FORLANINI, Enrico
Nacque a Milano il 13 dic. 1848 dal medico Francesco e da Marianna Rossi. Nella città natale compì quattro anni di studi tecnici, passando poi al collegio militare, quindi all'Accademia militare di Torino e infine alla Scuola di applicazione di artiglieria e genio, dalla quale uscì nel 1870 con il grado di sottotenente del genio e con destinazione all'officina del genio di Casale Monferrato. Ivi costruì e sperimentò alcuni modelli di eliche e un prototipo di elicottero a due eliche.
I settori della tecnica da lui approfonditi negli anni successivi furono quelli degli elicotteri, dei dirigibili, dei motori per aeromobili e infine quello dello studio di superfici sostentatrici in campo sia aeronautico sia idrodinamico.
Nel 1874 ottenne un'aspettativa per motivi di studio e si iscrisse alla facoltà di ingegneria del politecnico di Milano, ove - grazie agli studi precedenti - poté laurearsi ingegnere industriale già nel 1876.
Ripresa la carriera militare, venne destinato all'officina del genio di Alessandria, ove progettò e costruì il suo secondo elicottero, dotando l'aeromobile di un propulsore di sua nuova concezione, costituito da una macchina a vapore. Dopo una serie di prove egli trasferì il suo elicottero a Milano, ove fece un esperimento pubblico e ufficiale, perfettamente riuscito, nell'agosto 1877.
L'apparecchio possedeva due rotori costituiti da due volute a settori elicoidali coassiali e controrotanti; essi erano azionati da un motore a vapore d'acqua, con due cilindri paralleli alimentati dal vapore contenuto in un serbatoio sferico a grande pressione posto sotto la struttura. I pistoni dei due cilindri, mediante ingranaggi, facevano ruotare in senso opposto i due settori elicoidali. Il fornello di riscaldamento rimaneva a terra e l'autonomia del veicolo era limitata al vapore contenuto nella caldaia. Il modello dimostrò di essere perfettamente equilibrato e si innalzò verticalmente superando di poco una decina di metri. Il successo ottenuto valse al F. l'assegnazione del premio Cagnola dell'Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti.
Nel 1878 il F. si dimise dall'esercito e assunse la direzione dello stabilimento forlivese Gazogeno & Fonderia meccanica, che successivamente divenne Officine di Forlì; nel 1895, ne divenne proprietario. Con la disponibilità che gli dava l'ampiezza di mezzi dell'azienda si dedicò con maggiore continuità agli studi sperimentali, sia ancora sulle eliche e su esperienze aerodinamiche utilizzanti la propulsione a razzo, sia sulle forme aerodinamiche portanti.
Queste ricerche vennero da lui condotte con diversi mezzi, alcuni aerodinamicamente ortodossi - come lo studio dei profili usati per i rotori degli elicotteri - e altri di sua particolare ideazione, come l'applicazione della forma studiata sotto natanti per misurare la forza portante sviluppata a diverse velocità. Da queste esperienze nacque poi in lui l'idea degli idrotteri che avrebbero anticipato di molti anni gli attuali aliscafi. L'idrottero progettato dal F. nei primi anni del '900 era un natante a fondo piatto con piccolo pescaggio, al quale era adattato un certo numero di superfici sostentatrici.
Una ricerca molto importante del F. fu quella sul rapporto peso/potenza che avrebbe potuto offrire a un velivolo le migliori condizioni di volo. Il motore più diffuso all'epoca era quello a vapore, caratterizzato da un peso complessivo molto elevato. Il F. realizzò una motrice a vapore con 2 cilindri a V del peso complessivo, compresa la caldaia, di 20 kg e sviluppante 8 CV; il rapporto era di solo 2,5 kg/CV, contro i 3-4 kg/CV dei motori a combustione interna dell'epoca.
A conclusione dei suoi studi ed esperienze sui solidi di rivoluzione effettuati a Forlì (1895-96), egli confermò come aerodinamicamente preferibile la "forma a goccia" che veniva già utilizzata per i dirigibili.
Nel 1897 il F. si trasferì a Milano, portandovi anche la direzione delle Officine di Forlì. Qui realizzò, primo in Italia, una soffieria aerodinamica cilindrica, avente una bocca di efflusso di 1,10 metri di diametro e una velocità dell'aria attraverso essa di 19 m/sec. Con questo impianto sperimentale condusse numerose ricerche su modelli di ali, su profili aerodinamici, su modelli di aeroplani e di dirigibili, e, ancor più, di eliche, i cui risultati non vennero mai applicati.
