FLORES, Enrico
Nacque a Napoli il 30 sett. 1864 da Ferdinando, professore di lettere antiche all'università di Napoli, e da Sofia Luisa Soates, figlia di un console inglese. Laureatosi in giurisprudenza ad appena vent'annì, entrò per concorso, nel 1887, nell'amministrazione del ministero dell'Interno. Percorse rapidamente la carriera prefettizia fino alla nomina nel 1901 a sottoprefetto di Gerace Marina in Calabria, carica che mantenne per qualche tempo spostandosi in vari centri dell'Italia meridionale.
È nota la polemica condotta da G. Salvemini all'inizio del secolo nei confronti dello spregiudicato utilizzo da parte dei presidenti del Consiglio, in particolare di G. Giolitti, dell'autorità dei prefetti per favorire nelle elezioni politiche le candidature di uomini legati al governo centrale.
In alcuni frammenti delle sue memorie il F. sembra avallare nei propri ricordi la descrizione di quei metodi. Egli rammenta come, nominato sottoprefetto, nel 1906 fosse stato inviato quale commissario regio nella provincia di Caserta con il compito esplicito di sostenere il candidato governativo e come si fosse adoperato, mediante il concorso delle camorre locali, a farlo eleggere manipolando la volontà popolare, in ossequio al mandato ricevuto. Senonché era intervenuta, nel frattempo, una delle rare crisi che segnarono il decennio giolittiano, a seguito della quale lo statista aveva ceduto per un breve periodo la presidenza del Consiglio a S. Sormino. "Caduto il ministero - scrive -, annullata l'elezione, io mi aspettavo il trasferimento in altra residenza e per evitare di essere destinato a sede poco gradita, mi decisi a recarmi al ministero, per chiedere io stesso il trasferimento. Mi recai, infatti, da De Nava, che era il sottosegretario per l'Interno, e che io non conoscevo, e che vedendomi mi domandò per qual ragione io nella mia carriera avevo sempre combattuto i candidati appartenenti al gruppo sonniniano: e poiché sorridendo io gli risposi che lo avevo fatto solo perché così mi era stato comandato, egli benevolmente mi chiese se con eguale fedeltà io avrei obbedito allora per favorire una loro candidatura. Alla mia risposta affermativa, egli mi disse che mi avrebbe mandato a Nola, pregandomi di mettermi in relazione con l'on. Montagna, per mettere sù, nel collegio di Nola, la candidatura dell'on. Roberto Di Lieto Vollaro .... Il Sonnino non rimase al potere per più di cento giorni ed in seguito fui costretto proprio io a combattere questa candidatura, che io stesso avevo creato, dell'on. Vollaro" (in Cordova, p. 337).
Nel 1910 il F. venne nominato capo di gabinetto del ministro delle Poste e dei Telegrafi. Successivamente prestò servizio presso il ministero dell'Intemo e nel febbraio 1914 fu nominato capo di divisione presso la direzione generale dell'amministruzione civile ove ebbe modo di farsi apprezzare per la sua vasta conoscenza giuridica e per le doti organizzative. Nel settembre del 1917 ebbe la nomina a prefetto di Verona, città in cui tuttavia non giunse mai perché il 4 novembre venne nominato capo di gabinetto del presidente del Consiglio V.E. Orlando. In tale incarico venne poi confermato da F.S. Nitti, allorché nel giugno del 1919 formò il primo dei suoi tre ministeri. Prese l'avvio in tal modo un rapporto di collaborazione, consolidatosi in una reciproca stima, destinata a durare ben al di là dell'esperienza politica e che avrebbe trovato la sua espressione manifesta nel volume Eredità di guerra, con prefazione di F.S. Nitti, 2 ediz., Roma 1947.
Gli anni trascorsi come capo di gabinetto della presidenza del Consiglio e del ministero dell'Interno, all'epoca di fatto riuniti, vengono ripercorsi dal F. con la puntualità di colui che visse direttamente la complessa esperienza dell'amministrazione del dopoguerra. La conoscenza tecnica dei delicati meccanismi sia della politica sia del funzionamento degli uffici e degli istituti giuridici minori delineano la figura di un funzionario esperto e competente. Lo stesso Nitti, nell'introdurre il libro del F. ricordava: "Giunto a Palazzo Braschi nominai mio capo di gabinetto fra i vari aspiranti che erano intorno a me, il prefetto Flores, che era stato capo di gabinetto dell'on. Orlando. Egli apparteneva al piccolo gruppo dei grandi e onesti funzionari del ministero dell'Interno, ch'erano una magnifica tradizione mai interrotta. Io andavo alla ricerca di uomini di valore, non di amici da utilizzare per intrighi politici, le elezioni o gli affari. Non conoscevo quasi affatto Flores, mi ero accorto che possedeva oltre la dottrina giuridica una esperienza grande e il senso della realtà con una sicura conoscenza di uomini" (F. S. Nitti, Introd. a E. Flores, Eredità di guerra, pp. 16 s.).
