ENRICO
Secondogenito di Roberto, conte di Lucera, e di Gaitelgrima, figlia di Guaimario IV principe di Salerno, appare ricordato per la prima volta come conte di Monte Sant'Angelo (Foggia) nel novembre del 1081.
Secondo il Petrucci (Note di diplomatica…, p. 135 n. 1), "non è del tutto improbabile" che il padre di E. possa identificarsi "col conte [Roberto] di Devia (Sannicandro Garganico) noto nel 1054 e nel 1081". Il Fuiano, invece, ritiene trattarsi di Roberto Drengot, figlio di Asclettino e fratello di Riccardo di Aversa, tesi questa confermata recentemente dallo Jahn.
La madre di E. era figlia di Guaimario IV principe di Salerno. Infatti, in una carta del 1098 E. definisce il proprio zio Giovanni "de Curte": "filius bone memorie Guaimarii principis Salernitani, avi mei". Che ella sia da identificarsi con Gaitelgrima, sposata in prime nozze con il conte Drogone di Altavilla, in seconde nozze con Roberto, conte di Lucera, e in terze nozze con un conte di nome Alfredo, risulta da una carta del gennaio del 1086, ove si dice: "coram praesentia dominae Gaytelgrimae, comitissae et filiae bonae recordationis domini Guaimarii serenissimi principis et ducis … pro redemptione animae supradicti Guaimarii et animarum domini Drogonis et domini Roberti et domini Alfredi comitum, qui fuerunt viri sui" (cf. Jahn, p. 439).
Dal matrimonio di Roberto, conte di Lucera, e Gaitelgrima nacquero, oltre ad E., tre figli: Riccardo, Guglielmo, Gaita. Riccardo è ricordato come conte di Monte Sant'Angelo nel 1072 e negli anni intorno al 1077. Egli deve essere deceduto prima del marzo 1083. Gaita si sposò con Raone di Devia.
La prima attestazione di E. come conte di Monte Sant'Angelo risale al novembre 1081. L'ipotesi che il conte Enrico, menzionato da Guglielmo di Puglia tra i feudatari ribelli al dominio del duca Roberto il Guiscardo verso il 1079-80 (Gesta Roberti Wiscardi, a cura di M. Mathieu, Palermo 1961, III, v. 522), sia da identificare con E. è poco convincente. È però probabile che i rapporti tra E. e Roberto il Guiscardo non siano stati eccellenti, tanto che si è potuto sostenere che E. avesse partecipato alla rivolta dei conti pugliesi, insorti nel 1082, cioè quando il Guiscardo stava per iniziare la sua spedizione contro Costantinopoli (Chalandon, I, pp. 252, 273). Questa rivolta, capeggiata da Goffredo, conte di Conversano, era stata appoggiata dall'imperatore bizantino Alessio Cornneno e fu soffocata dal Guiscardo tra il 1082 e il 1083. Sembra però che E. fosse riuscito a mantenere una certa indipendenza rispetto al potere ducale essendo indicati nelle formule di datazione dei documenti emanati da E. tra il marzo 1083 e il giugno 1086 gli anni dell'era dell'imperatore bizantino.
E. sposò Adelicia, figlia di Ruggero I, conte di Sicilia, la quale appare citata come sua moglie per la prima volta nel 1086, e deve essere morta prima del 1096. Nel giugno 1087 E. è attestato al seguito di Ruggero Borsa, duca di Puglia, e sembra che egli, almeno per alcuni anni, sia rimasto in buoni rapporti con lui: nel 1088 infatti era presente alla donazione fatta da Ruggero Borsa all'abbazia della Ss. Trinità di Venosa. Nel 1089 E. stesso fece una donazione a favore della medesima abbazia, particolarmente vicina agli Altavilla.
L'indicazione degli anni dell'imperatore bizantino nei documenti rilasciati da E. sin dal iogi è stata ritenuta valido indizio di una politica indipendente intrapresa da E. nei confronti del duca, dimostratosi troppo debole. Inoltre, l'assenza degli anni dell'imperatore bizantino dalle formule di datazione dei documenti posteriori al 1096 emanati da E. ha confortato l'ipotesi secondo cui "nel periodo della sua massima potenza Enrico considerava con fastidio anche la simbolica tutela del lontano monarca bizantino" (Petrucci, 1960, p. 137 n. 5).
