ENRICO VII re d'Inghilterra
Discendeva per parte di padre, Edmondo Tudor, conte di Richmond, dagli antichi re gallesi, e per parte di madre, Margherita Beaufort, da Giovanni di Gaunt ed Edoardo III; nacque il 28 gennaio 1457. Fu educato da suo zio, Jasper Tudor, conte di Pembroke, capo del partito Lancasteriano nel Galles, e ricevette, nonostante tutte le difficoltà politiche, un'educazione molto accurata. Lord William Herbert, capo del partito yorkista, lo fece prigioniero nel 1468 a Harlech; ma quando Edoardo IV fuggì dall'Inghilterra nel 1470, Jasper liberò E., conducendolo poi in Bretagna al ritorno d'Edoardo in Inghilterra, nel 1471. La fine violenta di Enrico VI e di suo figlio Edoardo, fece di E. il capo della casa di Lancaster; e, quando i figli di Edoardo IV furono assassinati da Riccardo III nel 1483, E. divenne l'unico serio rivale dell'usurpatore. Fu progettata una rivolta nel 1483; ma Riccardo impedì ad E. di sbarcare, schiacciò i ribelli e con trattative diplomatiche scacciò dalla Bretagna Enrico, che si rifugiò in Francia. Ma nell'agosto 1485, sostenuto da Carlo VII di Francia e da numerosi esiliati inglesi, E. sbarcò a Milford Haven: a lui si unirono molti Gallesi e parecchi nobili inglesi, e il 22 agosto egli sconfisse e uccise Riccardo a Bosworth (Leicestershire). Fu incoronato re il 30 ottobre; il 18 gennaio 1486 sposò la pretendente al trono Elisabetta, figlia ed erede di Edoardo IV.
Dopo trent'anni di guerra, l'Inghilterra agognava a un govemo fermo, ed E., che non si era mai considerato capo d'una fazione, ma desiderava di governare una nazione unita, era l'uomo indicato per un tale compito. Freddo, calcolatore e riservato era irremovibile e risoluto, quanto prudente e accorto. Saggio uomo di stato ed abile diplomatico, egli si scelse subalterni capaci, mantenendoli sotto il suo diretto controllo. La sua parsimonia salvò dal fallimento la monarchia; i suoi istinti d'uomo d'affari favorirono nel suo primo sviluppo il commercio della giovane nazione, così come il suo interesse per gli studî favorì lo sviluppo della cultura del Rinascimento nell'Inghilterra. Ridusse le funzioni del parlamento, di cui d'altronde godeva la fiducia, alla legislazione e alle finȧnze; e ne ottenne rendite a vita, generosi sussidî speciali e l'approvazione per tutte le leggi che proponeva: ma badava a non provocarne l'opposizione con l'offenderlo nei suoi privilegi. Convocando il parlamento il meno possibile, E. governava per mezzo del suo consiglio privato, da lui costituito di amministratori professionali: prelati, avvocati e ministri della corona, escludendone i nobili potenti, che impostisi prepotentemente in consiglio nei regni precedenti, avevano rovinato l'amministrazione con le loro discordie personali. Il cardinale Morton, il vescovo Fox, Edmondo Dudley e Riccardo Empson, i quali lo coadiuvarono nell'accumulare un tesoro senza precedenti, furono i consiglieri tipici di Enrico.
Il primo compito di E. fu quello di por fine al disordine. I magnati, le cui discordie erano la causa principale dei torbidi, si erano quasi distrutti fra di loro nelle guerre civili, ma costituivano ancora una minaccia, specialmente a causa dei diffusi rapporti di clientela (livery and maintenance), che, rendendo loro ligi molti nobili minori, li costringeva a intervenire nei giudizî a favore di questi ultimi, il che i magnati facevano intimidendo i giudici e i giurì e impedendo la punizione delle violenze. Contro questi disturbatori della quiete pubblica E. si servì del consiglio privato, il quale aveva acquistato speciale giurisdizione nei casi di simil genere durante il sec. XV, per quanto saltuaria e poco efficace fosse stata la sua azione. Con atto del 1487, sette consiglieri privati (e vi erano inclusi cinque funzionarî della corona) furono autorizzati a giudicare specifiche forme di offesa all'ordine pubblico; essi dovevano citare i testimoni e gli accusati con un mandato of privy seal, interrogarli e pronunciare la sentenza senza ricorrere a un giurì. Questa potente corte privilegiata, che fu la fonte da cui scaturì più tardi la Court of Star Chamber, rese pronta giustizia, libera com'era da intimidazioni e capace di costringere alle sue sentenze i più potenti signori.
Abbattendo così l'antica nobiltà per mezzo di corti privilegiate derivate dal Consiglio del re, E. diede inizio al dispotismo dei Tudor. Questa politica fu giustificata da numerose congiure e rivolte contro di lui. Nel 1486 fu repressa la congiura di lord Lovell, nel 1487 Lambert Simnel, che si faceva passare per Edoardo, conte di Warwick, imprigionato da E. nella Torre di Londra, invase l'Inghilterra con l'aiuto dei nobili irlandesi, che appartenevano alla fazione di York e della sorella di Edoardo IV, Margherita, duchessa vedova di Borgogna; ma E. sconfisse e fece prigioniero Simnel a Stoke-upont-Trent (16 giugno).
