Enrico VI Imperatore
Il secondo vento di Soave, come lo ricorda D. (Pd III 119), nacque nel novembre 1165 da Federico I di Hohenstaufen, imperatore, e da Beatrice dell'Alta Borgogna. Associato al regno del padre nel 1169, non ottenne, questi vivente, l'incoronazione a imperatore, ma col matrimonio (Milano, 27 gennaio 1186) con Costanza d'Altavilla mise le basi per l'estensione del dominio imperiale nell'Italia meridionale. Per la morte quasi contemporanea di Guglielmo II il Buono, nipote di sua moglie (18 novembre 1189) e del padre partito per la III crociata (10 giugno 1190), E. si trovò a dover fronteggiare in Germania una rivolta di feudatari e in Italia un rifiuto al riconoscimento dei suoi diritti di successione con conseguente elezione, da parte dei nobili normanni, di Tancredi conte di Lecce a re di Sicilia. Sedata la rivolta in Germania, obbligato il papa Celestino III a incoronarlo in Roma (aprile 1191), annullata la resistenza di Tancredi per la morte di quest'ultimo (1194), e la cattura del re inglese Riccardo Cuor di Leone, suo alleato, discese in Italia nel 1194 per cingere trionfalmente in Palermo la corona del regno di Sicilia: in quei giorni gli nasceva a Iesi il figlio Federico. Era il conseguimento di una potenza quale nemmeno il Barbarossa aveva raggiunto, sì che per mantenerla E. impose una severa repressione delle persistenti velleità ribelli dei feudatari normanni, cui sottrasse buona parte del potere politico, mentre in Germania tentò invano di far accettare ai principi tedeschi il principio ereditario al fine di assicurare al figlio la successione imperiale. Né miglior esito ebbero le trattative con Celestino III cui prometteva, in cambio della liquidazione della questione matildina e dell'incoronazione di Federico, una rendita per la curia romana ricavata dalla tassazione di tutte le chiese arcivescovili e delle più importanti diocesi dell'Impero. Nel Natale del 1196, rinunziando all'idea della successione ereditaria, riuscì a far incoronare il figlio re di Germania. Tornato in Sicilia nel 1197, domò una rivolta cui si volle non fosse aliena la simpatia della stessa imperatrice, ma avviata appena una spedizione di crociati, moriva il 28 settembre 1197, a soli trentadue anni.
Nell'unico ricordo di E. presente in D., acquista rilievo, per la menzione che del marito di Costanza fa Piccarda Donati, il carattere unitario della politica degli svevi che direttamente operano in Italia, dacché propriamente E. non è il secondo imperatore della casa sveva, ma il terzo, dopo Corrado III e Federico I. È un ricordo che tuttavia non consente in alcun modo di valutare l'atteggiamento di D. verso E., potenza impetuosa e rapida, vento (per l'interpretazione, v. oltre) cui tanto più poeticamente e femminilmente fa contrasto la figura della moglie che di quel vento e di quel marito tace, fissata nella memoria di tutti, per le parole di Piccarda, come madre dell'ultima possanza.
L'identificazione del secondo vento di Soave con E. è certissima sul fondamento di un raffronto con Cv IV III 6; infatti al passo citato D. mostra d'identificare consapevolmente con Federico II l'ultimo imperatore di cui si potesse dire che era una possanza: Federigo di Soave, ultimo imperadore de li Romani... per rispetto al tempo presente. L'identificazione con E., comunque, era già presente all'Ottimo (" Alcuni dicano ch'elli dice di Gostanza, figliuola dello re Guglielmo " [ sic ! ma anche in altri, per i quali v. Costanza]) e fu giustamente accolta da tutti i commentatori successivi: nonostante che alcuni dei più antichi (il Lana, Landino e l'Ottimo stesso) al nome di Costanza attribuissero l'identità di una ‛ Gostanza ' di Baviera che sarebbe stata data in moglie a Corrado IV dal quale avrebbe avuto Corradino, ultima possanza della casa sveva; questa notizia si ritrova in G. Villani VII 29: " E così in Corradino finì il legnaggio della casa di Soave ". Questa tesi tuttavia non può sussistere in quanto Corrado IV aveva sposato non Costanza, ma Elisabetta figlia di Ottone II di Baviera. L'efficace condensazione delle caratteristiche della politica di E. nelle parole di Piccarda ha, del resto, un valore di connotazione solo per il figlio del Barbarossa, comunque si voglia risolvere la questione del significato di vento (" Vanagloria del mondo ", di breve durata, e quindi con valore di sostantivo con funzione appositiva) presso la maggior parte dei commentatori antichi (Pietro, Benvenuto, Landino, Vellutello, Daniello) e dei più recenti: forse per la presunzione di un ricordo biblico ( Job 7, 7 " ventus est vita mea ") e per più di un'indiretta conferma in D. stesso (ad es. Pd V 74 non siate come penna ad ogne vento); oppure come contrazione di ‛ venuto ', sul tipo di contento per " contenuto " (cfr. If II 77) nel senso di ‛ proveniente da ' (Torraca e altri); ovvero ‛ rampollato ', ‛ generato ' (H.D. Austin, D. Notes: XII, in " Modern Language Notes " XLV 4 [1930] 234-239), senza peraltro escludere che in D. tale significato potesse combinarsi con quello di " forza veloce e violenta ", conservando un valore che era già in Brunetto Latini (Tresor I XIII).
Bibl. - L'opera monografica più completa, anche se ovviamente invecchiata, è quella di T. Toeche, Kaiser Heinrich VI, Lipsia 1867 (rist. anast. Darmstadt 1965); importante sulla sua figura in generale e sulla sua politica J. Haller, Heinrich VI und die römische Kurie..., rist. anast. ibid 1962. Per il ricordo nella Commedia si veda F. Torraca, La storia nella D.C. e Il regno di Sicilia nelle opere di D., in Studi danteschi, Napoli 1912; F. Schneider, D. und die Staufer, in " Arch. Stor. Pugliese " XIII (1960) 97-113; H. Löwe, D. und die Staufer, in Speculum historiale, Monaco , 1965; F. Giunta, D. e i sovrani di Sicilia, in " Boll. Centro Studi Filologici Linguistici Siciliani " X (1966) 5-21.