PETRELLA, Enrico
Musicista, nato a Palermo il 10 dicembre 1813, morto a Genova il 7 aprile 1877. Allievo a Napoli di G. Furno, di F. Ruggi, di N. Zingarelli, esordì nel 1829 con Il diavolo color di rosa, opera comica, alla quale fece seguire altre dello stesso genere, assai meno felici e applaudite delle Precauzioni (1851). Questa commedia di carattere napoletano, benché l'azione si svolga a Venezia e i personaggi parlino per lo più in un banale italiano, sembra tipica della tendenza comica sviluppata nel repertorio del Teatro Nuovo di Napoli da P. Raimondi, da V. Fioravanti, da N. De Giosa, da E. Sarria; tipi della borghesia e del popolo, innamorati, tutori, buontemponi, sciocchi, derivati dalla farsa locale e dalle opere comiche settecentesche e donizettiane, guardati con lo spirito satirico napoletano, anche un poco patetici, talvolta pulcinelleschi. P. trovò ritmi, melodie, orchestrazione atti a integrare scene, persone, parole, variando dal buffonesco al sentimentale, mostrandosi ora improvvisatore, ora accurato, e tutt'altro che privo di fantasia e di tecnica. Passando alle opere serie, mostrò scarsa preparazione drammatica. Nel Marco Visconti (1854) P. emerse occasionalmente in arie delicate, come nella famosa "Rondinella pellegrina", in accenti incisivi. Progredì nell'Elnava (1855), dove il dramma della protagonista è espresso vigorosamente e più d'una pagina è ampia e densa; anche meglio nella Jone (1858), dove la psicologia è più elaborata e la materia affinata, e nella Contessa d'Amalfi (1864) con melodie affettuose, con maggiori esigenze teatrali. I Promessi Sposi, rappresentati a Lecco nel 1869, presente il Manzoni, sono considerati l'opera del P. più stilisticamente pura; rilievo di personaggi, espressioni di stati d'animo, carattere idilliaco, scene paesane, cori e commenti orchestrali determinano pagine personali. Manca l'organismo teatrale. Così, anche il Manfredo (1872) mostra l'istintività del melodista, l'accensione, caso per caso, del suo interesse drammatico, la sufficienza del tecnico in rapporto alle sue capacità. Dopo Bianca Orsini (1874) lasciò incompiuta Salammbô.
Bibl.: G. Pannain: Saggio sulla musica a Napoli nel sec. XIX, in Riv. mus. ital., XXXVI, 2 e XXXVII, 2.