- facilita la funzione identitaria degli operatori di cura, rinforzando il sentimento di responsabilità dell’azione soggettiva e di gruppo e il lavoro in gruppi interdisciplinari;
- sostiene una più ampia riflessione collegata ai percorsi e ai luoghi della cura, sotto ogni punto di vista;
- promuove, nella formazione dei professionisti della salute, lo sviluppo di quelle competenze fondamentali legate agli aspetti morali, alle performance relazionali, che favoriscono il lavoro di gruppo e impattano positivamente sul benessere;
- approfondisce la comprensione della società e dei suoi mutamenti attraverso la riflessione sui fenomeni di salute e malattia che hanno attraversato ogni epoca.
Per capire meglio cosa sono le Medical humanities è utile una comprensione storica dell’espressione, facendo riferimento a quanto accaduto negli Stati Uniti dove, fin dalla fine degli anni ’60, si è sviluppato un movimento teso a compensare l’unilaterale accentuazione del ricorso alle scienze naturali in medicina. Ideatore fu Edmund Pellegrino6, fortemente convinto della necessità di introdurre le Medical humanities nell’insegnamento della medicina, nella consapevolezza che le due forme di sapere, quella scientifica e quella umanistica, non dovessero essere semplicemente giustapposte, ma piuttosto stimolate a riscoprire i legami reciproci. Tra il 1968 e 1978, Pellegrino visitò un’ottantina di istituzioni attraverso il progetto sostenuto economicamente dal “Fondo nazionale per le humanities”, destinato a promuovere un riavvicinamento tra formazione umanistica e formazione tecnologica. Gli sforzi di Pellegrino hanno portato a grandi risultati: nel 1980/81 quasi tutte le facoltà mediche negli Stati Uniti avevano un programma che poteva essere qualificato come valori umani, etica o humanities, in netto contrasto con la situazione dei due decenni precedenti. Il rapporto pubblicato da Pellegrino presentava questo genere di studi come una delle innovazioni di maggior rilievo nella formazione dei medici avvenute nel XX secolo.
Dopo gli Stati Uniti, le Medical humanities sono state introdotte a partire dagli anni ’90 dello scorso secolo in Canada, in Gran Bretagna, nel resto dell’Europa e solo più recentemente in Asia, Africa, Australia, attraverso differenti sfumature, trattandosi di un complesso culturale che necessariamente si adatta al contesto storico-sociale e accademico entro cui viene recepito7.
L’inserimento delle Medical humanities nella formazione del personale sanitario mira, dunque, a restituire alla medicina tutto il suo spessore umanistico e il suo respiro metafisico, in risposta alle sfide caratteristiche del nostro tempo: quella della complessità, quella della specializzazione e del tecnicismo utilitaristico.
In Italia il termine viene introdotto intorno ai primi anni ‘90 e diffuso anche oltre i contesti accademici8, quale accresciuta riflessione rispetto ad una medicina capace di assicurare cure efficaci dal punto di vista biologico, e al tempo stesso attente a tutta la molteplicità dei bisogni umani, secondo i principi di una medicina sobria, rispettosa e giusta, come sostenuto dal movimento internazionale Choosing Wisely e proposto in Italia da Slow Medicine9.
Nel panorama accademico italiano10, nonostante le Medical humanities siano ormai riconosciute come elemento indispensabile all’interno di una formazione medica di qualità11, la loro pratica implementazione nell’alta formazione, con le dovute eccezioni, rimane marginale e comunque affidata all’iniziativa personale di docenti particolarmente sensibili al loro mandato formativo12. Sono numerosi i tentativi di introdurre l’approccio delle Medical humanities nella formazione accademica e nella pratica clinica. In alcune università italiane (Firenze, Insubria, Catanzaro, Roma, Torino, Genova, Piemonte Orientale, Ferrara, ecc.) vengono offerti moduli che introducono le Scienze Umane. Nel 2019 è stata fondata la Società Italiana di Scienze Umane in Medicina13, per iniziativa di un gruppo di docenti attivo nel definire nuove strategie di pedagogia medica aperte al contributo possibile che le scienze umane possono apportare alla complessa formazione del medico del futuro.
Ad arricchire l’offerta formativa non solo accademica, ma aperta a tutti i professionisti della salute, legata al tema delle Medical humanities, sono andati aggiungendosi master di I e II livello (ad esempio, a Milano e Napoli)14, e si sono via via attivati poli di ricerca e applicazione pratica distribuiti in modo uniforme sul territorio italiano. Questi laboratori operano non solo sui giovani studenti in formazione, ma promuovono iniziative di formazione continua, progetti sul campo e azioni di capacity building degli operatori di cura, per sensibilizzarli, attraverso l’approccio delle Medical humanities, verso una maggiore consapevolezza del loro ruolo, della loro identità come persone e della centralità delle relazioni.
