JUNCK (Junk, Yunck), Enrico
Nacque il 31 dic. 1849 a Torino, da Giovanni Battista, litografo, e Vittoria Mondino, sarta.
Il padre, di origine francese, aveva impiantato nella capitale sabauda una delle prime industrie litografiche del paese e, come dilettante d'arte, espose alcune prove grafiche alle mostre della Società promotrice di belle arti di Torino, negli anni 1842-43.
Lo J. fu avviato giovanissimo alla carriera commerciale, che però interruppe presto per iscriversi, nel 1864, al corso triennale di pittura dell'Accademia Albertina, dove ebbe per maestro E. Gamba. Completò la propria formazione artistica a Parigi, dove dimorò dal 1867 al 1871, frequentando i corsi di J.-L. Gérôme, all'École des beaux-arts, grazie ai quali si avvicinò all'orientalismo. All'ambiente dell'Accademia torinese rimase tuttavia legato a lungo: in particolare fu molto vicino ad A. Fontanesi, approdato all'Albertina solo nel 1869, al quale dedicò il penetrante Ritratto di Antonio Fontanesi, disegno a carboncino conservato presso la Galleria d'arte moderna di Torino. Fra i due si instaurò infatti un'assidua frequentazione, come riporta un contemporaneo: "il giovane artista agiato ed entusiasta, conquiso dal maestro gli poneva grandissimo affetto" (M. Calderini, Antonio Fontanesi. Pittore-paesista 1818-1882, Torino 1925, p. 157).
Al contrario dei suoi due maestri, Gamba e Gérôme, lo J. rimase immune dal fascino della pittura di storia e di costume e approdò all'orientalismo sviluppando l'attenzione al dato naturale.
Durante il soggiorno Oltralpe lo J. fu volontario nella guerra franco-prussiana; e di quest'esperienza resta vivida testimonianza in una delle prime prove pittoriche, Agli avamposti (ricordi della campagna del 1870), esposto nel 1871 alla Promotrice torinese, cui l'anno prima aveva inviato Guardia araba (1869).
Nel 1872 si stabilì a Milano, pur spostandosi spesso a Torino dove frequentò F. Mosso, e a Roma.
Nel 1877, lo J., insieme con C. Biseo, accompagnò E. De Amicis nel viaggio a Costantinopoli, restando affascinato da atmosfere, paesaggi, luoghi e usanze: fu lo J., infatti, a suggerire allo scrittore: "Percorriamo tutte le rive del Corno d'oro, anche a costo di camminare fino a notte. Faremo colazione in una taverna turca, faremo la solita siesta all'ombra di un platano e ritorneremo in caicco" (E. De Amicis, Costantinopoli, Milano 1912, p. 97).
La passione per l'Oriente condusse lo J. anche al Cairo, da dove riportò una nutrita serie di bozzetti e studi di soggetto esotico, oggi conservati presso la Galleria d'arte moderna di Milano (dove le sue opere giunsero, grazie al legato del fratello Benedetto, nel 1928). Ormai ammalato, da Roma si spostò a Pisa, in cerca di un clima che potesse giovargli alla salute, e invece qui morì il 18 nov. 1878, nemmeno trentenne.
Lo J. appartenne a quella generazione di pittori che piegarono l'impostazione naturalistica e la saldezza del disegno verso strade pittoricamente più libere, sia nel segno sia nel colore.
La breve vita rende impossibile operare una credibile periodizzazione della sua produzione, che invece può essere raccolta attorno ad alcuni nuclei tematici, stilisticamente accomunati dal deciso colorismo. Alla prima stagione, contraddistinta da una più spiccata fedeltà al vero, appartengono alcune opere dedicate ai soggetti popolari piemontesi, come Donne del Canavese, realizzato - insieme con Donne canavesi al rio, Funerali in montagna e Interno nel Canavese - durante i soggiorni fra i contadini di quella zona, ed esposto, con Il cenciaiuolo, a Torino nel 1872. A questa data risalgono, infatti, i primi consensi della critica, che ne sottolineò subito sia la forza dei temi, non sempre apprezzata, sia il vigore del cromatismo.
Alla medesima ispirazione, sostanzialmente realista, è da far risalire Il magnin, ritratto di un calderaio ambulante ripreso al lavoro nella pubblica via, inviato alla mostra della Promotrice del 1874, ma criticato per la rozzezza del tema; e Ninna nanna!, una delle sue opere più note, regolarmente esposta fin dal 1876. Il quadro, che ritrae una contadina mentre fila e culla un bimbo, si impose per la tranquilla soavità con cui è raffigurato, nella semplicità dell'impianto, il mondo degli affetti familiari. Un tema analogo, invece, è risolto in maniera più leziosa e decorativa nel coevo La strenna del bimbo.
