GUICCIARDI, Enrico
Nacque a Novara il 18 maggio 1909 da Giuseppe e Maria Tobler. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza di Padova, fu allievo di E. Catellani, di cui pubblicò, insieme con A. Amorth, le dispense delle lezioni del corso di diritto internazionale (Padova 1928), e di D. Donati sotto la cui guida si laureò, con il massimo dei voti e lode, il 16 luglio 1930, discutendo una tesi in diritto costituzionale sul Consiglio nazionale delle corporazioni.
Dedicatosi alla ricerca, privilegiò temi di diritto amministrativo, iniziando un ampio studio sulla disciplina dei beni demaniali. Il 1° febbr. 1931 divenne assistente ordinario presso l'istituto di diritto pubblico della facoltà di scienze politiche di Padova e nel 1933 partecipò al concorso per la cattedra di diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione, bandito dall'Università di Messina, ottenendo un giudizio di maturità. Sempre nel 1933 ricevette l'incarico d'insegnamento di diritto interno (costituzionale e amministrativo) presso il R. Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Venezia, Ca' Foscari, e l'anno successivo tenne un corso di istituzioni di diritto pubblico, con particolare riguardo all'ordinamento corporativo, presso la scuola sindacale Franco Gozzi di Venezia.
Nel 1934 pubblicò a Padova, nella collana "Studi di diritto pubblico" diretta da Donati, il volume Il demanio.
Criteri distintivi dei beni demaniali rispetto a quelli patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici erano, per il G., la "necessarietà del bene" e la specifica destinazione dello stesso rispetto alla "funzione dell'ente cui esso appartiene": di conseguenza, a suo parere, era definibile demaniale "ogni bene immobile, appartenente ad un ente pubblico territoriale, e necessario ad una funzione esclusiva dell'ente stesso, che ad esso lo abbia destinato". In base a questi criteri il G. individuava tutti i beni appartenenti alla categoria del demanio, tenendo conto sia della disciplina adottata dagli altri ordinamenti statali sia della più recente legislazione italiana, quale il r.d. 29 luglio 1927 sulle miniere e il testo unico sulle acque pubbliche e gli impianti elettrici, approvato nel 1933, che "applicando il criterio della attitudine ad usi di pubblico, generale interesse per qualificare le acque pubbliche, sconvolge schemi e definizioni precedenti" (Amorth). Lo studio proseguiva con l'analisi degli atti normativi di inizio, modifica e cessazione della demanialità, per concludersi con l'esame degli effetti della demanialità sui beni.
Sul tema del demanio tornò anche negli anni successivi con i saggi Sui riflessi processuali del diritto all'uso dei beni demaniali, in Il Diritto dei beni pubblici, XI (1935), pp. 145-158; Le miniere, cave e torbiere e la qualificazione giuridica, ibid., XII (1936), pp. 713-737; In tema di rivendica di beni patrimoniali (ipotesi) quotizzati come demaniali, ibid., XV (1939), pp. 668-671; Strade comunali e ripartizione di demani collettivi, ibid., pp. 140-151; La potestà tributaria degli enti autarchici nei confronti del demanio dello Stato, Padova 1939; Il concetto di demanio pubblico nel nuovo codice civile, in Stato e diritto, IV (1943), pp. 97-127.
Nel 1935 cominciò, poi, a occuparsi del tema della giustizia amministrativa che diventerà prevalente nei suoi studi successivi. In quell'anno pubblicò, nella Rivista di diritto processuale civile, XII, pp. 122-168, il saggio I motivi di ricorso nei rapporti tra ricorso gerarchico e ricorso contenzioso (poi riedito nella raccolta E. Guicciardi, Studi di giustizia amministrativa, Torino 1967, pp. 93-144) in cui criticava l'indirizzo del Consiglio di Stato contrario alla proponibilità in sede contenziosa dei motivi di ricorso non dedotti già in sede gerarchica.
Collaboratore della collana di testi giuridici "Biblioteca legislativa" e dell'Archivio di diritto pubblico, nel 1935 ottenne prima la libera docenza in diritto amministrativo, poi, il 4 agosto, vinse il concorso a cattedra della stessa disciplina bandito dall'Università di Urbino e fu chiamato dalla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Cagliari. L'anno successivo si trasferì alla medesima cattedra nell'Università di Padova.