Ma i partigiani della casa di York cominciarono a concentrarsi attorno a un nuovo pretendente, Perkin Warbeck, il quale, facendosi passare per il figlio assassinato di Edoardo IV, Riccardo, si rifugiò alla corte di Borgogna. E. per impedire che gl'Irlandesi si schierassero a favore del nuovo pretendente, mandò in Irlanda in qualità di suo rappresentante Edmondo Poynings, il quale represse il malcontento e con un atto del 1494 subordinò tutto il governo e la legislazione irlandese al consiglio privato inglese. E così, quando Warbeck apparve in Irlanda nel 1495, non vi trovò appoggio e dovette recarsi invece in Scozia, dove fu ben accolto da Giacomo IV. Ma un'invasione degli Scozzesi nel 1496 fallì e nell'anno seguente le pressioni diplomatiche di E. costrinsero Warbeck a lasciare la Scozia. Avendo sentito che la riscossione dei sussidî votati dal parlamento per la difesa del paese contro la Scozia aveva dato luogo a una rivolta nella Cornovaglia, Warbeck si diresse là; ma E. aveva sconfitto i ribelli a Blakheath, presso Londra, e Warbeck stesso fu presto isolato e costretto ad arrendersi. Rinchiuso nella Torre, continuò a concentrare in sé le speranze degli yorkisti, finché fu giustiziato, con il conte di Warwick, nel 1499.
Dal 1488 al 1491 E. fu occupato nell'impedire che Carlo VIII di Francia s'impossessasse della Bretagna; fallite le pressioni diplomatiche, E. mandò truppe per difendere la Bretagna dalle truppe francesi, che avevano incominciato a invadere il ducato, e benché non volesse dichiarare la guerra alla Francia, si unì in coalizione con la Spagna e con l'imperatore. Pur essendo i suoi piani rovesciati dal matrimonio di Carlo VIII con la duchessa di Bretagna, Anna, E. assediò Boulogne (ottobre 1492); ma, prima di iniziare la lotta, concluse la pace con Carlo (trattato di Etaples, 3 novembre), in cui Carlo virtualmente comprava la neutralità di E.
Negli anni seguenti la politica estera di E. fu dominata dalla preoccupazione di togliere ai suoi rivali al trono inglese ogni aiuto possibile; perciò, benché si fosse unito nel 1496 alla Lega contro la Francia, egli non attaccò Carlo VIII, ma ricorse all'influenza diplomatica dei suoi alleati, la Spagna, l'imperatore e il papa, unicamente per costringere Giacomo IV di Scozia ad allontanare Warbeck, e, nel 1499, ad accettare una pace durevole. I matrimonî furono il mezzo per assicurarsi queste alleanze: Giacomo IV sposò la figlia maggiore di E., Margherita, nel 1503; nel 1501, dopo negoziati prolungati, il figlio maggiore di E., Arturo, sposò Caterina d'Aragona, figlia di Ferdinando e d'Isabella di Spagna e, quando Arturo morì nel 1502, dopo alcune dispute sulla dote di Caterina, essa fu fidanzata al fratello di Arturo, Enrico, il futuro Enrico VIII. Lo stesso E., rimasto vedovo nel 1503, pensò di sposare la sorella maggiore di Caterina, Giovanna di Castiglia, benché Giovanna non fosse sana di mente; e quando questo progetto fallì, pensò alla nipote di Ferdinando, la regina vedova di Napoli. Nel 1508 il matrimonio della figlia di E., Maria, con Carlo, figlio di Giovanna di Castiglia e dell'arciduca Filippo il Bello d'Austria, completò i piani di E., benché Maria fosse ancora una bambina e il matrimonio fosse celebrato da parte di Carlo per procura. Tuttavia questi matrimoni finivano col condurre E. sotto l'influenza di Ferdinando il Cattolico, quantunque egli non avesse mai permesso a Ferdinando di sfruttare la situazione. Alla fine del regno di E., vi erano però segni evidenti d'una rottura fra di loro. Egli morì il 21 aprile 1509.
Bibl.: H. A. L. Fischer, in The Political History of England (ed. da W. Hunt e R. L. Poole), V, Londra 1906; A. D. Innes, England under the Tudors, ed. da C. Oman, Londra 1905; The Cambridge Modern History, I, cap.. XIV, Cambridge 1907; J. Gairdner, Henry VII ("Twelve English Statesmen" Series), Londra 1889; A. F. Pollard, The Reign of Henry VII from Contemporary Sources, Londra 1914; G. Temperley, Henry VII, Londra 1917; C. H. Williams, England under the Early Tudors, Londra 1925; J. R. Tanner, Tudor Constitutional Documents, Cambridge 1922.