PECCI, Enrico
PECCI, Enrico. – Nacque a Prato il 16 gennaio 1910 da Luigi e da Ida Lombardi.
La famiglia possedeva un forno per la panificazione nel centro cittadino ed era impegnata, da almeno due generazioni (Giustino, 1823-1898, e Adriano, 1850-1925) in altre iniziative mercantili, come il commercio degli stracci, una delle attività più tipiche tra quelle affermatesi nell’industria tessile pratese.
L’ingresso di Luigi (1882-1936) nel comparto laniero avvenne nel 1902 quando, appena ventenne, creò una ditta individuale, la Adriano Pecci di Luigi Pecci, potendo contare sul pieno sostegno del padre. Nel corso dei primi anni l’impresa, in un contesto caratterizzato dalla presenza di aziende di piccole dimensioni che assai raramente coprivano più di una fase del ciclo di lavorazione, si limitò alla cernita e alla commercializzazione degli stracci, ma dal 1906 sviluppò un’attività manifatturiera di filatura cardata con una rete esterna di tessitori artigiani. Il prodotto, realizzato utilizzando quasi sempre lana rigenerata o abbinata con il cotone, assunse denominazioni diverse (cavour, scheviot, flanellone, casaline), affermandosi come manufatto povero in perfetta coerenza con la tradizione locale contrassegnata da un basso livello qualitativo.
Negli anni della Grande Guerra l’azienda abbandonò i vecchi locali del centro storico per insediarsi in un’area periferica nei pressi della Porta Fiorentina (cfr. la dettagliata cartografia delle imprese laniere inserita in E. Bruzzi, L’arte della lana in Prato, Prato 1920). Fu nel nuovo insediamento che Luigi, al pari di altri imprenditori pratesi, poté giovarsi delle nuove potenzialità legate all’utilizzazione del cemento armato nell’edilizia, di cui fu artefice il giovane Pier Luigi Nervi. All’impresa di quest’ultimo, la Nervi & Nebbiosi, affidò la copertura del capannone destinato a ospitare la nuova filatura automatica selfacting, un’opera portata a compimento nell’arco di soli quattro mesi nella seconda metà del 1925.
Con l’inizio degli anni Trenta l’azienda, pur registrando una contrazione dell’attività – dovuta in parte agli effetti della rivalutazione valutaria del 1927, ma soprattutto ai contraccolpi della grande crisi economica –, non derogò dagli indirizzi strategici maturati nel periodo precedente e già alla metà del decennio poté apprezzare gli effetti positivi della scelta di puntare sull’accentramento dell’intero ciclo di lavorazione nel nuovo stabilimento, con l’unica eccezione rappresentata dalla rifinitura; si assicurò inoltre alcuni vantaggiosi contratti per la fornitura di coperte da campo e da casermaggio da parte della Direzione commissariamento militare di Firenze, che la proiettarono ai vertici dell’industria cittadina. Alla metà del decennio il lanificio Pecci, con i suoi quasi 300 dipendenti, era una delle prime cinque imprese del comprensorio laniero pratese.
Pecci, l’unico figlio maschio dei tre nati dal matrimonio, si diplomò perito tessile nel 1928 presso il locale istituto tecnico Tullio Buzzi, e negli anni successivi rafforzò le sue conoscenze con alcuni viaggi di studio all’estero. Tra questi, particolarmente importante si rivelò quello in Germania con un lungo soggiorno ad Amburgo; completato l’apprendistato estero, entrò in azienda senza però ricoprire ruoli particolari. Nel giugno 1933, al momento della costituzione di una società in nome collettivo, gli fu assegnata una quota di minoranza mentre quella di maggioranza rimase saldamente nelle mani del padre. Nello stesso anno sposò Elda Franchi, dalla quale ebbe tre figli: Elena, nata nel 1934; Luigi, nato nel 1937; Alberto, nato nel 1943.