Nel 1909 il F. completò la costruzione del suo primo dirigibile F.1, che battezzò "Leonardo da Vinci". All'epoca vi erano due diverse concezioni strutturali: quella dei dirigibili "rigidi", costruiti in Germania (tipo Zeppelin e Schuette-Lanz), in Inghilterra e negli USA, e quella dei dirigibili flosci, secondo la concezione francese (Astra-Torres), di tipo trilobato, quella tedesca di Parseval e quella italiana Ausonia e Usuelli. Il F. realizzò un tipo intermedio di dirigibile, che venne poi denominato "semirigido". L'F.1 reagiva infatti agli sforzi di pressione del gas sostentatore e ai momenti flettenti mediante una trave reticolare prismatica di chiglia estendentesi per tutta la lunghezza dell'aeronave. Tale trave permetteva anche di ancorarvi la navicella ed era completata da una struttura reticolare di irrigidimento di prua e da una più leggera di poppa. A parte modifiche di dettaglio, il concetto strutturale del F. venne successivamente adottato da quasi tutti i costruttori di dirigibili, in seguito denominati "dirigibili di tipo italiano". L'aeronave "Leonardo da Vinci" effettuò felicemente a Milano, il 27 nov. 1909, il suo primo volo alla quota di 40 m.
Seguì un secondo dirigibile sperimentale F.2, denominato "Città di Milano", terminato nel 1910 nei cantieri aeronautici di Baggio. Particolare caratteristica dell'F.2, che venne applicata anche nei tipi successivi, era la struttura a due involucri: uno centrale per la tenuta del gas e un altro di materiale diverso che conteneva il primo, aveva funzione di protezione contro eventuali guasti da agenti esterni di origine atmosferica e funzionava come involucro coibente.
Il primo dei dirigibili non sperimentali fu l'F.3, costruito nel 1915, chiamato "Città di Milano 2", "commissionato" dal governo britannico. Il successivo F.4 fu invece ordinato dalla marina militare italiana, mentre i seguenti F.5 ed F.6 fecero parte della flotta aerea italiana durante la prima guerra mondiale. Questi ultimi vennero realizzati tra il 1916 e il 1918: la loro cubatura era di oltre 15.000 m3, erano propulsi con motori da 240 CV che permettevano di raggiungere la velocità di 80 km/h. Fu durante gli anni del conflitto che il F. progettò i "dirigibili ad alta quota", in grado di raggiungere i 4.000 m.
Successivamente il F. mise in cantiere un piccolo dirigibile che avrebbe dovuto consentire rotazioni orizzontali dell'aeronave attorno al suo baricentro per manovre in volo e per affrancare l'inizio del volo e l'atterraggio dall'inevitabile intervento di una "squadra di manovra", costituita da un numero notevole di persone che, mediante cavi, dovevano "accompagnare" e muovere il dirigibile. Il nuovo dirigibile non ebbe una sigla numerica, ma solo un nome: "Omnia Dir".
Per quanto poi concerne gli studi idrodinamici, il F., oltre a prospettare l'"idrottero", definì le "alette idroplane" e le "carene idroplane". Le sue definizioni di "idroplani" (natanti dotati di alette di adeguato profilo e dimensioni per generare un'adeguata spinta) vennero comunemente accettate.
Il F. presentò al IV congresso internazionale di navigazione aerea, tenutosi a Roma il 24 sett. 1927, una relazione intitolata In tema di superaviazione (Roma 1927). In essa egli rivolse la sua attenzione al tema, emergente in quegli anni, che definì "il volo nel vuoto". Indicò come unico propulsore possibile in quelle condizioni il "motore a reazione", preconizzando quindi la futura realizzazione di aeromobili funzionanti come satelliti artificiali e quali veicoli spaziali, ed infine intravvedendo, anche se in modo approssimativo, la propulsione a più stadi.
Il F. morì a Milano il 9 ott. 1930.
Tanto la famiglia quanto S. Bassi - il più fedele collaboratore del F., allora incaricato presso la cattedra di costruzioni aeronautiche del Politecnico di Milano - decisero di completare la costruzione dell'"Omnia Dir", non solo per dimostrare la validità del nuovo dispositivo di "manovra reattiva", ma anche per rendere onore alla memoria dell'inventore. Le prove di collaudo dimostrarono che il sistema funzionava, ma che era estremamente lento.
Nell'ottobre 1937 fu dedicato al nome del F. l'aeroporto civile di Milano Linate.
Fonti e Bibl.: Documenti custoditi a Roma, Museo Caproni (cfr. S. Bassi, In memoria di E. F. [discorso comm. tenuto il 13 dic. 1931 per l'Aereo Club "E. Pensuti" di Milano]); dati e notizie forniti dalla contessa M.F. Caproni (Roma) e dal nipote del F., Enrico M. Forlanini (Milano). Necrologi in Corriere della sera, 9 ott. 1930; Giornale d'Italia, 10 ott. 1930; Il Messaggero, 10 ott. 1930. Cfr. inoltre Encicl. Italiana, XII, pp. 979 s.; XV, p. 681.
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