GIANERI, Enrico (Gec)
Nacque a Firenze il 9 nov. 1900 da Cesare e da Maria Germanetti, entrambi di origine sarda.
Compì gli studi a Cagliari, e nell'ambito della scuola debuttò come caricaturista e scrittore umoristico redigendo e illustrando da solo un foglio ciclostilato. Dal 1919 iniziò a stringere rapporti con l'ambiente del giornalismo cagliaritano di orientamento socialista-democratico, divenendo in breve una delle penne principali del Popolo sardo e del Risveglio dell'isola, nonché segretario della Stampa sarda; mentre nello stesso periodo compariva la sua firma anche sulle pagine del Giornale d'Italia e del Popolo romano. Sempre nel 1919, sotto lo pseudonimo di Gec (iniziali di Gianeri Enrico Cagliari), cominciò ufficialmente la sua attivissima carriera di caricaturista politico fondando e dirigendo a Cagliari la rivista satirica La Freccia (1919-22), uno degli epicentri del caricaturismo locale.
La fine degli anni Dieci aveva aperto d'altra parte una fase di risveglio per la satira politica. Dopo la crisi segnata dalla guerra, gli autori sentirono la necessità d'imporsi con un timbro nuovo, più aggressivo e polemico, in grado di dare una visibilità forte ai molti problemi posti dal conflitto. Sul filo di quest'onda rabbiosa, il G. sviluppò un segno teso ed essenziale, capace di dar vita a spietate immagini di radicale sintesi bianco-nera che trovarono rapidamente consenso presso la stampa più impegnata in direzione socialista. Dal 1919 numerosi furono infatti i periodici cui collaborò come illustratore: il livornese Onorevole 509; La Fiamma verde, diretta a Milano dal giovanissimo Massimo Notari, figlio dell'editore Umberto; Azione studentesca di Bologna; Il Pupazzo di Salerno. Sul fronte isolano, dove già dai primi anni del secolo nell'ambito dell'editoria illustrata era in atto uno straordinario fermento creativo, contribuì a Fulmini (1921); Almanacco del quarto potere (1921), in cui con matita feroce e sicura tracciava una serie di ritratti dei protagonisti del giornalismo sardo; Sale e pepe (1921); Sardegna nova (1922).
Dopo aver partecipato nel 1922 con dodici tavole alla Mostra nazionale viaggiante della caricatura - che si tenne a Roma, Venezia, Milano e Torino - il G. si stabilì a Torino per terminare gli studi in giurisprudenza. Sempre nel 1922 entrò a far parte della redazione del Pasquino, del quale assunse la direzione l'anno seguente.
Il Pasquino era il più importante dei periodici satirici italiani, palestra privilegiata per le sferzate dei migliori caricaturisti della penisola, come C. Teja e F. Gonin. Sotto la direzione del G. la rivista lanciò numerosi nuovi collaboratori, tra cui P. Garretto, L. Apolloni, M. Quaglino, L. Longanesi.
Dichiaratamente schierato tra le frange antifasciste e con un disegno sempre più energico e pungente, a tratti incline a geometrie di marca déco, il G. collaborò negli anni Venti a numerose testate italiane e straniere: Cuor d'oro, Il Monocolo, IlCestino da viaggio, Numero, Galleria di Milano, Monsignor Perrelli, L'Asino (che dovette chiudere nel 1925 dopo ripetuti attacchi da parte del regime), il parigino Le Journal amusant, gli spagnoli Caras y caretas e Buen Humor. Su posizioni di decisa contestazione antifascista nel dicembre 1924 il G. fondò a Torino Codino rosso, che venne chiuso l'anno seguente.
Negli anni Sessanta il G. (Io-Gec, in Cronache d'altri tempi, n. 165, gennaio 1968) definì il periodico "un rosario di guai, agguati, trappole, denunzie, sequestri, aggressioni, intimidazioni, processi […]. Letti di ospedale alternati con letti di soubrettes […]. Il bernoccolo della caricatura alternato coi bernoccoli del manganello". Il periodico non ebbe lunga vita: "Il fascismo lo perseguitò in tutti i modi e giunse perfino a inventare un distributore che ritirava l'intera tiratura. E i giornali venivano trionfalmente bruciati nella sede del fascio", come ricordò l'autore nel testo Cento anni di caricatura politica, pubblicato nel catalogo della mostra Cento anni di satira politica in Italia (Firenze 1976, p. 32).
Nel 1930 il regime soppresse anche Il Pasquino. Negli anni successivi il G. fu costretto a nascondere la propria firma sotto pseudonimi quali Harry Box e H.G. Watson. La sua attività come caricaturista subì una radicale riduzione e si limitò alla collaborazione (dal 1935 al 1941) con il Corriere dei piccoli, settimanale per l'infanzia del Corriere della sera che poteva vantare in quegli anni disegni eseguiti dalle migliori matite italiane, e con Settebello (dal 1939 al 1940), rotocalco illustrato quasi tascabile, ispirato al francese Ric Rac.
Dal 1926 il G. aveva intanto iniziato a dedicarsi all'attività di traduttore, lavoro che, per sopravvivere, esercitò soprattutto dal 1930 al 1935. Tra le opere che tradusse, va segnalata, in particolare, la serie di romanzi di M. Teissier (Gli amanti sereni, Gli amori tranquilli, La foresta che piange, Storie di briganti e altri) e di W. Williams (L'uomo dal piè storto, La casa sulla scogliera, Servizio segreto, Le vendette di "Piè storto").
