MORSELLI, Enrico
MORSELLI, Enrico. – Nacque a Modena il 17 luglio 1852, da Giuseppe e da Melania Saccozzi, di famiglia nobile.
Il padre, ragioniere alle Finanze ducali degli Estensi di Modena, morì nel 1855, lasciando la moglie incinta della secondogenita, Giuseppina. La donna si trasferì con i figli presso suoi parenti a Correggio, dove visse sotto la tutela di un potente prozio. Per volere di questi, Enrico studiò in un reputato collegio religioso a Correggio e poi in un liceo privato a Modena, da cui fu però espulso per indisciplina.
Fin da piccolo, mostrò una certa inclinazione per le arti, la letteratura e, soprattutto, la filosofia: adolescente scrisse due tragedie rimaste inedite; a 17 anni pubblicò Spirito e materia. Conferenza sui rapporti fra il cervello e il pensiero (L’Eco delle Università, I, 1870) e a 18 il saggio di carattere antropologico Razze umane e la lotta per l’esistenza (Lo Studente, I, 1871).
Iscrittosi alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Ateneo modenese, ebbe modo di seguire le lezioni del darwinista e zoologo Giovanni Canestrini e dell’anatomista Paolo Gaddi, il quale alimentò nell’allievo l’interesse per la craniologia. Si laureò nel luglio 1874 con una tesi dal titolo La trasfusione del sangue, poi pubblicata da Loescher (Roma-Torino-Firenze, 1876, II ed., 1885), in cui approfondì il tema delle possibilità terapeutiche delle trasfusioni sul versante sia internistico sia psichiatrico, giungendo in conclusione a negarne l’efficacia.
Appena laureato e bisognoso di denari, accettò l’invito del professor Carlo Livi, direttore del rinomato manicomio di Reggio Emilia, a occuparsi di psichiatria e accondiscese, in cambio di vitto e alloggio, a ricoprire il posto di assistente volontario presso l’istituto. Pochi mesi dopo, sempre su suggerimento di Livi, ottenne anche un posto di perfezionamento in antropologia presso l’Istituto di studi superiori di Firenze sotto la guida di Paolo Mantegazza, il fondatore della Società italiana di antropologia. Qui, in un ambiente di matrice positivista e frequentato da ricercatori fautori dell’evoluzionismo, si convinse che le indagini di laboratorio non potessero scindersi dall’elaborazione teorica e che la scienza antropologica non dovesse ridursi alla raccolta e misurazione di cranio e corpo per ricavarne dettagli sulla natura e il carattere dell’uomo.
L’esperienza manicomiale al S. Lazzaro di Reggio Emilia, iniziata a partire dal 15 agosto 1874, gli permise di acquisire senso clinico e di familiarizzare, insieme all’assistente Augusto Tamburini, con l’approccio psichiatrico di Livi. Il tempo effettivamente trascorso da Morselli a Reggio Emilia fu piuttosto limitato, essendo parallelamente impegnato sia presso la scuola di Mantegazza, sia come assistente clinico di Carlo Ghinozzi presso l’arcispedale di S. Maria Nuova di Firenze (a partire dalla fine del 1875). Tuttavia, dalla frequentazione di Livi (La mente di Carlo Livi, in Rivista sperimentale di freniatria, V [1879], pp. I-XLVII) recepì il valore dell’abbinamento di empiria e speculazione nelle scienze mediche, e dall’amicizia con il collega Tamburini nacque forte il desiderio di contribuire al rinnovamento della psichiatria italiana. Essi auspicavano, infatti, una maggiore apertura teorica della specialità rispetto alla cosiddetta tecnica manicomiale e maggiori legami con altre discipline scientifiche. Decisero quindi di fondare una nuova rivista scientifica che, grazie all’appoggio e al consenso di Livi, vide la luce nel 1875 con la denominazione Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale in relazione con l’antropologia e le scienze giuridiche e sociali, a tutt’oggi attiva.
Fu lo stesso Morselli a raccontare quarant’anni dopo la genesi di quell’esperienza. Se era stato Livi a suggerire i termini freniatria e medicina legale da inserire nel titolo, «un altro scopo doveva avere la denominazione del nuovo periodico: stabilirne e definirne l’indirizzo metodologico. Su questo punto le nostre riflessioni non ci mettevano davanti un termine più espressivo di “sperimentale”. Il metodo della osservazione e dell’esperimento è nato in Italia, e costituisce la maggior gloria del pensiero scientifico nazionale» (Come nacque la Rivista sperimentale di freniatria, ibid., XLI [1915], pp. XXXVI- XLV).