Con la morte del padre, nel 1936, l’azienda passò a Pecci e, nell’ottobre 1938, la ditta tornò di nuovo a essere un’impresa individuale.
Il suo esordio alla guida del lanificio coincise con una fase di ripresa trainata dall’esportazione. Tra i prodotti di più largo successo vi fu il plaid – destinato a mercati poveri come quelli dell’India britannica, dell’Africa (Algeria, Marocco, Kenya e Uganda), del Medio Oriente (Siria) e della Manciuria cinese – che godeva anche del vantaggio di potersi presentare come tipico prodotto autarchico. «Questa gente» – ricordò lo stesso Pecci molti anni dopo – «si comprava il plaid e lo usava per tutto, serviva da letto, da coperta, era un elemento come per noi quasi era la casa» (cit. in Pescarolo, 1988, p. 120).
Lo scoppio della guerra costrinse Pecci ad accantonare i propositi di un profondo ripensamento della struttura fisica dell’impresa, per fronteggiarne le conseguenze. Nel momento più drammatico dell’emergenza bellica una parte del macchinario fu occultata in aree rurali, preservandola così da requisizioni o distruzioni. L’unica circostanza fortunata ascrivibile a questo periodo fu l’incontro con Arthur Aiken, un ufficiale delle truppe sudafricane di occupazione che, colpito dalle capacità e dall’intraprendenza dimostrata non solo da Pecci ma anche da altri esponenti dell’imprenditoria locale, gettò le basi della loro presenza in Sud Africa sin dall’immediato dopoguerra, con imprese destinate a operare a lungo in quella realtà.
Negli anni della ricostruzione, divenuto presidente dell’Unione industriale pratese nell’ottobre 1945, si adoperò per il rilancio dell’industria laniera riallacciando i rapporti commerciali internazionali interrotti dalla guerra. Particolarmente importante fu l’accordo del 1946 con l’Unione Sudafricana per l’esportazione di manufatti pratesi in cambio di lana e stracci, con una piccola percentuale destinata al Tesoro per l’accantonamento di valuta; un’intesa destinata, in anni successivi, a fare da battistrada per accordi in altri ambiti.
Nella nuova realtà emersa dalla ricostruzione, Pecci fu capace di cogliere, con largo anticipo, le mutate condizioni del mercato tessile mondiale, che mostravano caratteristiche diverse da quelle che avevano segnato la fase precedente: la competizione si stava infatti spostando dal costo alla qualità del prodotto. L’indirizzo strategico fu pertanto segnato da una graduale riduzione della produzione di tessuti cardati a vantaggio di quelli pettinati, con una tensione continua in direzione dell’aggiornamento tecnologico.
A questo scopo Pecci fondò nel 1948 la Lavatura & pettinatura lane di Prato e cinque anni più tardi l’Industria filati pettinati. Nel 1955, con l’assorbimento dell’azienda del suocero, la Orlando Franchi & Figli, il complesso delle sue imprese, con al centro il Lanificio Pecci di Enrico Pecci & C. sas, divenne la più importante realtà laniera del Pratese. In quegli stessi anni fu anche delegato dell’Associazione laniera italiana in numerose conferenze internazionali e membro della Giunta esecutiva di Confindustria. Fu altresì impegnato in attività assistenziali tra le quali la realizzazione del nuovo ospedale cittadino e l’organizzazione a Tirrenia di una colonia estiva destinata ai figli dei lavoratori delle aziende pratesi. Il riconoscimento più significativo per questo complesso di iniziative gli arrivò il 2 giugno 1961 con la nomina a cavaliere del lavoro.