Arrestato a poche settimane dall'armistizio, il G. rimase alcuni mesi in prigione, quindi nascosto per un anno, fino all'aprile del 1945. Nel dopoguerra poté quindi riprendere a Torino le redini del Codino rosso e del glorioso Pasquino, che sotto la sua direzione festeggiò nel 1955 il primo centenario (appena un anno prima di chiudere definitivamente). Godendosi la nuova temperie di tolleranza, il G. continuò la sua attività di disegnatore satirico allargando il suo raggio d'azione per comprendere nuovi temi (come il femminismo) e nuove polemiche (scandalistiche e partitiche). Tuttavia, a partire dalla metà degli anni Cinquanta la sua attività fu soprattutto quella di storico e teorico della caricatura e dell'illustrazione, attraverso la pubblicazione di un altissimo numero di volumi in cui la verve satirica si traduce nella scrittura attraverso uno stile brillante, graffiante, caustico e scanzonato.
Oltre allo scritto Cento anni di caricatura politica - testo che, attraverso l'analisi della storia della caricatura da Annibale Carracci al Novecento, si rivela fondamentale per ricostruire l'itinerario del disegno satirico in Italia - opere chiave per la storiografia caricaturale sono anche i libri La vita è dura ma è comica (Milano 1940), Storia della caricatura (ibid. 1959) e Storia della caricatura europea (Firenze 1967), nonché i molti di carattere tematico che offrono sui singoli argomenti ricchissimi repertori iconografici: L'intesa cordiale. L'Inghilterra nella caricatura francese (Milano 1940); 1890-1915. Un quarto di secolo di caricatura mondiale (ibid. 1940); D'Annunzio nella caricatura mondiale (ibid. 1941); La donna, la moda e l'amore in tre secoli di caricatura (ibid. 1942); Il Cesare di cartapesta. Mussolini nella caricatura mondiale (ibid. 1946); Il piccolo re. Vittorio Emanuele nella caricatura mondiale (Torino 1946); Cavour nella caricatura nell'Ottocento (ibid. 1957); De Gaulle ieri, oggi, domani (ibid. 1958); Fischia il sasso… Fischia il sesso… 40 anni di costume nella caricatura (Milano 1964); Palamidone. Giolitti nella caricatura (Torino 1966); 1914-1918. Cinquant'anni dopo. La prima guerra mondiale vista da caricaturisti americani, austriaci, belgi, danesi, francesi (Arezzo 1968); La caricatura internazionale durante la seconda guerra mondiale (Novara 1971).
Importantissima, in quanto prima nel genere, fu quindi la Storia del cartone animato (Milano 1960).
A partire dall'inizio degli anni Sessanta il G. iniziò inoltre a occuparsi di storia, cultura e folclore piemontese, dando alle stampe un considerevole numero di volumi, tutti pubblicati a Torino.
Gianduja nella storia e nella satira (1962); Proverbi piemontesi. Piccola enciclopedia (1971); Storia di Torino dalle origini ai giorni nostri (1973); Torino nera. Cento anni di delitti (1974); Don Pipeta e la perpetua e le barzellette che raccontano i preti (1974); Vôcabôlari dla mala (1976); Storia della Torino industriale. Il miracolo della Ceronda (1976); Motti e proverbi piemontesi, (1976); Guida di Torino (1978).
Il G. morì a Torino il 24 genn. 1984, lasciando una ricchissima raccolta di disegni, libri e giornali umoristici oggi conservata presso l'Archivio storico della città di Torino.
Fonti e Bibl.: Caricature of to-day, introduz. di R. Daves, in The Studio, n. speciale, London 1928, tav. 136; L'umorismo nell'arte. Prima Biennale della caricatura, Tolentino 1961, p. 32; Umoristi italiani 1890-1925, a cura di G. Mosca, Roma 1966, p. 179; A. Faeti, Guardare le figure, Torino 1972, p. 202; G. Della Maria - A. Della Maria, Casteddaius. Nomignoli e caricature, Cagliari 1977, pp. 47 s.; P. Pallottino, Brutto e di cartapesta, Mussolini da un'antologia dimenticata, in Il Manifesto, 8 sett. 1981; Id., Radici dell'illustrazione e della caricatura socialista in Italia, in L'immagine del socialismo (catal.), Venezia 1982, pp. 97, 118; A. Dragone, Il graffio di Gec l'anticonformista, in La Stampa, 26 genn. 1984; G. Arpino, Due grandi in formato minimo, in Il Giornale, 4 febbr. 1984; C. Grifoni, Il graffiante Gec in punta di matita, in Piemonte vivo, XVIII (1984), 3, pp. 37-41; P. Pallottino, Sei matite eccellenti, in Schedario (Firenze), XXXIII (1985), 196, pp. 120 s.; P. Pallottino, Storia dell'illustrazione italiana, Bologna 1988, ad indicem; G. Altea - M. Magnani, Le matite di un popolo barbaro. Grafici e illustratori sardi 1905-1935, Sassari 1990, pp. 141 s., 178; Il graffio di Gec. E. G. (catal.), a cura di A. Dragone - L. Ronconi - G. Brizio - W. Beck - P.E. Fiora, Torino 1993; S. Francia, Il mondo è caricatura, in La Stampa, 3 dic. 1993; M. Nelrotti, I graffi di Gec tra futurismo e realismo, ibid., 4 dic. 1993; G. Martina, Gec, la matita graffiante, in La Repubblica, 3 dic. 1993.