La pratica presso la clinica medica di Ghinozzi consentì a Morselli di ampliare le conoscenze patologiche. Al ruolo di assistente clinico associò l’incarico di redattore de Lo Sperimentale, rivista medica fondata da Maurizio Bufalini, in cui si prediligeva l’approccio clinico rivolto al malato nella sua interezza e non alla sola patologia. In quello stesso periodo, ebbe l’opportunità di compiere un viaggio estivo con Cesare Lombroso attraverso la Garfagnana, la Lunigiana e la Lucchesia per motivi di studio antropometrico in terre di anarchici. Si impegnò anche nelle nascenti teorie dell’antropologia criminale ricoprendo il ruolo di perito psichiatra, insieme a Livi e a Francesco Bini, direttore del manicomio di Firenze, in un processo presso il Tribunale di Firenze che ebbe molta risonanza, sia nell’opinione pubblica sia nella comunità scientifica.
Nonostante i tre esperti psichiatrici avessero giudicato il confesso Carlino Grandi infermo di mente e, di conseguenza, non imputabile dell’omicidio di quattro bambini, costui fu condannato a vent’anni di carcere, causando l’accesa reazione di Morselli contro una cultura giuridica ancora incapace di accogliere l’oggettività delle prove scientifiche (L’uccisore dei bambini. Carlino Grandi. Studio medico-legale dei periti F. Bini, C. Livi, E. Morselli, Reggio Emilia 1879, già apparso in Rivista sperimentale di freniatria, III [1877], pp. 144-157, 352-369, 590-643, e ibid., IV [1878], pp. 515-575, 730-740). Anche in seguito, per decenni, Morselli avrebbe svolto il ruolo di psichiatra forense. Tra i suoi più celebri interventi, furono il processo contro il bandito Musolino (con Sante De Sanctis, Biografia di un bandito. Giuseppe Musolino di fronte alla psichiatria e alla sociologia, Milano 1903) e quello che ebbe a imputati i figli del clinico Augusto Murri (Linda e Tullio Murri. Studio psicologico e psichiatrico, Genova 1905).
A Firenze, tra l’altro, aveva trovato nell’assistente di Mantegazza, Ettore Regàlia, un grande amico, di cui sposò la sorella Pia poco prima di trasferirsi nel 1877 a Macerata, dove, a soli 25 anni, fu chiamato ad assumere l’incarico di direttore del manicomio provinciale S. Croce. Qui, Morselli avviò un’intensa attività di riforma dell’asilo, modificando le tecniche di assistenza dei ricoverati e introducendo una colonia agricola destinata all’ergoterapia (Sul lavoro agricolo e industriale nei manicomi, Sanseverino Marche, 1877). Nel 1878 fondò la Gazzetta del manicomio di Macerata, utilizzata anche per la formazione dei propri collaboratori e degli infermieri, alla cui selezione e preparazione riservò particolare importanza (Le scuole per gli infermieri nel manicomio, Macerata 1878). Queste iniziative però erano dettate più da spirito umanitario e buon senso che da precisione diagnostica e certezza dottrinaria.
Durante gli anni di residenza maceratese conseguì la libera docenza in psichiatria all’Università di Pavia (1877), intraprese esperimenti ipnotici, partecipò e vinse il concorso di studi sul suicidio in Italia indetto dal R. Istituto lombardo nel 1877. La monografia che ne conseguì, Il suicidio. Saggio di statistica morale comparata (Milano 1879), fu accolta così favorevolmente che nel 1887 ne uscì a New York la versione inglese.
In questo lavoro, Morselli tentava di combinare l’osservazione sperimentale, rappresentata dalla complessità del dato clinico, e l’elaborazione statistica quantitativa di stati psicologici e culturali. Secondo un’interpretazione evoluzionistica, vide nel suicidio un segno di debolezza e di rinuncia alla lotta per la sopravvivenza che avrebbe potuto prevenirsi attraverso un’idonea terapia pedagogica volta al rafforzamento del carattere di fronte all’insorgenza di problematiche personali e socio-culturali.