Tra questi, sono attivi il Laboratorio di Health Humanities dell’Istituto Superiore di Sanità15, il Centro Studi “Medical Humanities” dell’Università di Bologna istituito nel 201416, il Laboratorio Arte e Medical Humanities dell’Università di Roma La Sapienza17, il Medical Humanities LAB dell’Università di Palermo18, il Centro di ricerca per la Bioetica Clinica e le Medical Humanities dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma19, il Centro Studi Cura e Comunità per le Medical Humanities DAIRI dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria20, quest’ultimo unico caso istituzionalizzato all’interno di una struttura sanitaria. Da segnalare inoltre il CCW-Cultural Welfare Center21, centro di competenza sulla relazione virtuosa tra Cultura e Salute in Italia, che sviluppa un percorso sinergico e integrato a quello delle Medical humanities, registrando un costante aumento di attenzione, con ricerche, pratiche e percorsi di sperimentazione22 che trovano fondamento in numerosi studi23 e la formazione executive intersettoriale con un master.
Le Medical humanities sono centrate su una visione salutogenica, che mette al centro la salute, prima che la malattia, e pertanto non si limitano a quanto la medicina può offrire per la guarigione, ma sono rilevanti rispetto a ogni forma di servizio alla salute: dalla psicoterapia al servizio sociale, dalla promozione alla prevenzione, alla medicina di comunità. Non si rivolgono, quindi, solo ai medici, ma a tutti gli operatori della salute e più in generale alle persone, in quanto favoriscono lo sviluppo del potenziale di ogni individuo attraverso la promozione della salute e le indispensabili relazioni nei percorsi di accompagnamento dei pazienti cronici, anche nel fine vita.
L’approccio Medical humanities integra la prospettiva biomedica allo sguardo oggettivo sulla malattia intesa come disease (ossia la visione organica della malattia) con tutto quel sistema di valori e prospettive propri della persona in cura, con le sue esperienze di illness (esperienza olistica della malattia intesa dalla persona come infermità soggettiva) e sickness (ossia il significato che la società attribuisce ad una malattia e /o ad una persona malata), che permette di arrivare ad una cura personalizzata24. Ma più ampia attenzione è posta alle condizioni socioeconomico-culturali, alle reti sociali e comunitarie, all’ambiente in cui vivono le persone, nell’ottica della tutela e cura della salute come responsabilità collettiva. In una visione sistemica, dunque, le Medical humanities rivolgono il loro impegno verso tutto ciò che ha a che fare, più o meno direttamente, con la salute: il lavoro, l’occupazione, l’istruzione, la cultura, la mobilità, i trasporti, l’alimentazione, l’ambiente, in una prospettiva One-health25 e di Salute in tutte le Politiche26.
Tramite l’approccio multidisciplinare che le caratterizza, le Medical humanities favoriscono la visione salutogenica27, la creazione di contesti salutogenici e orientatI alla promozione della salute: forniscono, infatti, gli strumenti necessari per comprendere il continuum tra salute e malattia in un contesto sociale e culturale sempre più complesso. In questo senso, l’auspicio è quello di una loro implementazione nella pratica clinica nella prospettiva di una formazione sempre più mirata.
Le attività di ricerca e di applicazione nella pratica clinica dell’approccio Medical humanities sono l’occasione per cercare di affrontare il paradosso della medicina del XXI secolo, oggi così potente (si pensi ai progressi della conoscenza tecno-scientifica, delle terapie farmacologiche personalizzate, delle tecniche geniche e riproduttive), ma interessata da un crescente senso di sfiducia, insoddisfazione e cinismo da parte dei pazienti e del pubblico, come dimostrano l’incremento costante del contenzioso, il ricorso alle medicine non convenzionali e all’autoprescrizione anche via internet. Tutto ciò nonostante anche il diritto riconosca il valore della relazione umana, arrivando a definire “il tempo della comunicazione tra medico e paziente come tempo di cura”28. In una visione complessiva, si potrà pensare a una organizzazione capace di promuovere e sviluppare le condizioni per favorire adeguate relazioni tra curanti e persone in cura attraverso la visione integrata delle Medical humanities, nella consapevolezza che esse non vogliono né umanizzare la sanità, né rendere i professionisti della sanità più “umani”, ma avendo chiaro che si propongono di ricondurre la pratica della sanità alle sue finalità originarie: essere medicina per l’uomo, consentendo di unire medici e pazienti in un rapporto di fiducia adulta.
