SERENI, Enzo. –
Penultimo di cinque figli, nacque a Roma il 17 aprile 1905 da Samuele e da Alfonsa Pontecorvo.
Il nonno Mosè Rubino era stato rabbino a Roma. Il padre, medico e poi professore di istologia all’Università di Roma, fu a lungo medico della Real Casa, con ambulatorio al Quirinale.
Nel 1914 Sereni entrò al ginnasio Visconti, per trasferirsi poi al liceo Mamiani, dove ebbe compagno Guido Calogero e fu amico di Paolo Milano ed Enzo Tagliacozzo. Sempre al liceo conobbe Ada Ascarelli destinata a diventare la compagna della sua vita. Si iscrisse all’Università nel 1922 – anno della marcia su Roma –, al corso di laurea in filosofia. Nella Roma del primo dopoguerra, dal ritorno di Giovanni Giolitti all’assassinio di Giacomo Matteotti, fu protagonista di quello «strano fermento d’interessi politici, religiosi e culturali» nel quale «spiccavano per un verso Buonaiuti e, per altro verso, il sionismo» (Treves, 2006, pp. 141 s.). La lezione del sacerdote scomunicato che insegnava storia del cristianesimo esercitò una profonda influenza su molti giovani ebrei coetanei di Sereni (tra gli altri Max Ascoli, Alberto Pincherle, Tullio Levi-Civita, Eugenio Artom, Antonello Gerbi). L’argomento della tesi (il libro biblico di Tobia) fu però scelto su suggerimento di Giorgio Levi Della Vida. L’ambiente universitario permise a Sereni di allontanarsi dal dannunzianesimo adolescenziale e inserirsi nel solco primonovecentesco del modernismo (si pensi a riviste quali Bilychnis, Conscientia o Ricerche religiose, diretta da Ernesto Buonaiuti, in cui pubblicò un capitolo della tesi discussa a soli vent’anni nel 1925).
Non sarebbe stata possibile l’adesione al sionismo di Sereni senza l’effetto di due legami: uno interno alla famiglia (l’avvocato Angelo Sereni, fratello del padre di Enzo, era stato nell’anteguerra un pioniere del sionismo italiano); l’altro, esterno alla cerchia familiare, riguarda invece Moshe Beilinson, uno studente russo che aveva partecipato alle rivoluzioni del 1905 e 1917 poi al sionismo socialista, le cui tesi fece conoscere in Italia grazie alla sua collaborazione con Umberto Zanotti-Bianco. A Roma Sereni, studente universitario, divenne grazie a Beilinson attivo esponente del movimento giovanile Avodà (in ebraico «Lavoro»).
La scelta di emigrare e di compiere la aliah (salita) verso Eretz Israel (Terra d’Israele) è del 1926, con scandalo delle rispettive famiglie: Ada, infatti, era rimasta incinta e la figlia Hannah nacque nel luglio di quell’anno. Il 17 febbraio 1927 Enzo e Ada giunsero a Tel Aviv e si stabilirono a Rehovot, un piccolo villaggio abitato per lo più da pionieri russi. Sereni fu molto vicino ai movimenti sindacali dello Yishuv, l’insediamento ebraico in terra d’Israele prima della costituzione dello Stato avvenuta nel 1948. Assunse incarichi sempre più impegnativi, ma non dimenticò il legame con l’Italia.
Intensa fu la sua collaborazione al periodico Israel, stretto il dialogo spesso contrastato con il fratello Emilio, di due anni più giovane, che dopo essersi laureato in agraria era entrato nel Partito comunista italiano (PCI) e presto fu costretto a fuggire dall’Italia. Un terzo fratello, Enrico, distintosi nel mondo scientifico per i suoi studi, morì prematuramente nel 1937.
Nella seconda metà degli anni Venti Sereni fu vicino al partito marxista Poalei Zion Smol e ad altre organizzazioni operaie arabo-ebraiche: operò per lo sviluppo delle comunità agricole collettivistiche e fu tra i fondatori del kibbutz di Ghivat Brenner (1930).
Negli anni Trenta gli incarichi che gli vennero affidati furono soprattutto di carattere politico-diplomatico: si recò più volte in Germania per avvicinare i movimenti giovanili ebraici, partecipò ai congressi sionistici di Basilea ed entrò in contatto con il filosofo Martin Buber e con il futuro primo presidente dello Stato d’Israele, Chaim Weizmann. I lunghi soggiorni a Berlino gli consentirono di comprendere la gravità della situazione venutasi a creare con l’ascesa del nazionalsocialismo. Nel 1936 si recò negli Stati Uniti dove, per la sua prima missione che si svolse in gennaio, fu incaricato di raccogliere fondi e di promuovere incontri con i movimenti giovanili per favorire l’emigrazione e dare al sionismo lo slancio ideale che sembrava essersi indebolito. Ebbe contatti stretti con gli oppositori politici italiani emigrati in America e con sindacalisti e uomini politici.
