ORFEI, Enrico
– Nacque a Orvieto il 23 ottobre 1800 da Giuseppe e da Colomba Duranti, in una famiglia benestante, originaria di Bagnoregio.
Frequentò il seminario diocesano di Orvieto e le scuole presso il collegio dei gesuiti, dove ebbe come professore di dogmatica e moderatore degli studi padre Giovanni Perrone, poi autorevole teologo del Collegio romano. Ordinato sacerdote il 20 dicembre 1823 dal vescovo Giovanni Battista Lambruschini, iniziò l’attività pastorale come predicatore e confessore delle monache, per divenire presto esaminatore prosinodale e canonico della collegiata dei Ss. Andrea e Bartolomeo a Orvieto.
Nel 1832 il vescovo di Orvieto, cardinale Antonio Gamberini, nominato segretario di Stato per gli Affari interni, lo portò con sé a Roma per farlo accedere alla carriera curiale, come referendario del tribunale delle due Segnature di grazia e di giustizia, assessore del tribunale criminale dell’uditore generale della Camera apostolica e poi ponente del Buon governo (22 aprile 1833). Dagli atti del processus (Roma, Archivio di Stato, Tribunale della Segnatura, b. 727, fasc. 2; b. 731) a cui fu sottoposto per ottenere la carica di referendario risulta che ottenne l’idoneità solo dopo aver conseguito un dottorato in utroque iure presso l’Università di Perugia, il 15 novembre 1832, con un rapido iter. Giurò come referendario il 7 marzo 1833.
Gli incarichi in Curia furono di breve durata, perché il 23 giugno 1834 fu nominato delegato apostolico di Benevento. Qui rimase fino al 2 febbraio 1838, quando fu inviato come commissario apostolico a Loreto. Trasferitosi nelle Marche, il 24 gennaio 1842 fu nominato delegato di Ancona. Nel 1843 ritornò a Roma, dove entrò nella commissione per l’amministrazione dell’ospedale di S. Spirito, di cui nel 1846 divenne commendatario.
L’11 settembre 1848 fu creato vescovo di Cesena e il 17 settembre consacrato in S. Spirito in Sassia. In quell’occasione indirizzò la prima lettera pastorale al clero e al popolo della sua diocesi, una classica lettera d’ingresso dove non emergono però né i suoi intenti pastorali, né la sua posizione nei confronti delle novità di quell’anno. Fece il suo ingresso in diocesi il 24 dicembre 1848 e si trovò a fronteggiare le nuove autorità politiche, con cui entrò in conflitto per aver fatto leggere dai parroci la bolla di scomunica comminata da Pio IX contro gli usurpatori del suo trono.
A Cesena compì tre visite pastorali e partecipò, come segretario, al conventus dei vescovi della provincia ecclesiastica di Ravenna, tenutosi nel 1849 a Imola, e al concilio provinciale del 28 maggio 1855. La sua opera pastorale si caratterizzò per l’impegno a mettere in pratica le esortazioni delle assemblee episcopali, sulla scia di quelle di Pio IX. Scrisse notificazioni sulla santificazione delle feste, sul vizio della bestemmia, ma anche sull’Immacolata Concezione, per la cui proclamazione mandò il 21 giugno 1849 a Pio IX una lettera in cui esprimeva parere favorevole (in Pareri dell’episcopato cattolico […] sulla definizione dogmatica dell’immacolato concepimento della B.V. Maria […], Roma 1851, I, 1, pp. 322 s.).
Nel 1857 accolse a Cesena e poi accompagnò il papa in visita nelle Romagne. L’anno successivo, il 15 marzo 1858, fu promosso cardinale con il titolo presbiterale di S. Balbina. Il 23 marzo 1860 il papa lo preconizzò arcivescovo di Ravenna e metropolita, ma poiché qualche giorno prima si era tenuto il plebiscito per l’annessione delle Romagne al Regno di Sardegna, alla nomina non seguì l’exequatur né del governo provvisorio, né poi di quello di Torino. Non potendo prendere possesso della mensa episcopale ravennate, rimase a Cesena con il titolo di amministratore apostolico, continuando l’opera pastorale, mentre governava Ravenna tramite un vicario generale. Sanata la situazione, come per molti altri vescovi, dopo la missione dell'inviato del re Michelangelo Tonello presso la S. Sede, il 29 maggio 1867 poté entrare a Ravenna, pur conservando l’amministrazione apostolica di Cesena fino all’anno successivo.
Nella duplice veste partecipò alla preparazione del Concilio Vaticano. Fu uno dei 34 vescovi latini interpellati da Pio IX nel 1865 per avere consigli sugli argomenti da trattare e la sua risposta rivela una visione intransigente, con la richiesta di confermare la condanna delle idee considerate eretiche o sovversive. Rispose poi sia per Cesena sia per Ravenna anche al questionario inviato ai vescovi nel 1867 dal prefetto della Congregazione del Concilio, cardinal Prospero Caterini, facendo proposte sulla formazione del clero e sull’apertura di scuole private. Al concilio partecipò alle prime tre sessioni, ma senza intervenire mai. Risulta invece assente alla votazione della costituzione Pastor Aeternus e alla quarta sessione, quando fu proclamato il dogma dell’infallibilità pontificia, né risulta che abbia mandato successivamente la propria adesione. Una lettera di Pio IX, inviatagli il 4 agosto 1870 (Sacrorum Conciliorum amplissima collectio a Mansi et continuatoribus edita, LIII, Arnhem-Leipzig 1927, coll. 940 s., n. 5), fa capire però che era considerato in linea con la definizione. La sua assenza e la mancanza di adesione erano dovute con tutta probabilità a motivi di salute.