In questo nutrito gruppo di quadri nati dall'osservazione sentimentale della realtà sono da annoverare anche Riposo dopo la compera, esposto al Salon parigino del 1873, e la natura morta intitolata Spesa giornaliera.
La pittura di Gérôme lo avvicinò a quell'Oriente che, in forme letterarie o coloristiche, attirò molti artisti di fine Ottocento soprattutto sulla scorta del fascino esercitato da un certo esotismo. A questa temperie appartengono un esiguo numero di lavori, ma tra i suoi più noti, come Almeé (Milano, Galleria d'arte moderna) e Ballerine orientali in riposo; nonché il già citato Guardia araba e Spagnola (1873: ibid.): tele dalle pennellate libere, spezzate e pastose, e dalle forti campiture cromatiche. Soprattutto Almée colpì per la sensualità della figura femminile. Sono questi i quadri che gli procurarono una più duratura notorietà, e ai quali è legata la fama di orientalista minore, risalente al 1940, quando le sue tele furono presentate alla I Mostra triennale delle terre italiane, svoltasi a Napoli.
Durante i soggiorni a Milano, dove visse con il fratello Benedetto animatore del loro salotto letterario e musicale, lo J. strinse amicizia, fin dal 1873, con T. Cremona (del quale possedeva Donna ridente). Proprio dall'ammirazione per il maggiore interprete della scapigliatura in pittura, sembra essere stato sollecitato ad affrontare temi più attuali e di ambientazione cittadina, ai quali bene si adattava la sua pennellata vibrante. Nascono così Meditazione (1875) e A teatro (1878), tele conservate alla Galleria civica d'arte moderna di Torino, ma anche La malatina, Balie ai giardini pubblici (entrambe presso la Galleria d'arte moderna di Milano) e In palco, con cui partecipò (insieme con Per la via e Ninna nanna!) all'Esposizione nazionale di belle arti, svoltasi a Napoli, nel 1877, tappa che segnò il riconoscimento oltre l'ambito strettamente regionale delle Promotrici.
All'ambiente degli intellettuali irregolari milanesi fu legato anche dall'amicizia con E. Praga che, nel 1875, ne tracciò un ritratto in versi, dai toni elegiaci, che mette a fuoco l'ispirazione più autentica e profonda di questo pittore, quella naturalistica (Trasparenze, Torino 1878, pp. 133-135).
La Società promotrice di belle arti di Torino, dove lo J. espose con regolarità negli anni Settanta, gli dedicò un primo omaggio con una mostra di dieci opere nel 1892, e successivamente, nel 1925, un'ampia retrospettiva con quarantacinque lavori, tra quadri e disegni, molti dei quali in collezioni private e presso gli eredi.
Fonti e Bibl.: Necr., in L'Illustrazione italiana, 1° dic. 1878, p. 348; Torino, Archivio arcivescovile, Registri della parrocchia di S. Eusebio…, 1850; Catalogues of the Paris Salon 1683 to 1881 (1873), a cura di H.W. Janson, London 1977, p. 119; L. Chirtani, Il magnin. Quadro del signor J. di Torino, in L'Illustrazione italiana, 18 ott. 1874, p. 190; R. Sacchetti, Esposizione di Brera, ibid., 10 sett. 1876, p. 227; Catalogo dell'Esposizione nazionale di belle arti del 1877 in Napoli, Napoli 1877, pp. 48, 52, 56; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte. 1842-1891, Torino 1893, pp. 448-455; F. De Filippis - B. Molajoli - S. Ortolani, Le terre d'Oltremare e l'arte italiana dal Quattrocento all'Ottocento, Napoli 1940, p. 255; Mostra del centenario della Società promotrice delle belle arti in Torino. 1842-1942, a cura di M. Bernardi - U. Bonfante, Torino 1952, p. 63; R. Maggio Serra, La pittura in Piemonte nella seconda metà dell'Ottocento, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1990, I, p. 77; P. San Martino, ibid., II, pp. 874 s. (al quale si rimanda per la bibliografia); Tranquillo Cremona. Catalogo ragionato, a cura di R. Bossaglia, Milano 1994, pp. 202, 212; Antonio Fontanesi, a cura di R. Maggio Serra, Torino 1997, pp. 236, 248; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIX, p. 314.