Nel 1936 pubblicò, a Padova, il volume Le transazioni degli enti pubblici, nel quale sosteneva la legittimità per lo Stato e gli enti pubblici di concludere transazioni in rapporti sia di diritto privato sia di diritto pubblico.
Il G. descriveva, con ricchezza di particolari, le varie fasi della costruzione del negozio transattivo della pubblica amministrazione e la "determinazione dei principi che tale negozio informano e governano". Si soffermava, inoltre, a valutare gli effetti di diritto sostanziale e processuale da questo prodotti, le conseguenze della sua esecuzione o inesecuzione, le cause di invalidità e la sua dissoluzione. Tale lavoro permetteva al G. di differenziare la transazione di diritto pubblico da altri negozi che potevano avere medesimi effetti.
La ricerca offrì al G. anche l'occasione per riflettere sulla nozione di interesse legittimo, tema trattato nella prolusione con cui, nel novembre 1936, inaugurò il suo corso di studi nell'ateneo di Padova (Concetti tradizionali e principî ricostruttivi nella giustizia amministrativa, in Arch. di diritto pubblico, II [1937], pp. 51 ss., poi in Studi di giustizia, pp. 1-23).
Qui egli criticava l'opinione tradizionale, secondo la quale la causa petendi nei giudizi amministrativi era la tutela di "una facoltà giuridica […] un tantino meno piena" del diritto soggettivo, per sostenere che essa consisteva nella "tutela dell'interesse pubblico contro l'atto amministrativo illegittimo". Un'interpretazione, questa, che comportava importanti conseguenze nella lettura complessiva del contenzioso amministrativo. Alla competenza del Consiglio di Stato il G., comunque, riteneva dovesse essere sottratto il sindacato sull'atto politico che, pur rientrando formalmente tra i provvedimenti amministrativi, non era stato menzionato nel testo unico sulla giustizia amministrativa e che il G. giudicava in sé necessariamente legittimo (Atto politico, in Arch. di diritto pubblico, II [1937], pp. 265-320).
Divenuto professore ordinario nel 1938, continuò a occuparsi di questioni relative ai servizi e ai beni pubblici (Servizio pubblico e diritti privati, in Il Diritto dei beni pubblici, XIV [1938], pp. 148-157; La proprietà pubblica nella riforma del Codice civile, in Arch. di diritto pubblico, III [1938], pp. 380-393; Proprietà pubblica e servitù legali, in Foro delle Venezie, IX [1938], coll. 626-634; Danni da pubblici servizi e possibilità di risarcimento, ibid., coll. 352-360); e si interessò di problemi fiscali (Revoca e condizione nel concordato fiscale, Padova 1937; Sui poteri dell'intendenza di Finanza nel rimborso della tassa di registro, ibid. 1938; "Actio in rem verso" e spese comunali obbligatorie, in Foro delle Venezie, X [1939], coll. 150-158). Ma fu soprattutto il tema della giustizia amministrativa ad attirare i suoi interessi di ricerca (Consiglio di Stato, in Nuovo Digesto italiano, III, Torino 1938, pp. 890-908; L'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato dei tribunali, in Arch. di diritto pubblico, III [1938], pp. 250-296, e in Scritti di diritto pubblico in onore di Santi Romano, II, Padova 1940, pp. 393-433; I limiti soggettivi del giudicato amministrativo, in Giurisprudenza italiana e la legge, XCIII [1941], 3, coll. 17-26, poi in Studi di giustizia, pp. 326-345).
Nel 1938 curò, insieme con L. Raggi, il Codice amministrativo (Padova), di cui poi curò, da solo, la seconda (1954) e la terza edizione (1958) e, con la collaborazione di L. Mazzarolli, la quarta (1968): di modo che, come ricorda lo stesso Mazzarolli, il Codice "fu presto designato come il Codice Guicciardi". Nel 1941 curò, inoltre, la pubblicazione del Codice della giustizia amministrativa (Padova). L'anno successivo pubblicò, sempre a Padova, il corso di lezioni La giustizia amministrativa (già stampato in forma di dispense nel medesimo anno).