Morì a Ravenna il 22 dicembre 1870.
I giudizi dei contemporanei su Orfei sono piuttosto severi, da parte sia di alcuni cesenati, sia di osservatori e diplomatici impegnati a individuare i papabili in vista di un futuro conclave. In genere era ritenuto di levatura culturale modesta. Riguardo alle sue posizioni davanti alle idee moderne, si riteneva un moderato. In realtà le sue notificazioni e omelie, nonché i pronunciamenti in vista del Concilio, rivelano una posizione intransigente e contraria alle novità politiche. Si può annoverare tra coloro che aspettavano un intervento divino che restituisse al papa i suoi territori, come appare nell’immagine classica, da lui usata in un’omelia, della Chiesa come nave in balia di una tempesta. Contrastanti sono pure le valutazioni riguardo alla sua opera in diocesi: alcuni contemporanei l'esaltavano, altri lo ritenevano accentratore.
Le lettere pastorali e le notificazioni di Orfei sono regestate in Lettere pastorali dei vescovi dell’Emilia Romagna, a cura di D. Menozzi, Genova 1986, pp. 83-85, 302.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Tribunale della Segnatura, b. 727, fasc. 2; b. 731, f. 23r; Ospedale Santo Spirito, b. 1296; Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Dataria Apostolica, Processus Datariae, b. 210, 1848, n. 8, ff. 145-161; b. 222, 1860, n. 21, ff. 237-239; Congregazione del Concilio, Relationes Dioecesium, Caesenatensis 163 C, ff. 206-283; Segreteria di Stato, Interno, rubr. 31;Vaticano I, b. 9, n. 12 e 38; Cesena, Archivio della Curia vescovile, Carte Orfei; Visite pastorali; Cesena, Biblioteca comunale Malatestiana, 164.70.1: G. Sassi, Giornale dei fatti, ms. sec. XIX, tomo VI-VIII; Ravenna, Archivio arcivescovile, Prot. 57; Dal 1858 al 1870, decreti e posizioni diverse, Regolamento pel seminario 1869; Uberti, IX-X; Visite pastorali, tomi 59-66.
Diario di Roma, 27 marzo 1833; 25 giugno 1834; 17 febbraio 1838; 29 gennaio 1842; 3 febbraio 1846; Lettera pastorale del cardinale arcivescovo e dei vescovi dell’ecclesiastica provincia di Ravenna ai loro diocesani, Imola 1849; L’episcopato e la rivoluzione in Italia, ossia Atti collettivi dei vescovi italiani… contro le leggi e i fatti della rivoluzione…, II, Mondovì 1867, pp. 410-423; Osservatore Romano, 26 dicembre 1870, n. 266, p. 3; Acta et decreta sacrorum conciliorium recentiorum. Collectio Lacensis, VI, Freiburg 1882, coll. 133-218; VII, ibid. 1890, coll. 34, 55, 258; Sacrorum Conciliorum Amplissima Collectio a Mansi et continuatoribus edita, XLVII, Arnhem-Leipzig 1913, coll. 189-264; IL, Arnhem-Leipzig 1923, coll. 124 s.; P. Burchi, Cronotassi del vescovi di Cesena, in Bibliotheca Ecclesiarum Italiae, I, Emilia Romagna, 1, Comacchio - Cesena - Brescello, a cura di P. Burchi, Roma 1965, pp. 250 s.; B. Bellone, I vescovi dello Stato Pontificio al Concilio Vaticano I, Roma 1966, pp. 183 s.; M. Maccarrone, Il concilio Vaticano I e il «giornale» di mons.Arrigoni, I, Padova 1966, p. 457; Ch. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates. Elite-rekrutierung, Karriere-muster und soziale Zusammensetzung der kurialen Führungsschicht zur Zeit Pius’ IX. (1846-1878), Stuttgart 1978, I, pp. 75, 131, 207 s., 260; II, 494-496, 538, 547, 564, 585, 607 s., 617, 620, 649, 674 s.; D. Fantini, L’episcopato di mons. E. O., in Studi romagnoli, XXXVI (1985), pp. 107-114; M. Tagliaferri, Lineamenti della chiesa istituzionale ravennate dalla rivoluzione francese ad oggi, in Storia di Ravenna. V, L’età risorgimentale e contemporanea, a cura di L. Lotti, Ravenna-Venezia 1996, pp. 150-153, nn. 130-143; Storia della chiesa di Cesena, a cura di M. Mengozzi, Cesena 1998, I,1, pp. 22, 586-588, 608; I,2, pp. 102-149, 151-153; II, pp. 281, 683 s., 744-747; Ph. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la Curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Roma 2002, pp. 116, 209, 219, 254, 260, 262, 272, 606; J. LeBlanc, Dictionnaire biographique des cardinaux du XIX siècle. Contribution à l’histoire du Sacré Collège sous les pontificats de Pie VII, Léon XII, Pie VIII, Grégoire XVI, Pie IX et Léon XIII, 1800-1903, [Montréal] 2007, p. 696.