TRIDONDANI, Enrico
– Nacque a Suna (ora comune di Verbania) il 31 gennaio 1868 da Giuseppe e da Maria Rossi.
Intraprese il corso di studi medico-chirurgico presso l’Università di Pavia, frequentando inizialmente la clinica medica propedeutica di Bernardino Silva (1855-1905), e si laureò in quella università nel 1892. Pubblicò il suo primo lavoro scientifico nell’ambito delle attività della clinica: Le inalazioni di ossigeno nelle malattie del ricambio materiale. Osservazioni critico sperimentali (Pavia 1893), oggetto il 28 maggio 1892 di una comunicazione alla Società medico-chirurgica di Pavia. Al termine di quello stesso anno apparve il primo lavoro di ambito ostetrico: si trattava della segnalazione di un caso di aborto riferito a «varicosità dei capillari della vescica» (Una rara causa di provocazione di aborto, in Gazzetta medica di Pavia, I (1892), 12, pp. 265-271). Redatta con Alessandro Cuzzi (1849-1895), un’importante voce dell’Enciclopedia medica italiana (Utero, comparsa nella s. 2, vol. VII, Milano 1895) dell’editore Vallardi, chiudeva il primo periodo di attività scientifica di Tridondani.
Con l’anno accademico 1894-95 Tridondani assunse il ruolo di secondo assistente nella clinica ostetrica. Nel 1896 pubblicò i risultati di un’osservazione clinica iniziata nel 1890: si affrontava il problema della mancata funzione di una unità di un organo doppio (il rene) e degli eventuali risvolti sul decorso della gravidanza, soprattutto in relazione all’uremia eclampsica (Tre gravidanze normali dopo nefrectomia, in Annali di ostetricia e ginecologia, XVIII (1896), 7, pp. 522-541). Nel 1897 (La diagnosi di sede dell’inserzione placentare, ibid., XIX (1897), 6, pp. 425-446) Tridondani recuperò indicazioni di ostetrici del passato (come André Levret, 1703-1780), sulle differenti forme dell’utero in relazione alla diversa sede dell’inserzione placentare, proponendo una palpazione addominale che tenesse conto dei rapporti fra utero, feto e annessi. In quello stesso anno affrontò il tema degli incidenti consecutivi alle cloroformizzazioni, prendendo ad esempio un caso di ovariotomia il cui esito apparve incerto per alcune ore dopo la conclusione dell’atto operatorio (Tachicardia e midriasi unilaterale post-laparotomiche, in Annali di ostetricia e ginecologia, XIX (1897), 7, pp. 547-560).
Un altro importante tema ostetrico era allora quello della determinazione della vitalità del feto nell’utero e quindi anche della rilevazione di segni che potessero consentire la valutazione della morte endouterina del feto. Al 1898-99 datano due importanti lavori di Tridondani sull’argomento, uno dei quali rappresentò la dissertazione di libera docenza, che ottenne il 18 maggio 1898 a Pavia (Diagnosi di morte del prodotto del concepimento, ibid., XXI (1899), 1, pp. 20-80, 2, pp. 164-216). Su un analogo piano s’inserì il secondo lavoro (Significato di alcune intime modificazioni del colostro in gravidanza, in Bollettino della Società medico chirurgica di Pavia, XIII (1898), pp. 293-299), volto a identificare in fenomeni riconducibili normalmente al puerperio, ma presenti in periodo precedente il parto, un segno di morte del feto. In una comunicazione al Congresso di ostetricia di Torino (4 ottobre 1898), Tridondani affrontò il tema della genesi delle neoplasie (Contributo allo studio dell’istogenesi e patogenesi dei miomi uterini, in Annali di ostetricia e ginecologia, XXI (1899), 5, pp. 385-414).
L’eclampsia rappresentava uno dei grandi drammi dell’ostetricia e lo studio degli accessi convulsivi (fossero essi relativi a forme epilettiche o a forme eclampsiche), in termini di registrazioni parametriche poteva fare riferimento solo a quella sfigmografica. Con le apparecchiature del tempo essa era di pressoché impossibile esecuzione durante l’accesso, cosicché Tridondani cercò di puntualizzare le situazioni immediatamente successive (e precedenti) l’accesso (Osservazioni sfigmografiche nell’eclampsia, ibid., XXIII (1901), 1, pp. 55-73).
Il corso da libero docente di Tridondani verteva sull’argomento della pelviologia ostetrica. Ciò gli diede modo di proporre (La coniugata vera in rapporto con l’altezza sacrale. Ricerche pelvimetriche, ibid., XXIII (1901), 6, pp. 585-627) una misura, l’altezza sacrale (la misura della distanza fra la 5ª vertebra lombare e la punta del sacro), quale equivalente della misura della coniugata vera. L’interesse del lavoro di Tridondani risiedette anche nella collaborazione con l’anatomopatologo Achille Monti (1863-1937), che mise a disposizione dell’ostetrico i cadaveri e i pezzi del Museo di anatomia patologica; Tridondani esaminò i reperti del Museo di anatomia umana normale, oltre a quelli del Museo ostetrico. Le sue osservazioni, effettuate su 300 bacini, 25 cadaveri (alcuni anche maschili) e 118 casi della clinica ostetrica, confermarono la sostanziale concordanza delle due misure.