Nel 1880, il R. Manicomio di Torino gli offrì il primariato, carica che, secondo un regolamento albertino del 1837, era da associarsi alla docenza universitaria. Tale duplice ruolo gli avrebbe così consentito di abbinare all’esperienza ospedaliera e di laboratorio la teoria e la riflessione sui principi generali. Nei dieci anni trascorsi a Torino, Morselli lavorò instancabilmente a molteplici progetti: non solo continuò la sua collaborazione con la Rivista sperimentale di freniatria e con l’Archivio per l’antropologia e l’etnologia, ma iniziò anche quella con l’Archivio di scienze penali e antropologia criminale, fondato da Lombroso nel 1880, e con il Giornale della Società italiana d’igiene. Partecipò a innumerevoli conferenze e congressi, avviò corsi liberi di antropologia che successivamente sarebbero stati raccolti in un unico e sostanzioso trattato di Antropologia generale. L’uomo secondo la teoria dell’evoluzione (Torino 1911). Nel 1884 curò la sezione di antropologia all’Esposizione generale di Torino. In quegli anni dette altresì vita a opere che ebbero una larga influenza nella cultura italiana dell’epoca: nel 1881 fondò la Rivista di filosofia scientifica, il vero e proprio organo del positivismo italiano, che ebbe collaboratori importanti e dove egli stesso scrisse, fra l’altro, su Il darwinismo e l’evoluzionismo ( X [1891], pp. 709-746). Sulla base della propria esperienza clinica e di docente, dette alle stampe da Vallardi il primo volume del Manuale di semeiotica delle malattie mentali (Milano 1885) in cui tentava di coniugare empirismo e rigore classificatorio.
Presso l’Ateneo torinese ebbe per assistenti lo psicologo sperimentalista Gabriele Buccola, morto prematuramente nel 1885, ed Eugenio Tanzi, futuro direttore del manicomio di Firenze, con il quale condivise pure lo studio sperimentale dei fenomeni di ipnotismo e magnetismo che anche all’estero stavano suscitando un notevole interesse scientifico (Il magnetismo animale. La fascinazione e gli stati ipnotici, Torino 1886).
Se sul lato accademico Morselli poté beneficiare del contatto con numerosi ed esimi colleghi (fra gli altri, Angelo Mosso per fisiologia, Lombroso per la medicina legale, Giulio Bizzozero per patologia generale), nell’istituzione manicomiale incontrò maggiori resistenze. Quando mise piede nell’istituto torinese, vi trovò un luogo destinato alla custodia, piuttosto che alla cura, e in cui i mezzi di contenzione erano usati indiscriminatamente. Il Consiglio di amministrazione, dove il ruolo maggiore era ricoperto dal medico carcerario Angelo Perotti, non approvò la scelta del nuovo direttore di abolire catene, lucchetti e cinturoni.
Pare che a Torino avesse numerosi avversari e persecutori che, in certo qual modo, lo spinsero nel 1888 a rassegnare le dimissioni dall’ospedale e a chiedere il trasferimento presso l’Università di Genova. Il trasferimento gli venne accordato l’anno successivo e andò a occupare soltanto la cattedra del defunto Dario Maragliano, che invece aveva ricoperto anche la direzione dei manicomi. Nel capoluogo ligure, sede del primo nucleo positivista italiano, portò con sé l’assistente Tanzi e seppe poi coltivare altri allievi, tra cui Giuseppe Portigliotti, Giuseppe Vidoni, Moissey Kobylinsky. In effetti, il poliedrico professore insegnò negli anni diverse discipline, tra cui psichiatria, psicologia forense, psicologia sperimentale, antropologia, oltre a essere membro dell’Accademia ligure di scienze e lettere. Nel 1894 accettò la direzione della sezione neurologica del Policlinico, presso il quale già due anni prima aveva fondato l’ambulatorio per le malattie mentali, in cui offriva sia consulti gratuiti per indigenti sia visite a pagamento. Inoltre, dopo aver diretto nel 1887 lo stabilimento idroterapico di S. Maurizio Canavese, destinato in particolare a donne isteriche, inaugurò nei pressi di Genova la clinica privata Villa Maria Pia, che prometteva cure modernissime per psicopatici, neuropatici, morfo-cocainomani.
Anche negli anni genovesi Morselli si impegnò in molteplici attività: dalla stesura del secondo volume del Manuale di semeiotica delle malattie mentali, dedicato all’Esame psicologico della follia (Milano 1894), all’adesione a nuove esperienze editoriali, quali la Rivista di patologia mentale e nervosa curata dalla clinica psichiatrica di Firenze dal 1896, e la Rivista ligure di scienze, lettere e arti, organo della Società di letture e conversazioni scientifiche di cui egli stesso fu presidente dal 1899 al 1910 e che, negli anni della sua influenza, fu caratterizzato da un’esplicita adesione alla cultura positivista e da numerose critiche all’idealismo crociano. Costretto a chiudere la Rivista di filosofia scientifica nel 1891, Morselli non smise, tuttavia, di collaborare a svariati periodici di argomento scientifico, filosofico e anche sociologico. Perdurò anche il suo interesse per lo spiritismo, tanto che si iscrisse nel 1901 al circolo spiritista genovese La Minerva e seguì meticolosamente le imprese della medium Eusapia Paladino, dalla cui osservazione ricavò una monografia in due volumi, Psicologia e spiritismo (Milano 1908), entrando in polemica con Lombroso che aveva abbandonato ogni riserva.