1. Definizione di salute OMS
2. Il modello bio-psico-sociale è una strategia di approccio alla persona, sviluppato da Engel negli anni Ottanta sulla base della concezione multidimensionale della salute descritta nel 1947 dal WHO (World Health Organization). Il modello pone l’individuo malato al centro di un ampio sistema influenzato da molteplici variabili. https://www.regione.toscana.it/documents/10180/604297/3_2009.pdf/8c9307f5-9541-4a5b-b1bc-ec19e3bf4bbb
3. Si definisce empowerment il processo attraverso il quale le persone acquisiscono un maggiore controllo rispetto alle decisioni e alle azioni che riguardano la propria salute https://www.dors.it/alleg/newfocus/def_empowerment.pdf
4. Rita Charon, medico della Columbia University di New York, è stata la prima a definire dal punto di vista teorico i principi della Medicina Narrativa e l’ha introdotta nella pratica clinica, sottolineando come si tratti di “una medicina praticata con la competenza narrativa per riconoscere, assorbire, interpretare ed essere attivati dalle storie di malattia”. (Rita Charon, Medicina narrativa. Onorare le storie dei pazienti, ed. it. a cura di M. Castiglioni, Raffaello Cortina Editore, 2019). In Italia una prima riflessione, oltre alle iniziative costanti di sensibilizzazione proposte dalla Società Italiana di Medicina Narrativa, va ricordato il documento realizzato in occasione della Consensus Conference 2014 dell’Istituto Superiore di Sanità, che così definisce la Medicina Narrativa “in ambito clinico-assistenziale”: “con il termine di medicina narrativa (mutuato dall’inglese narrative medicine) si intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura)”. https://www.medicinanarrativa.network/wp-content/uploads/2021/03/Quaderno_n._7_02_CONSENSUS-CONF-FINALE_compressed.pdf
5. L’espressione Welfare culturale indica un nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute e degli individui e delle comunità, attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale.
6. Per un approfondimento sulla sua figura di Edmund Pellegrino: https://sandrospinsanti.eu/book/edmund-pellegrino-nella-tradizione-del-medico-filosofo/
7. Una puntuale descrizione del percorso è stata realizzata da Guido Giarelli, , in Medicina e Morale, 69, pp. 435-452 (2020).
8. Si segnala in quegli anni l’istituzione dell‘Istituto Giano per le Medical Humanities. Il lavoro è oggi raccolto nel sito https://sandrospinsanti.eu
9. https://www.slowmedicine.it/
12. https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=62950
13. http://www.quaderni-conferenze-medicina.it/sisumed-una-nuova-sfida-per-le-scienze-umane-in-medicina/
14. Informazioni sul master di Napoli disponibili al link
15. https://www.iss.it/health-humanities
17. https://web.uniroma1.it/labartmed/laboratorio-arte-e-medical-humanities
19. https://centridiricerca.unicatt.it/cribcemh
21. https://culturalwelfare.center/statement/
23. https://culturalwelfare.center/3496-2/
24. Nel mondo anglosassone sono stati identificati tre lemmi per definire significati diversi della parola malattia, che nella lingua italiana prevede solo una parola; è possibile considerare paziente il soggetto affetto da disease e persona colei che vive l’esperienza di illness (visione soggettiva) o di sickness (visione della società) https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/Medicina/Cartoni.html
25. Con l’espressione one health si intende una visione basata sul riconoscimento di un legame indissolubile tra la salute umana, la salute animale e la salute dell'ecosistema https://www.iss.it/one-health
26. https://www.dors.it/page.php?idarticolo=2563
27. La salutogenesi descrive come le risorse sociali e individuali, compreso il senso di coerenza, aiutino le persone a gestire lo stress e a riprendersi bene. https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3833
28. L. 22 dicembre 2017 n. 219, norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento; articolo 1, comma 8) https://www.salute.gov.it/portale/dat/homeDat.jsp
Sandro Spinsanti, Fondatore e direttore dell'Istituto Giano per le Medical Humanities e il Management in sanità
Mariateresa Dacquino, Direttore Centro Studi Cura e Comunità per le Medical Humanities DAIRI AOAL
Antonio Maconi, Direttore DAIRI AOAL
Catterina Seia, co-founder e Presidente CCW-Cultural Welfare Center, socio fondatore e Vice Presidente Fondazione Fitzcarraldo
Annalisa Cicerchia, primo ricercatore ISTAT, co-founder e Vice Presidente CCW-Cultural Welfare Center