In questo periodo di frenetica attività Sereni non trascurò gli studi. Continuò a collaborare con la stampa ebraica italiana e intensificò la sua produzione saggistica.
Curò, insieme con R.E. Ashery, l’antologia Jews and Arabs in Palestine: studies in a national and colonial problem (New York 1936), ma l’interesse più rilevante fu indirizzato alla storia d’Italia: le sue pagine sul Risorgimento e l’emancipazione, l’età giolittiana e le origini del fascismo uscirono postume in un volume in lingua ebraica (Tel Aviv 1951; trad. it. Le origini del fascismo, a cura di Y. Viterbo, con introduzione di M.G. Meriggi e postfazione di D. Bidussa, Scandicci 1998; poi Le origini del fascismo italiano, a cura di D. Bidussa, Roma 2015).
Altre missioni portò a termine a Londra e a Parigi, dove ritrovò il cugino Eugenio Colorni, che fu poi arrestato al suo ritorno in Italia. La promulgazione delle leggi razziali intensificò le partenze, molti giovani furono accolti a Ghivat Brenner. In questo periodo Sereni si occupò principalmente di problemi educativi: impartiva lezioni sul socialismo, organizzava incontri di studio sulla Bibbia, lezioni di ebraico. Era ormai diventato la massima autorità per le questioni italiane: la sua figura compare in molta memorialistica del tempo, anche in forma di trasposizione letteraria (cfr. G. Voghera, Quaderno d’Israele, con prefazione di C. Magris, Milano 1967).
Nel 1940 la sua attività all’estero riprese con intensità: fu dapprima a Roma poi a Parigi, infine nei Paesi Bassi per confrontarsi con i movimenti giovanili, promuovere l’emigrazione, incontrare autorità e uomini politici. La sua brillante capacità intellettuale fu notata da Moshe Sharet, che dirigeva l’arruolamento dei volontari nell’esercito britannico e così Sereni fu proposto per i servizi di intelligence. Munito di un passaporto falso fornitogli dai servizi di spionaggio lasciò il kibbutz per l’Egitto, in qualità di esperto di «informazioni sull’Italia», e collaborò per qualche tempo a Radio Cairo. Nell’aprile del 1942 si spostò a Baghdad con analoghi incarichi.
La guerra intanto faceva il suo corso e il 25 luglio venne la caduta del fascismo. Il desiderio di contribuire alla libertà dell’Italia si fece pressante, il legame con i servizi segreti britannici più stretto: nel febbraio del 1944 ricevette l’incarico di ritornare al Cairo con lo scopo di addestrare i paracadutisti impegnati nell’ultima fase di preparazione prima di partire per l’Italia ancora occupata dai tedeschi. Sereni si unì a loro, mosso dalla volontà di dare un suo contributo alla lotta contro il nazifascismo. Giunse a Bari l’11 marzo, il 15 maggio fu fissato un lancio al Nord, oltre le linee nemiche, non lontano da Firenze. Perse il contatto con i compagni di missione e, per via di un delatore, cadde nelle mani nemiche: la sua missione era terminata prima di iniziare.
Interrogato e torturato, fu trasferito dapprima a Verona, poi nel campo di Gries (Bolzano) e di lì deportato a Dachau, dove morì il 18 novembre 1944.
Fonti e Bibl.: Gerusalemme, The Central Archives for the history of the Jewish people, Fondo Enzo Sereni; Archivio Kibbutz Ghivat Brenner, Fondo Enzo Sereni; Tel Aviv, Archivio Haganah, cartelle 14/488 e 1419; Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondo Angelo Tasca, Corrispondenza, f. Enzo Sereni.
E. Sereni, Vita e brani scelti, a cura di M. Savaldi, Milano 1947; D. Carpi - A. Milano - U. Nahon, Scritti in memoria di E. S., Milano-Gerusalemme 1970; R. Bondy, Hashaliah: hayav vemoto shel E. S., Tel. Aviv 1973 (trad. it. E. S. L’emissario, Aosta 2012); C. Sereni, Il gioco dei regni, Firenze 1993; Enzo Sereni - Emilio Sereni, Politica e utopia. Lettere (1926-1943), a cura di D. Bidussa - M.G. Meriggi, Firenze 2000; P. Treves, Profilo di Antonello Gerbi, in Id., Scritti novecenteschi, a cura di A. Cavaglion - A. Gerbi, Napoli-Bologna 2006, pp. 141 ss.