Alla metà degli anni Sessanta Pecci, sgravato in parte dai compiti gestionali assunti progressivamente dal figlio Luigi, tornò per un biennio (1966-67) alla guida dell’Unione industriale e, al contempo, mise in atto una strategia di diversificazione con l’acquisizione di una quota significativa della Segnalamento marittimo ed aereo spa, un’azienda fiorentina impegnata nella realizzazione di radar per usi militari. Fu inoltre al fianco di altri esponenti dell’élite toscana (Marchi, Ferragamo, Rimbotti) nel tentativo, guidato da Michele Castelnuovo Tedesco, di difendere l’autonomia della compagnia di assicurazioni La Fondiaria.
L’abilità strategica che lo aveva portato a immaginare prima di altri gli scenari che si sarebbero presentati alle imprese trovò conferma, all’inizio degli anni Settanta, con la decisione di abbandonare la vecchia fabbrica in città, più volte ampliata, ma ormai inadeguata, costruendo un nuovo stabilimento a Capalle nel comune di Campi Bisenzio (Firenze), un’area isolata e priva di infrastrutture, ma destinata a divenire nei vent’anni successivi sede privilegiata dei nuovi insediamenti industriali realizzati nella vasta piana tra Prato e Firenze. Nell’estate del 1973, la prematura morte del figlio Luigi lo riportò, per un breve periodo, alla guida delle aziende del gruppo per accompagnare l’apprendistato imprenditoriale dell’ultimogenito, Alberto. Dalla metà degli anni Settanta mirò a consolidare la presenza nel comparto laniero attraverso l’acquisizione di aziende quali la Privernum di Latina e la Pontoglio di Brescia, che andarono ad affiancarsi alla sudafricana Wooltextile, creata nel 1947, riunendole sotto il controllo della finanziaria di famiglia, la holding Società mobiliare e industriale laniera sas (SMIL).
Dedicò gli ultimi anni della sua vita alla realizzazione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, il museo che volle dedicare al figlio scomparso, affidandone la progettazione all’architetto Italo Gamberini.
Morì durante una vacanza alle isole Barbados, il 19 gennaio 1988.
Il figlio Alberto ha proseguito l’attività intensificando sia la vocazione originaria dell’impresa, in particolare con la creazione della Pecci Filati spa nel 2002, sia la presenza diversificata. Il 2 giugno 1992 è stato nominato anch’egli cavaliere del lavoro.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico della Federazione dei cavalieri del lavoro, b. 142, n. 6, ad nomen, e le fonti ricordate nel volume Archivi di imprese industriali in Toscana, a cura della Sovrintendenza archivistica per la Toscana, Firenze 1982, pp. 94 s.
Sulle imprese Pecci e sullo sviluppo industriale nel Pratese: P. Vagheggi, Il grande vecchio della lana, in La Repubblica, 23 ottobre 1987; A. Pescarolo, Modelli di industrializzazione, ruoli sociali, immagini del lavoro (1895-1943), in Prato. Storia di una città, III, t. I, Il tempo dell’industria (1815-1943), a cura di G. Mori, Firenze 1988, pp. 67, 70, 75, 112, 120, 127, 133 s.; L. Capellini, Wooltextile 1947-1997, Rufina 1997; M. Lungonelli, Piccola impresa e specializzazione produttiva nella Toscana dell’Ottocento. Riflessioni sul caso Prato, in Le vie dell’industrializzazione europea. Sistemi a confronto, a cura di G.L. Fontana, Bologna 1997, pp. 1047-1060; Prato. Storia di una città, IV, Il distretto industriale (1943-1993), a cura di G. Becattini, Firenze 1997, pp. 208 s., 617 s., 673, 702-704, 709, 718-720; G. Picchi, Impresa e famiglia a Prato nel corso del Novecento: il caso Pecci, in Rassegna storica toscana, XLIV (1998), 2, pp. 379-416; Le aree produttive in Toscana. Atlante territoriale, a cura di M. Preite, Firenze 2005, p. 48; G. Guanci, Costruzioni & sperimentazione. L’attività del giovane Pier Luigi Nervi a Prato, Campi Bisenzio 2008, pp. 91-95.