GOLINELLI, Enrico
Nacque a Civitanova Marche, nel Maceratese, il 3 ag. 1848 da Luigi e da Maria Luigia Salvatori. Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Roma, si stabilì a Bologna dove esercitò con successo la professione forense. Contemporaneamente, attratto dalle maggiori personalità della democrazia bolognese, si inseriva nell'ambiente politico e culturale della città, tanto da divenire nel 1879 segretario della locale Associazione democratica, in cui spiccavano le figure del presidente A. Saffi e dei vicepresidenti G. Carducci e G. Ceneri. Nel 1886 entrò a far parte della loggia massonica VIII Agosto di cui divenne, poi, venerabile.
Si ridefinivano intanto, sotto la pressione delle forze socialiste emergenti, l'identità e il sistema di alleanze della Sinistra democratica così nell'area bolognese come in quella padana e si produceva una distinzione, ancor più netta che nel passato, tra quelle forze e la composita galassia di democratici, repubblicani e radicali. Fu così che, scioltasi nel 1887 l'Associazione democratica, il G. fu tra i promotori di una più larga e meglio caratterizzata coalizione progressista che diede vita nel 1891 al Circolo democratico. Alle elezioni amministrative di quello stesso anno concorse dunque una nuova alleanza cui aderirono l'ala progressista della massoneria bolognese, esponenti del nuovo corso giolittiano, come A. Marescalchi, i due circoli repubblicani, i radicali e una nutrita pattuglia di socialisti riformisti, alcuni dei quali facevano pure parte della massoneria. L'alleanza, che prese il nome di Unione dei partiti popolari, si rafforzò nelle successive tornate elettorali, fino a sconfiggere, nelle amministrative del 1902, la coalizione clerico-moderata. Interrotta così la lunga egemonia dei moderati, che per mantenere il potere non avevano esitato ad allearsi con i cattolici, il G. fu eletto sindaco e posto a capo di un'amministrazione tesa ad affermare una maggiore autonomia locale anche attraverso l'adesione alla Lega dei Comuni. Tra gli obiettivi della nuova giunta c'erano un rapporto preferenziale con le classi popolari, tramite l'erogazione di un regolare contributo alla Camera del lavoro, e la gestione diretta di alcuni servizi pubblici (nettezza urbana, gas, illuminazione, trasporti) per marcare la funzione sociale del Municipio. Altri obiettivi riguardavano il rinnovamento dell'istruzione e l'esecuzione di opere di pubblica utilità, volte al risanamento dei quartieri popolari, all'estensione della rete fognaria, e simili. In materia fiscale si voleva trasformare l'imposta di famiglia da proporzionale in progressiva e ci si impegnava a restringere la cinta daziaria, in modo da alleggerire i tributi sulla popolazione che abitava in periferia e nel contado. Quest'ultimo proposito, che aveva animato non poco la campagna elettorale, si mostrò di difficile realizzazione e finì col far emergere contrasti interni alla stessa coalizione.
La breve durata dell'amministrazione popolare spiega, da un lato, la parzialità dei risultati raggiunti e contribuisce, dall'altro, a evidenziarne la fragilità. Il senso di quel tentativo non va sottovalutato: esso nasceva dal malessere e dal disorientamento di ceti medi e strati popolari della società urbana che non potevano più trovare composizione rispetto alle logiche di potere e agli interessi dei gruppi dominanti. Tuttavia, le difficoltà e i limiti dell'amministrazione Golinelli dimostrarono la mancanza di uno spazio reale per una "terza forza", in un contesto in cui cresceva continuamente il livello e l'asprezza dello scontro sociale.
Nel 1905 i conservatori, alleati con i clericali, riconquistarono il Comune. La nuova giunta, guidata da G. Tanari, attaccò con decisione proprio il tentativo fatto dal G. di stabilire un rapporto tra l'amministrazione comunale e il movimento operaio. Fu, perciò, revocato il contributo alla Camera del lavoro e si discriminarono le cooperative a essa vicine. Si ristabilì, insomma, una prassi di appalti, tutta favorevole agli interessi delle maggiori imprese private. Se il radicalizzarsi dello scontro sociale, che dalle campagne si era venuto estendendo anche nel proletariato urbano, non lasciava molto spazio a una coalizione di forze politiche il cui carattere progressista conservava matrici diverse, anche l'inasprirsi della lotta politica a livello nazionale, con lo sciopero generale del 1904, non facilitava la convergenza tra orientamenti differenti.
