PAPPACENA, Enrico
– Studioso di religioni, scrittore poligrafo, slavista, antroposofo e da ultimo docente universitario, Enrico Pappacena nacque a Napoli da Roberto e Clelia Casalini il 5 dicembre 1889; nella stessa città compì gli studi all’Istituto Orientale, studiando indologia con Michele Kerbaker e il russo con Federigo Verdinois e nel 1914 conseguì la laurea con una tesi su Gli Storici e la Fede. Problemi religiosi (Napoli 1913).
Egli stesso suddivise a posteriori la sua vicenda umana, culturale e spirituale in quattro fasi (Autobibliografia, Bari 1959): la ‘vigilia’ (1907-1920), periodo lancianese (1921-1935), periodo napoletano (1936-1942) e infine periodo barese (dal 1946).
Pappacena si dedicò precocemente all’insegnamento (ad Avellino, poi a Chieti, a Belluno, a Genova) e, richiamato alle armi, nel 1918 prestò servizio a Salerno per poi venire inviato come professore d’italiano in Francia, a Nancy. Negli anni giovanili diede un primo sbocco alle sue inquietudini spirituali con la frequentazione dell’ambiente evangelico napoletano e si iscrisse alla Scuola teologica battista (L. Ronchi, Una pagina dell’evangelismo italiano. La Scuola Teologica Battista di Roma (1901-1932), in Chiesa, laicità e vita civile. Studi in onore di F. Verucci, Roma 2005, pp. 247-262), da cui fu espulso dopo un semestre per ragioni disciplinari. Questa esperienza, tuttavia, lo segnò a lungo: ancora negli anni Trenta frequentava ambienti evangelici e partecipava ai campi dell’Associazione cristiana dei giovani (ACDG), ramo italiano della Young men’s christian association (YMCA). Collaboratore di vari periodici, fondò la rivista Dionysos (Napoli, 1913-1914) con gli amici Paolo Di Stasio e Annunzio Cervi (poi caduto sul Monte Grappa nel 1918). Di questi anni sono un primo contributo d’indologia (Storia, religione e letteratura dell’India antica, Napoli 1912), le prime prove poetiche e le prime traduzioni, comprese quelle dal russo di Aleksandr Puškin e Apollon Majkov.
Di ritorno dalla Francia, nel 1921 si stabilì a Lanciano dove insegnò al liceo per 15 anni; nel 1922 sposò Ersilia Sigismondi da cui ebbe il figlio Roberto. Gli anni Venti segnarono un profondo rivolgimento nella ricerca spirituale di Pappacena che aderí al movimento antroposofico (Venti anni di lavoro, addio! Autobibliografia: 1907-1927, Lanciano 1928), che influenzò il periodo più fecondo nella sua attività intellettuale: sono gli anni in cui le dottrine di Rudolf Steiner attraevano molti esponenti degli ambienti intellettuali europei e non di meno italiani (quando «solo l’antroposofia poteva competere con la psicoanalisi», V. Vološinov, Frejdizm, Moskva 1927; trad. it. Freudismo, Bari 1977, p. 54).
Autore di prose, di versi e di traduzioni (anche con trasparenti pseudonimi ariani come Saro Giudice, Rama-Deva, Teodoro Ljubotvorskij, Henry Robertson), Pappacena dedicò il maggior impegno pubblicistico al periodico I nostri Quaderni. Rivista di pensiero e di poesia (Lanciano, 1924-1929) di cui fu promotore assieme agli amici Nicola Melchiorre, Lamberto Naldini e Nicola Sigismondi. Rivista ‘di provincia’ (ma di una provincia colta: basti pensare agli editori Carabba), I nostri Quaderni ebbe una spiccata attenzione per le altre letterature del mondo, mantenendo un moderato distacco dalle istanze più grette del fascismo (del resto, lo stesso movimento antroposofico manifestò forme di adesione al regime, con Riccardo Küfferle, e di opposizione aperta, con Ferdinando Visco-Gilardi. Pappacena fu in amichevoli relazioni con entrambi). Così, tra le culture straniere, la rivista – e Pappacena in particolare – seguì con attenzione quelle slave, instaurando buoni rapporti con Ettore Lo Gatto e le edizioni Slavia di Alfredo Polledro e coinvolgendo il giovane russista e boemista Wolfango Giusti. Il lavoro di maggior impegno di questi anni è il volume su Gogol: opere, vita (Milano 1930) che offre una interpretazione ‘spirituale’ dell’autore delle Anime morte – contestata da Leone Ginzburg (Un libro su Gogol, in La cultura, IX, 1930), ma apprezzata da Lo Gatto – e che oggi ha ripreso vigore negli studi sulla incidenza delle ricerche religiose nelle concezioni dello scrittore russo-ucraino. Nel campo delle sue personali riflessioni va invece segnalato il volume Da Lucifero a Cristo. Itinerario spirituale d’un uomo “rinato” (San Casciano in Val di Pesa 1933).