Le raccolte di bacini viziati del Museo della clinica ostetrica diedero a Tridondani il destro di procedere anche a una riclassificazione, influenzata dagli apporti che l’anatomia comparata si riprometteva di fornire alla patologia: si trattava di stabilire un’analogia fra i bacini cosiddetti da assimilazione con quelli cosiddetti antropoidi (Bacini di assimilazione, ibid., XXIII (1901), 1, pp. 1-44).
Un altro problema che al tempo appariva irresolubile era quello della determinazione del sesso del nascituro: si credette di poter utilizzare le indagini ematologiche, allora in grande sviluppo, anche a questo scopo. L’attenzione di Tridondani si rivolse alla determinazione del peso specifico del sangue materno nella gravida. Egli credette di intravedere una correlazione, nel senso di un peso specifico minore associato con un maggior numero di maschi e viceversa (Il peso specifico del sangue materno e i suoi rapporti con lo sviluppo e col sesso del feto, ibid., XXIV (1902), 5, pp. 485-522). A proposito di patologia ostetrica, Tridondani si occupò delle sequele della paralisi infantile comportanti viziature dei bacini (Contributo allo studio dei vizi pelvici da paralisi infantile, ibid., XXIV (1902), 9, pp. 945-981).
Nel 1902 la morte di Edoardo Porro (1842-1902), che dirigeva la scuola d’ostetricia di Milano, indusse Luigi Mangiagalli (1850-1928) ad accettarne la successione. Nelle more della sostituzione (la direzione sarebbe stata poi assunta da Innocente Clivio, 1862-1956), l’incarico di direttore fu assegnato interinalmente a Tridondani (novembre del 1902), mentre la supplenza gli fu affidata a partire dal gennaio del 1903; l’anno precedente aveva già ottenuto il titolo di aiuto. Un decennio di attività l’aveva portato ormai alla maturità scientifica, didattica e organizzativa.
Il primo lavoro pubblicato quale direttore incaricato della clinica ostetrica pavese è particolarmente interessante, perché affrontò dal punto di vista tecnico un aspetto drammatico dell’attività ostetrica: l’embriotomia (Di un nuovo perforatore cranico, ibid., XXV (1903), 4, pp. 291-298, e in tedesco, Ein neuer Kindperforator, in Zentralblatt für Gynäkologie, XXVII (1903), p. 793). L’incarico di direzione della clinica ostetrica pavese cessò con la fine dell’anno accademico 1902-03.
A questo periodo risalgono anche un lavoro concernente il riscontro di cisti dermoidi di inusitate dimensioni (Note anatomiche ed etiologiche intorno a cisti dermoidi e cisti sierose insieme complicate, in Annali di ostetricia e ginecologia, XXV (1903), 6, pp. 409-425) e uno su un caso di splenomegalia, complicante la gravidanza e il parto, datato novembre del 1903 (Splenomegalia complicante la gravidanza ed il parto. Splenectomia. Guarigione, ibid., XXV (1903), 11-12, pp. 885-896).
Dell’attività di Tridondani quale direttore incaricato abbiamo un rendiconto sommario a stampa, relativo al periodo novembre del 1902-maggio del 1903 (Rendiconto sommario pei mesi di novembre e dicembre 1902, gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio 1903, Pavia 1903), redatto in relazione alla scadenza del concorso per la direzione della clinica ostetrica pavese, che avrebbe dovuto essere seguito da un più ampio resoconto, di lì a pochi mesi. Si deve segnalare che Tridondani curò anche l’attività dell’ambulatorio e del servizio ostetrico a domicilio, istituito in accordo con il Municipio di Pavia.
Nel numero di gennaio del 1904 della Gazzetta medica lombarda fu pubblicata la prima parte di un lavoro pertinente la cura chirurgica della sterilità femminile (Della sterilità nella donna e sua cura chirurgica, pp. 11-14), uno dei lavori di indole eminentemente ginecologica di Tridondani. La seconda parte del lavoro non fu pubblicata, come non fu pubblicato il resoconto dettagliato della sua attività quale direttore incaricato della clinica ostetrica pavese.
Il 7 febbraio 1904 a Tridondani fu affidato l’incarico, fino alla fine di ottobre dello stesso anno, della direzione della clinica ostetrica dell’Università di Cagliari. Una grave malattia del sistema nervoso gli impedì di adempiere le sue funzioni, tanto che il 7 gennaio 1905 l’incarico passò a Ersilio Ferroni (1871-1962), già suo assistente a Pavia (comandato alla scuola d’ostetricia di Milano).
Celibe, Tridondani morì a Suna il 19 gennaio 1927.
Fonti e Bibl.: Per le pubblicazioni si vedano il classico repertorio di O. Viana - F. Vozza, L’ostetricia e la ginecologia in Italia, Milano 1936, pp. 76, 374, 376 s., 1059 s., 1091, 1093, e P. Mutti - N. Vaglio, La ginecologia in Italia, suppl. ad Atti della Società italiana di ostetricia e ginecologia, XLVIII, Portici 1961, parte I; A. Pensa, Ricordi di vita universitaria (1892-1970), a cura di B. Zanobio, Milano, 1991, p. 103; A. Porro, Un allievo di Alessandro Cuzzi: E. T. (1868-1927), in Medici e medicina nell’età del Risorgimento sul lago Maggiore. Atti del Convegno..., Meina... 2003, a cura di O. Bertoldini, Verbania 2004, pp. 139-149.
Si ringrazia la dott.ssa Annalisa De Maria dell’Ufficio dello Stato civile del Comune di Verbania per la fornitura dei dati anagrafici.