Da una parte, proprio per i notevoli progressi fatti nella provincia, i socialisti bolognesi erano indotti a perseguire l'obiettivo di conquistare da soli l'amministrazione comunale. Dall'altra, non pochi esponenti dell'Associazione democratica si riallinearono del tutto con la politica governativa di G. Giolitti. Le successive elezioni amministrative del 1908 confermarono il peso dei clerico-moderati che, guidati sempre dal Tanari, ottennero 6280 voti, mentre i socialisti, che si erano presentati da soli, ne ebbero 2900 e i radicali non andarono oltre i 1170. In pratica, si verificò il rovesciamento della situazione del 1904. A questi fatti si aggiunse la vicenda del Resto del carlino, per tanto tempo espressione dei circoli democratici bolognesi, passato nel 1909 a una nuova proprietà e portato sulle posizioni conservatrici degli agrari.
Ciò tolse ogni possibilità di espressione agli orientamenti democratici, pur presenti nella società cittadina. Si creò, così, lo spazio per un nuovo quotidiano, il Giornale del mattino, che, dall'11 dic. 1910, cercò di rilanciare un'iniziativa politica simile a quella perseguita dall'Unione popolare. Il G. fu tra i principali attori dell'operazione, insieme con A. Oviglio, E. Jacchia e con il concorso dei socialisti riformisti U. Lenzi e G. Bentini, già compagni delle precedenti battaglie. Alla riuscita contribuì non poco il prestigio personale del G., che era andato crescendo a livello non solo locale. Però il tentativo di cui si fece portavoce il nuovo giornale, quello, cioè, di un ricompattamento delle forze di sinistra, dovette fare i conti con il prevalere delle divergenze tra le diverse componenti: divergenze che riesplosero nella maniera più evidente di fronte alla guerra di Libia.
Morendo a Bologna il 4 febbr. 1911, il G. non assistette comunque al naufragio dei suoi ripetuti tentativi di riunificare le forze di sinistra.
Fonti e Bibl.: Necr. in Giornale del mattino, 5 febbr. 1911. Si veda anche il profilo tracciato in una lunga comunicazione della questura di Bologna del 12 marzo 1895, in Arch. di Stato di Bologna, Gabinetto di prefettura, 1895, cat. 1, fasc. 1. Nello stesso fondo si vedano varie relazioni del prefetto al ministro dell'Interno: in particolare quelle del 9 nov. 1899, del 26 luglio 1901 e del 6 luglio 1902. Di utile consultazione sono vari numeri del Resto del carlino nelle annate 1879-91, 1894-96, 1899-1906, 1908-11, della Squilla nelle annate 1902-06, 1908-11, del Giornale del mattino nelle annate 1910-11. Si confrontino, inoltre, le seguenti memorie e monografie: La fondazione Radium in memoria di E. G., Bologna 1915; U. Melloni, L'allargamento della via Rizzoli, in Comune di Bologna, gennaio 1931, pp. 8-12; A. Bignardi, Diz. biogr. dei liberali bolognesi (1860-1914), Bologna 1956, pp. 18 s.; N.S. Onofri, La Grande Guerra nella città rossa. Socialismo e reazione a Bologna dal 1914 al 1918, Milano 1966, pp. 16, 28, 90, 94, 223, 250, 297, 331; G. Venturi, Episcopato, cattolici e Comune a Bologna. 1870-1904, Bologna 1976, pp. 200, 247 s., 272-274, 277, 279, 281 s., 284-287, 324; M. Malatesta, Il Resto del Carlino. Potere politico ed economico a Bologna dal 1885 al 1922, Milano 1978, pp. 96 s., 132, 153, 172; I. Masulli, Crisi e trasformazione: strutture economiche, rapporti sociali e lotte politiche nel Bolognese (1880-1914), Bologna 1980, pp. 221-225; P.P. D'Attorre, La politica, in Bologna, a cura di R. Zangheri, Roma-Bari 1986, pp. 77, 91 s., 96, 114.