Dal 1936 e fino al 1943 Pappacena insegnò al liceo Umberto I di Napoli: sono anni in cui – forse anche per lo scenario politico sempre più teso – la sua rigogliosa vena poligrafica appare trattenersi e concentrarsi sull’unico prodotto creativo di rilievo della sua vita (sempre concepito nel quadro dei suoi preminenti interessi ‘indiani’): La fine dei Bàrata: romanzo epico (Firenze 1941).
E infine, nel dopoguerra, l’approdo a Bari, dove diede alle stampe il suo maggior contributo agli studi prediletti, Introduzione allo studio della storia letteraria e religiosa dell’India antica (Bari 1947), e dove, nell’ultimo quindicennio della sua vita – fin troppo – attiva, approdò all’insegnamento universitario (nel 1932 aveva già insegnato all’Università per stranieri di Perugia), come professore incaricato di indologia e poi di storia delle religioni (1946-1960) presso la facoltà di lettere. Intellettuale di non eccelsa levatura, ma significativa personalità del suo tempo, socio dell’Accademia pugliese di scienze, Pappacena si spense a Bari il 5 settembre 1980.
Fonti e Bibl.: Calalzo di Cadore (BL), Biblioteca comunale Enrico De Lotto, Fondo Pappacena (biblioteca privata e corrispondenza); Milano, Archivio Ferdinando Visco-Gilardi, Lettere a Ferdinando Visco-Gilardi (1930-1932); Torre Pellice (TO), Archivio della Tavola Valdese, Archivio storico dell’Unione delle Chiese Evangeliche Battiste, Scuola teologia battista. Una prima bibliografia degli scritti di Enrico Pappacena si trova nel volumetto E. Pappacena, Enrico Pappacena à Nancy (Nancy, s.d. [pref. 1920]); una più dettagliata indicazione dei suoi scritti è in Autobibliografia (Bari 1959), integrata per gli anni seguenti da Augusta Lestingi (Enrico Pappacena: nel cinquantennio della sua attività scientifico-letteraria: qualche testimonianza, Palo del Colle 1962; Enrico Pappacena: cronologia e sintesi della sua opera, Palo del Colle 1966). A essi vanno aggiunte alcune sue pubblicazioni successive, tra le quali si segnalano: Alfredo Nobel, Carlo Spitteler (Palo del Colle 1970), Di alcuni cultori della Scienza dello Spirito (Palo del Colle 1971), Rudolf Steiner (Palo del Colle 1973).
A. Masci, Enrico Pappacena, in Note di Antroposofia, 1981, n. 1; L. Salini, Strutture simboliste ne “I nostri Quaderni” pp. 675-686; G.L. Vacca, Letteratura italiana contemporanea ne “I nostri Quaderni” di E. Pappacena pp. 695-704; M.C. Masciarelli, Letteratura inglese ne “I nostri Quaderni” in Giornali e Riviste in Abruzzo tra Otto e Novecento, a cura di G. Oliva, Roma 1999 pp. 687-694; M. Beraldo, Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, 2002, n. 1, pp. 76-104; C.G. De Michelis, “Zapasnoj” ital’janskij slavjanoved Enriko Pappačena, in Vittorio. Meždunarodnyj naučnyj sbornik posvjaščennyj 75-letiju Vittorio Strady, Moskva 2005, M. Ciccarini, La letteratura polacca ne “I nostri quaderni” di E. Pappacena, in P”, 2007, n. 1, pp. 408-420.