Nel 1914 fondò un nuovo mensile, Quaderni di psichiatria; affidato alle cure redazionali del figlio Arturo (nato nel 1879 e anch’egli psichiatra) e dei suoi assistenti genovesi, esso adottava un approccio clinico e una struttura suddivisa in teoria e pratica. La rivista ospitò, durante gli anni di guerra in cui anche Arturo Morselli fu convocato alle armi, i resoconti delle nuove problematiche che gli alienisti si trovarono a dover affrontare per via del conflitto (simulazioni di pazzia, sindromi nervose tra soldati e civili, servizi neuropsichiatrici militari). Nel dopoguerra la scienza si adoperò per la rigenerazione morale e fisica della società e Morselli, nel 1919 eletto presidente della Società freniatrica italiana (poi Società italiana di psichiatria), mostrò interesse anche per l’eugenica e la profilassi sociale, seppur condannandone ogni estremismo. Dette alle stampe un suo studio su L’uccisione pietosa (Eutanasia) in rapporto alla medicina alla morale e all’eugenica (Torino 1923).
Con la stessa curiosità scientifica di sempre, ritenne di incoraggiare i primi tentativi di introdurre in Italia la dottrina di Sigmund Freud. In due criticatissimi tomi pubblicati dall’editore Bocca, l’ormai ultrasettantenne psichiatra intese dire la sua anche su La Psicanalisi(Torino 1926), di cui riconobbe la principale matrice teorica nell’evoluzionismo. D’altronde, negli ultimi anni di vita dedicò sempre maggiore attenzione proprio ai temi del sesso e della libido, ma la morte lo colse prima che potesse realizzare il progetto di un libro interamente dedicato a tali questioni, poi uscito postumo con la curatela del figlio Arturo (Sessualità umana secondo la psicologia, la biologia e la sociologia, Torino 1931).
Morì a Genova il 13 febbraio 1929.
Fonti e Bibl.: dalle lezioni universitarie tenute a Torino, un tomo manoscritto di appunti presi da E. Tanzi (Sunti di Psichiatria, 1887, 296 pp.) si trova ora nella Biblioteca del Centro di documentazione per la storia dell’assistenza e della sanità fiorentina, Firenze. Il profilo autobiografico di Morselli è in O. Roux, Infanzia e giovinezza di illustri italiani contemporanei. Memorie autobiografiche di letterati, artisti, scienziati, uomini politici, patrioti e pubblicisti, III, Gli scienziati, Firenze 1910, pp. 315-363; In memoria di E.M., in Quaderni di psichiatria, XVI (1929), con vari contributi, fra cui G. Portigliotti, Maestro. Le vite, le opere (1-2, pp. 7-15); A. Pieraccini, E. M. alle sue prime armi (3-4, pp. 46-52); F. Del Greco, Caratteristica di E. M. negli sviluppi delle scienze e della cultura italiana (7-8, pp. 121-123). Sulla Rivista di filosofia scientifica da lui fondata, P. Guarnieri, ‘La volpe e l’uva’: cultura scientifica e filosofia del positivismo italiano, in Physis, XXV (1983), pp. 301-36. L. Rossi, E. M. e le scienze dell’uomo nell’età del positivismo, Reggio Emilia 1984 (suppl. di Rivista sperimentale di freniatria, CVIII [1984], 6, pp. 2198-2218). Per due celeberrimi processi dove fu perito vedi P. Guarnieri, L’ammazzabambini. Legge e scienza in un processo di fine Ottocento, Torino 1988, poi Roma-Bari 2006 (trad ingl., A Case of child murder, Cambridge 1992), passim e, rispettivamente, V. Babini, Il caso Murri, Bologna 2004, passim. Vedi inoltre P. Guarnieri, Individualità difformi. La psichiatria antropologica di E. M., Milano 1986 (con bibliografia completa degli scritti), e M. Schiavone, I fondamenti scientifici della psichiatria nel pensiero di E. M., in Id., Bioetica e Psichiatria, Bologna 1990, pp. 83-154. Sul periodo ligure di Morselli: E. Maura - P.F. Peloso, Lo splendore della ragione. Storia della psichiatria ligure nell’epoca del positivismo, I, Genova 1999, pp. 145-218; P.F. Peloso, La guerra dentro. La psichiatria italiana tra fascismo e resistenza (1922-1945), Verona 2008, specie pp. 131-160. Morselli è tra gli psichiatri italiani selezionati dalla World Psychiatric Association (P. Guarnieri, E. M. in Anthologies in Italian Psychiatry, a cura di F.M. Ferro - C. Maj, New York 2002, pp. 177-186).