SERPIERI, Enrico
– Nacque a Rimini il 9 novembre 1809 da Giambattista e da Maria Aducci, di famiglia benestante, dedita al commercio.
Terminati gli studi ginnasiali, si iscrisse al corso di medicina all’Università di Bologna, che presto abbandonò, impiegandosi a Rimini nella vetreria di Ciro Santi e appassionandosi agli ideali patriottici, sull’esempio del padre che era stato incarcerato dalle autorità pontificie nel 1827. Nel 1831 si sposò e l’anno successivo nacque Giambattista, al quale seguirono Attilio, Cimbro, Arnaldo e Mirra.
Durante la breve rivoluzione del 1831 militò nella legione Pallade e partecipò alla sfortunata battaglia di Le Celle contro gli austriaci, intervenuti per restaurare il dominio pontificio. Anche se non subì condanne, prese la via dell’esilio, riparando a Marsiglia, dove si trattenne poche settimane. Preferendo tornare più vicino a casa, ottenne asilo dalla Repubblica di San Marino, sotto la protezione di Lorenzo Simoncini.
Negli anni successivi ebbe numerose occasioni di scontro con i carabinieri pontifici, aggredendo la carrozza del cardinale Giovanni Antonio Benvenuti, fischiando insieme ad alcuni compagni i volontari papalini di Gatteo e Savignano, distinguendosi come uno degli esponenti di punta del mazzinianesimo romagnolo. Ciò non gli impedì di tornare a vivere nella città natia, dove riprese l’attività commerciale nella vetreria, adibita anche a luogo di ritrovo per le riunioni politiche. Fu arrestato insieme ad altri patrioti e poi rilasciato dopo qualche mese nel 1833 per ordine del governatore Bernardino Zacchia, e di nuovo nel 1842 su ordine del cardinale Alessandro Spada, legato pontificio a Forlì. Dopo la sua partecipazione ai moti sull’Appennino bolognese del 1843, venne nuovamente arrestato il 28 aprile 1844. Nel corso della perquisizione nella sua casa venne rinvenuta una lettera compromettente datata 18 aprile 1844 che egli avrebbe ricevuto da un ignoto patriota, forse Giuseppe Galletti, in cui erano esposte le idee e la condotta da seguire in vista di un’azione rivoluzionaria negli Stati della Chiesa. Individuandone erroneamente l’autore in Giacomo Andrea Orsini, la polizia lo arrestò il 30 aprile a Bologna, insieme con il figlio Felice, già sospettato come sovversivo.
Gli Orsini padre e figlio si trovarono così a condividere la sorte degli arrestati di Rimini, una ventina in tutto, fra i quali spiccavano, oltre a Serpieri, anche Eusebio Barbetti, Andrea Borzatti e Ciro Santi. Tradotti nel carcere di San Leo, vicino a Urbino, fallirono nel tentativo di fuggire il 26 novembre 1844, mentre Serpieri rifiutò l’aiuto dell’amico Pietro Renzi – che con la sua banda si era offerto di liberarlo durante un trasferimento – per non mettere in pericolo gli altri compagni arrestati. Felice Orsini avrebbe scritto di lui che «fu sempre un ardente patriota, in grande estimazione appo i Romagnoli, e lo si ebbe per uno de’ capi di molta influenza, attività, e coraggio» (Memorie politiche..., 1858, p. 21).
L’azione repressiva di cui Serpieri e Orsini furono vittime rientrava nella politica retriva che contrassegnò il pontificato di Gregorio XVI e del segretario di Stato Luigi Lambruschini. Il malcontento delle popolazioni nelle legazioni pontificie esplodeva con periodiche sommosse, seguite da intervalli di calma apparente, cui le autorità risposero con retate e processi nei quali furoro condannati insieme delinquenti comuni e patrioti. Rimini si distinse come uno dei principali centri della rivolta. La ricostruzione fatta da Massimo d’Azeglio (Degli ultimi casi di Romagna, 1846), che avrebbe influenzato l’opinione pubblica moderata, si inserì in un clima di crescente riprovazione nei confronti del governo temporale.