Il dominio di E. si estendeva "negli ultimi anni dell'XI secolo da Lucera a Fiorentino, a Vaccarizza, a Siponto, per risalire lungo la costa del Gargano da Vieste, a Rodi, a Cagnano e per scendere infine nell'interno del Promontorio a S. Nicandro e ricongiungersi in Rignano alla Capitanata" (ibid., p. 139). E. fece cospicue donazioni alle abbazie benedettine del Mezzogiorno: a Montecassino, a Cava dei Tirreni, alla Ss. Trinità di Venosa, a S. Sofia di Benevento, a S. Giovanni in Lamis. Nel novembre 1098 E. concedette a suo zio Giovanni, "dictus abbas de Curte", un terreno fuori della città di Monte Sant'Angelo perché vi costruisse un ospizio per i pellegrini diretti al santuario sul Gargano. Nel gennaio del 1100 l'erezione dell'ospizio fu approvata dal papa Pasquale II; nell'aprile del moi l'ospizio risulta già "sub regimine monasterii Moritis Casini" (Italia pontificia…, IX, a cura di W. Holtzmann, Berolini 1962, pp. 247 s.).
Il maggior feudatario di E. era il fratello minore Guglielmo, che compare nei documenti al fianco di E. con il titolo di "dominus", cioè in una posizione subordinata rispetto al "comes" (Petrucci, 1960, p. 138). Dopo la morte di E., avvenuta dopo l'aprile moi e prima dell'agosto 1103, Guglielmo gli succedette nella dignità di conte di Monte Sant'Angelo: sembra tuttavia che dopo poco tempo il duca Ruggero Borsa, il quale assediò ed espugnò nell'ottobre 1104 Monte Sant'Angelo, avesse abolito la contea.
E. è ricordato nell'elenco dei benefattori dell'abbazia della Ss. Trinità di Venosa. Nel necrologio di Montecassino (cfr. Petrucci, 1960) è registrato al giorno 21 dicembre.
Fonti e Bibl.: Un elenco di docc. relativi a E. forniscono A. Petrucci, Note di diplomatica normanna, II, E. di Montesantangelo ed i suoi documenti, in Bull. d. Ist. stor. ital. per il Medio Evo, LXXII (1960), pp. 135-180, particolarmente pp. 146-152 (regesti); W. Jahn, Untersuchungen zur normannischen Herrschafisbildung in Süditalien (1040-1100), Phil. Diss., München 1988, pp. 382-384 (regesti). Cfr. inoltre: G. Crudo, La Ss. Trinità di Venosa. Memorie storiche diplomatiche archeologiche, Trani 1899, pp. 135, 146, 178, 187; F. Carabellese, L'Apulia ed il suo Comune nell'Alto Medio Evo, Bari 1905, p. 279 n. 1; Codice diplomatico normanno di Aversa, I, a cura di A. Gallo, Napoli 1927, n. 12, pp. 18 s.; Codice diplomatico del monastero benedettino di S. Maria di Tremiti, a cura di A. Petrucci, II, Roma 1960, in Fonti per la storia d'Italia, XCVIII, 2, pp. 159-163, 252; L. R. Ménager, Recueil des actes des ducs normands d'Italie (1046-1127), I, Les premiers ducs (1046-1087), Bari 1981, n. 61, p. 219.
F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris 1907, I, pp. 252 s., 273, 308, 311, 350; T. Leccisotti, Le colonie cassinesi in Capitanata, II, Il Gargano, Montecassino 1938, pp. 10-14; P. F. Palumbo, Contributi alla storia dell'età di Manfredi, Roma 1959, pp. 26-30; M. Fuiano, Città e borghi in Puglia nel Medioevo I, Capitanata, Napoli 1972, pp. 81 s., 83 ss.; H. Dormeier, Montecassino und die Laien im 11. und 12. Jahrhundert, Stuttgart 1979, pp. 44, 46, 61 s., 116, 147; G. Vitolo, Insediamenti cavensi in Puglia, in L'esperienza benedettina e la Puglia, a cura di C. D. Fonseca, II, Galatina 1984, pp. 9-13, 15, 50, 52 ss., 59, 73 ss., 80; H. Houben, Il "Libro del capitolo" del monastero della Ss. Trinità di Venosa (Cod. Cas. 334): una testimonianza del Mezzogiorno normanno, Galatina 1984, pp. 34 s., 137 ss., 141, 147, 152, 157, W. Jahn, cit., pp. 369-381.