Il G. vi evidenziava i più rilevanti principî di giustizia amministrativa e ribadiva gli aspetti più originali della sua interpretazione (ne pubblicò una nuova edizione nel 1954 resa necessaria dopo l'entrata in vigore della costituzione repubblicana).
Dopo la guerra il G. ritornò sui temi tradizionali della sua ricerca (Arbitrato rituale, arbitrato necessario, giurisdizione speciale, in Riv. di diritto pubblico, XXXIV [1943], 1, pp. 259-277, poi in Studi di giustizia, pp. 476-499; Il contraddittorio nel ricorso gerarchico, ibid., pp. 145-179; "Causa petendi" e "petitum" nei rapporti fra giurisdizione ordinaria e amministrativa, in Giurisprudenza italiana e la legge, XCVIII [1946], 1, coll. 181 ss.; L'annullamento della decisione dell'autorità gerarchica e i suoi effetti sull'atto dell'attività inferiore, ibid., 3, coll. 27-30, ambedue poi in Studi di giustizia, rispettivamente pp. 24-28 e 196-202); nel 1946 assunse la direzione della parte III della rivista Giurisprudenza italiana, dedicata alla giustizia amministrativa.
Da allora si impegnò in un continuo lavoro di analisi della giurisprudenza del Consiglio di Stato con numerosissime note a sentenza che si distinguono per la lettura originale e innovativa (le più importanti sono elencate negli Studi in memoria di E. G., pp. XXV-XXVIII, e molte di queste sono pubblicate nel già ricordato volume Studi di giustizia).
In questi anni affiancò l'impegno didattico e di ricerca - insegnò anche, per incarico, istituzioni di diritto pubblico nella facoltà di scienze politiche di Padova - con un'intensa attività professionale e, nel 1954, entrò a far parte del Consiglio nazionale forense, di cui divenne vicepresidente nel 1958 e presidente nel 1969.
Tra i suoi ultimi lavori si ricorda, in particolare, la voce Consiglio di Stato, in Novissimo Digesto italiano, IV, Torino 1959, pp. 184-204, e la conferenza tenuta il 20 apr. 1968 presso l'Accademia nazionale dei Lincei, di cui era socio, su L'articolo 42 della Costituzione e la svalorizzazione della proprietà privata (Roma 1968), nella quale metteva in luce l'evoluzione giurisprudenziale della Corte costituzionale in tema di proprietà privata, di esproprio, di "svalorizzazione" della proprietà legata ai vincoli territoriali e del giusto indennizzo.
Il G. morì a Padova il 3 dic. 1970.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell'istruzione superiore, Divisione I, Liberi docenti, s. 3, (1930-50), b. 257; S. Cassese, Cultura e politica del diritto amministrativo, Bologna 1971, pp. 40, 110; A. Amorth, E. G., in Studi in memoria di E. G., Padova 1975, pp. IV-XXVIII; B. Sordi, Giustizia e amministrazione nell'Italia liberale. La formazione della nozione di interesse legittimo, Milano 1985, p. 472; G. Azzariti, Dalla discrezionalità al potere. La prima scienza del diritto amministrativo in Italia e le qualificazioni teoriche del potere discrezionale, Padova 1989, pp. 302 n., 304 n.; C. Mozzarelli, "La rettitudine del metodo". Storia scientifica dei concorsi a cattedra in diritto amministrativo tra le due guerre, in Il diritto amministrativo negli anni Trenta, Bologna 1992, pp. 90, 94; L. Mazzarolli, Prefazione a Codice amministrativo, Padova 1994, p. V; G. Melis, La Storia del diritto amministrativo, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, a cura di S. Cassese, I, Milano 2000, pp. 130 s., 148 n.; G. Fois, I concorsi universitari, in Riv. trimestrale di diritto pubblico, LI (2001), pp. 1213, 1215; E. Gustapane, Le riviste di giurisprudenza, ibid., p. 1580; A. Sandulli, Il giudice amministrativo e la sua giurisprudenza, ibid., p. 1377; F. Soddu, Gli studiosi di diritto costituzionale, ibid., p. 1139; M. Fioravanti, La scienza del diritto pubblico. Dottrina dello Stato e della costituzione tra Otto e Novecento, II, Milano 2001, p. 739 n.; L. Mannori - B. Sordi, Storia del diritto amministrativo, Bari 2001, ad indicem.