Il processo denominato Bologna e Rimini venne istruito a Roma dal tribunale della S. Consulta che avocava a sé i processi politici. L’avvocato Agostino Pasqualoni, nominato difensore da Serpieri, rifiutò l’incarico e l’imputato affrontò il processo da solo. Accusato di «società segreta, cospirazioni, congiure contro il Sovrano ed il Governo, omicidii e ferimenti per spirito di detta società» (Archivio di Stato di Roma, Tribunale della Sacra Consulta, Processi politici, b. 133, f. 84), fu condannato all’ergastolo il 28 febbraio 1845 e rimase a scontare la pena prima a Roma nel carcere di via Giulia, poi a Civita Castellana, fino all’editto di perdono per i reati politici emanato dal nuovo papa Pio IX nel luglio del 1846.
L’attività politica di Serpieri riprese fra la fine del 1848 e l’inizio del 1849 con la fuga del papa a Gaeta e la nascita della Repubblica Romana. Il 27 novembre 1848 partecipò a Rimini alla fondazione del Circolo popolare per propagandare il passaggio a un regime fondato sulla sovranità del popolo. Riconosciuto ormai come uno dei più noti e apprezzati patrioti, venne eletto nel collegio di Forlì con 6450 voti all’Assemblea costituente romana, la cui convocazione aveva reclamato il 13 dicembre nel congresso dei deputati delle province superiori.
Con la caduta della Repubblica riprese la via dell’esilio insieme al figlio Giambattista, sostando per pochi giorni nuovamente a San Marino. Quindi, come molti esuli riparò negli Stati sardi, stabilendosi a Genova. Grazie ai suoi contatti con altri patrioti emiliani come Galletti e il ravennate Pietro Beltrami, ottenne l’impiego di contabile nella miniera di Giba in Sardegna. Un attento esame del territorio, unito alla pratica negli affari, maturata negli anni giovanili, gli fece intuire le potenzialità del mercato minerario sardo.
L’inizio degli anni Cinquanta segnò un momento di svolta per l’economia dell’isola. La fusione perfetta del 1847 con gli Stati di terraferma comportò l’estensione della legislazione piemontese che, separando la proprietà del suolo da quella del sottosuolo, favoriva l’attività mineraria, sia come ricerca e scoperta, sia come sfruttamento di nuovi giacimenti su scala industriale. Con il Risorgimento arrivarono in Sardegna non solo nuove leggi, ma anche tecnici e uomini d’azione, apportatori di idee e tecnologie innovative, oltre che dei capitali di cui l’isola era carente. Nell’amministrazione delle miniere furono assunti numerosi cospiratori e patrioti garibaldini e mazziniani, come Gaspare Finali, Francesco Domenico Guerrazzi e lo stesso Galletti.
Serpieri non si fece scoraggiare da alcuni iniziali rovesci della fortuna, come la chiusura della miniera di Giba, a seguito di un allagamento nel 1855. Fu assunto come sovrintendente nella Società dell’Unione di Francesco Calvi a Macomer per interessamento dell’amico Beltrami. Come ispettore, venne a conoscenza dei giacimenti di scorie piombifere di Domusnovas, vicino a Iglesias. Tornò prezioso il ruolo del figlio Giambattista che aveva completato gli studi a Genova ed era stato poi assunto da una banca di Marsiglia. Grazie alla loro rete di contatti e probabilmente anche a legami massonici, padre e figlio intuirono l’importanza del capitale finanziario per le imprese, dedicandosi all’innovazione e all’internazionalizzazione degli affari. Con i capitali messi a disposizione dai francesi Serpieri acquistò i giacimenti di Domusnovas e Fluminimaggiore, avviando la lavorazione delle scorie. Nelle due miniere furono impiegati 350 operai; in dieci anni di attività vennero estratte 1450 tonnellate di piombo e 1,3 tonnellate di argento da Domusnovas, 1248 tonnellate di piombo e circa 1,12 tonnellate di argento da Flumini. I risultati economici furono ottimi: la lavorazione di una tonnellata di scorie costava 25 lire e rendeva prodotti del valore di 40 lire. Risultò un guadagno annuo di 10.000 lire. Nel 1862 Serpieri produceva il 56% del piombo d’opera sardo. Rilevò le quote dei soci francesi e rimase unico proprietario.
Il successo negli affari gli fruttò prestigiosi riconoscimenti. La nascente Camera di commercio di Cagliari lo scelse come suo primo presidente nel 1863; risultò eletto anche come consigliere comunale. I riminesi lo nominarono deputato nel 1865. In Parlamento Serpieri si schierò con la Sinistra, prendendo posizione contro la politica finanziaria di Quintino Sella. Ridusse nel tempo l’attività politica e non si ricandidò alle elezioni del 1867.