Nell'aprile del 1920 il F. fu nominato prefetto a Milano ove rimase per pochi mesi; collocato a disposizione nell'agosto fu sostituito da A. Lusignoli, considerato da Giolitti forse più adatto a fronteggiare nel capoluogo lombardo un fascismo ormai sulla strada della reazione di classe.
Ancora nella prefazione alle memorie del F., il Nitti ricordava: "La città che più mi preoccupava era Milano. Decisi di mandarvi come prefetto Flores. Le istruzioni che gli diedi in cui lo trovai perfettamente di accordo furono semplici. Il movimento di Mussolini al contrario di quello di D'Annunzio lo avevo preso sempre sul serio. Sotto il ciarlatanesimo di Mussolini vi era qualcosa di torbido che poteva servire a unire e cementare nei delitti avventurieri e scontenti. Non era il programma di Mussolini che poteva interessarmi; era la sua azione. E però era necessario screditarlo nell'azione, facendogli fare continue minacce e mostrando che non costituiva pericolo" (Nitti, Introd., p. 30). Mettendo in pratica questa tattica, aggiungeva Nitti, la lista fascista non ottenne, alle elezioni politiche del 1919, che poche migliaia di voti, "cosi da provocare l'ilarità in tutta Italia".
In verità la sconfitta elettorale di Mussolini andava attribuita al programma, ispirato ad un generico "sinistrismo", insufficiente a conciliargli le simpatie del proletariato italiano, ma incapace nello stesso tempo di attirargli il consenso dei benpensanti per certi suoi richiami "progressisti" che andavano dalla gestione operaia delle industrie e dei servizi pubblici alla confisca dei sovraprofitti di guerra.
Messo a disposizione nell'agosto del 1920, il F. venne nominato, il 18 settembre, commissario per gli alloggi nella città di Roma e il 5 febb.r. 1921 inviato, quale prefetto, a Catania, dove la sua carriera si concluse. Con l'avvento del fascismo fu avviata tra il 1922 e il 1927 una consistente movimentazione dei prefetti che portò in breve tempo alla soppressione di numerose sottoprefetture e alla ridefinizione delle carriere di molti flmzionari. In tale contesto il F. fu posto a disposizione il 16 apr. 1923. Qualche mese più tardi, nel febbraio 1924, scelse di andare in pensione. Morì a Roma l'8 maggio 1935.
Del F. è interessante il citato volume Eredità di guerra (2 ed., Roma 1947) pubblicato dopo la sua morte. Della sua attività di funzionario è rimasta a stampa una Relazione sull'amministrazione temporanea della città di Corato letta al ricostituito Consiglio comunale nella tornata del 30 genn. 1907, s.l. né d. di stampa. Alcuni frammenti delle memorie, che egli aveva cominciato a scrivere ed il cui testo completo non è stato ancora ritrovato, sono in appendice a F. Cordova, Alcuni ricordi inediti di un prefetto dell'età liberale, in Storia contemporanea, V (1974), 2, pp. 329-341.
Fonti e Bibl.: Arch. centr. dello Stato, Min. degli Interni, Dir. gen. Affari gen. e pers., pers. fuori servizio, vers. 1947ord., b. 80, fase. 1021: "F. dott. E.", ma anche, Ibid., pers. fuori servizio, vers. 1930, riserv. b. 199, fase. 3432: "F. dott. E.". Un breve profilo biografico del F. è stato tracciato da E. Gustapane in Min. d. Int., Scuola sup. dell'amm. dell'Interno, Sulla storia dei prefetti, Roma 1995, p. 30. Per lo svolgimento della sua carriera, è utile anche M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1989, ad Indicem. Il ruolo dei prefetti è analizzato, inoltre, da A. Porro, I prefetti e l'amministrazione periferica in Italia. Dall'intendente al prefetto italiano (1842-1871), Milano 1972, e l'ampliamento dei loro poteri, in età giolittiana, da P. Casula, I prefetti nell'ordinamento italiano, Milano 1972.