idraulica marittima Banca dell’idraulica che si occupa della meccanica del moto ondoso, tra cui le trasformazioni delle onde dal largo verso riva, delle correnti marine e dei fenomeni ad essi collegati, quali i processi di diffusione di liquidi, il trasporto solido costiero, l’erosione, i princìpi teorici alla base della progettazione delle opere marittime. Essa si occupa anche dei processi idrodinamici di interfaccia tra mari ed estuari o delta, delle lagune e dei laghi.
Storicamente, con gli insediamenti in prossimità dei mari, notoriamente fonti di scambi commerciali e di ricchezza, l’uomo ha sempre dovuto proteggersi dalle mareggiate e inondazioni, come evidenziato dalla storia delle civiltà mediorientali. Tali avversità venivano affrontate in molti modi ingegnosi. Una soluzione comune era quella di costruire aree a quote più elevate rispetto al livello medio del mare presso cui potersi rifugiare in caso di inondazioni. Le prime informazioni storiche in tal senso risalgono a Plinio nel 47 d.C. Per quanto la costruzione di tali aree di sicurezza sia stata di rilievo nel campo dell’ingegneria costiera, i primi contributi scientifici sull’idraulica marittima, con particolare riguardo alla meccanica delle onde, sono relativamente recenti, risalendo a circa un secolo e mezzo fa, con la teoria delle onde lineari di Airy nel 1845, le teorie di ordine superiore di Stokes nel 1847, le teorie delle onde lunghe di Boussinesq nel 1872, di Michell nel 1893, di McCowan nel 1894 e, successivamente, altre ancora.
Dopo mezzo secolo di sviluppi pionieristici, la ricerca proseguì più lentamente, fino a quando gli sbarchi dei mezzi anfibi delle truppe alleate in Normandia durante la Seconda guerra mondiale diedero un impulso per la necessità di una migliore comprensione del processo di formazione e crescita delle onde da vento, dei meccanismi di trasformazione delle onde dall’area di origine fino alla zona di shoaling e al frangimento in prossimità della riva. Inoltre, il tentativo, in gran parte fallito, di utilizzare frangiflutti mobili e galleggianti durante lo sbarco in Normandia stimolò l’interesse per l’interazione delle onde con corpi fissi e galleggianti.
Dopo la Seconda guerra mondiale, l’attività di ricerca dell’idraulica marittima conobbe una crescita esplosiva per effetto delle attività scientifiche, industriali e militari ad essa connessa. Dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, le perforazioni al largo per l’estrazione delle risorse petrolifere aumentarono notevolmente, passando da aree marine con profondità di circa 10 m a quelle con profondità di oltre 300 m, richiamando investimenti crescenti per la progettazione di piattaforme offshore sempre più costose e in grado di resistere ad altezze d’onda più alte. Tutto ciò portò ad un incremento delle risorse finanziarie dedicate agli studi innovativi sulla meccanica del moto ondoso. Nel corso degli anni gli studi sperimentali di laboratorio, le misure di campo e lo sviluppo dei codici numerici hanno permesso di fornire delle basi teoriche migliori per la descrizione dei processi complessi e non lineari alla base dell’idraulica marittima e, conseguentemente, di migliorare le tecniche progettuali delle opere marittime. Un ulteriore e sostanziale impulso alla ricerca nel campo dell’idraulica marittima è stato rivolto ai processi di erosione costiera, che, negli anni Cinquanta e Sessanta erano ancora ben poco conosciuti.
Michele Mossa