Trascorse gli ultimi anni a Cagliari assistendo all’esaurimento delle sue miniere e alla scomparsa dei figli Attilio e Cimbro, entrambi volontari garibaldini, uccisi dalla malaria a Flumini. Mentre il figlio Giambattista rinnovò i suoi successi, avviando l’attività nelle miniere del Laurium in Grecia, che avrebbero fruttato guadagni ben maggiori di quelle sarde. Serpieri fece in tempo a partecipare alle prime imprese bancarie sarde, fondando con Gaetano Rossi Doria il Banco di Cagliari (1869) e unendosi poi al Credito agricolo industriale di Pietro Ghiani Mameli (1872).
Morì a Cagliari l’8 novembre 1872.
Fu sepolto nel cimitero monumentale del capoluogo sardo, accanto ai figli.
Fonti e Bibl.: Necrologio: E. S. Parole pronunziate nel camposanto di Cagliari il dì 10 novembre 1872 da Giuseppe Turco, Cagliari 1872. Per l’azione patriottica in Romagna, l’arresto e il processo: Memorie politiche di Felice Orsini scritte da lui medesimo e dedicate alla gioventù italiana, Torino 1858, passim; G. Galletti, La mia prigionia, Bologna 1870, passim; E. Montecchi, Mattia Montecchi nel Risorgimento italiano, Roma 1932, ad ind.; A.M. Ghisalberti, Il primo processo politico di Felice Orsini, Bologna 1933, ad ind.; G.C. Mengozzi, Figure del Risorgimento: E. S., San Marino 1935; L. Tosi, Cospiratori e reazionari in Rimini dopo la rivoluzione del ’31, in Rassegna storica del Risorgimento, XXIII (1936), 12 , pp. 1672-1694; Id., I fatti di Rimini del 1844, San Marino 1936, ad ind.; A.M. Ghisalberti, Cospirazioni del Risorgimento, Palermo 1938, pp. 97-100; G. Maioli, I cospiratori romagnoli Eusebio e Rubicondo Barbetti (lettere 1844-1848), in Rassegna storica del Risorgimento, XXVII (1940), 5, pp. 3-13; A.M. Ghisalberti, Orsini minore, Roma 1955, ad ind.; L. Lotti et al., Storia di Rimini dal 1800 ai giorni nostri, I, La storia politica, Rimini 1978, ad ind.; A. Venturi, L’uomo delle bombe. La vita e i tempi di Felice Orsini terrorista e gentiluomo, Milano 2009, ad indicem. Per l’attività di imprenditore minerario: D. Scano, Artisti, patrioti e statisti nelle miniere di Sardegna, in Ariel, I (1937), 2, pp. 52-59; M. Pintor, E. S., in Cagliari economica, X (1956), 12, n. monografico; G. Rolandi, La metallurgia in Sardegna, Roma 1971, pp. 129-131; E. S. Un uomo, le sue idee, a cura di P. Matta, Cagliari 1996 (comprende i saggi di M.D. Dessì, Vita pubblica e privata di E. S., pp. 13-27; L. Del Piano, S. e l’immigrazione politica in Sardegna, pp. 29-38; P. Fadda, Un imprenditore patriota nella Cagliari dell’Ottocento, pp. 39-63); A. Assorgia, Alberto Lamarmora e il progresso delle conoscenze geologiche e minerarie in Sardegna nell’Ottocento, Cagliari 1998, ad ind.; M.R. Longhitano, E. S., in Dizionario storico degli imprenditori in Sardegna, a cura di C. Dau Novelli - S. Ruju, I, Cagliari 2012, pp. 173-176. Notizie su Serpieri sono rinvenibili anche in G. Finali, Memorie, Faenza 1955, pp. 105, 662; G. Asproni, Diario politico 1855-1876, IV, Milano 1980, p. 217; E. Marchese, Quintino Sella in Sardegna, Cagliari 1994, pp. 31-40; G. Tore, Élites, progetti di sviluppo ed egemonia urbana, in Cagliari, a cura di A. Accardo, Roma-Bari 1996, pp. 317-323, 334; L. Del Piano, Questione sarda e unità nazionale, in L. Del Piano - S. Serra - G. Tore, La Camera di commercio di Cagliari 1862-1997, I, 1720-1900, Cagliari 1997, pp. 207-304; M.L. Di Felice, La storia economica dalla “fusione perfetta” alla legislazione speciale (1847-1905), in Storia d’Italia, Le Regioni, XIV, La Sardegna, a cura di L. Berlinguer - A. Mattone, Torino 1998, pp. 334, 337.