EMANUELLI, Enrico
Nacque a Novara il 17 apr. 1909 da Giovanni, agiato commerciante, e da Adele Viarana. Trascorse l'infanzia in collegio, presso i padri rosminiani di Stresa e vi concluse, con la scuola elementare, l'unico periodo di studi regolari. Continuò da autodidatta prendendo ben presto coscienza di una vocazione per lo scrivere che lo portò, quindicenne, a proporre al Corriere della sera la pubblicazione di un suo racconto. La richiesta ebbe esito negativo, ma solo tre anni dopo, nel 1927, quello stesso raccontino, di sapore dannunziano (Il motoscafo della vittoria), apparve sulla rivista Varietas di Milano. Nel 1928 fondò a Novara insieme con M. Soldati e M. Bonfantini, che ne era il direttore, la rivista La Libra e l'omonima casa editrice.
Il programma del nuovo mensile - che contava tra i collaboratori F. Neri, G. Piovene, G. Debenedetti, G. Raimondi, G. De Blasi, E. Giachino, D. Petrini - ripeteva, in un ambito più ridotto di attenzione alla cultura nazionale, quello già inaugurato da Solaria. Il rinnovamento culturale nelle intenzioni dei redattori, che si dichiaravano amici fra loro e "sempre d'accordo in quel che veramente importa", doveva avvenire attraverso un costante richiamo alla tensione morale dello scrittore, mentre la modernità andava raggiunta nel recupero della tradizione italiana. In particolare si chiedeva allo scrittore di tenere ben fermo lo sguardo sull'esperienza umana, sull'autenticità della vita vissuta, lasciando sullo sfondo preoccupazioni d'ordine tecnico-sperimentale o linguistico. Se da un lato, mediante questa aspirazione al "vissuto", il gruppo rompeva con la prosa saggistica di impostazione rondesca, dall'altro, attraverso la rilettura dei classici e lo studio della grammatica, si sottraeva di fatto ad un rinnovamento della letteratura in senso novecentesco.
La stessa lettura che l'E. fece di I. Svevo (La Libra, dicembre 1928) tendeva a trascurare il superamento del verismo compiuto dall'autore de La coscienza di Zeno per collocarlo tra gli epigoni dell'Ottocento italiano. Non fa quindi meraviglia che riguardo al primo romanzo dell'E. (Memolo. Vita morte e miracolidi un uomo, Novara 1928, stampato nell'ambito della stessa Libra) la critica abbia indicato nel Didimo Chierico foscoliano e nel FilippoOttonieri del Leopardi i probabili modelli di riferimento.
Nonostante i "limiti libreschi" del racconto, il giovane autore ricevette l'attenzione e l'incoraggiamento di G. A. Borgese in un articolo sul Corriere della sera (20 giugno 1929), ottenne l'inserimento di alcune pagine del romanzo nell'antologia Scrittori nuovi di E. Falqui ed E. Vittorini (Lanciano 1930) e ancora la segnalazione all'estero su Les Nouvelles littéraires (5marzo 1930) del critico francese Marcel Brion.
Era ancora nella redazione della Libra, quando nel 1929, grazie anche al successo di Memolo, fu assunto dal quotidiano di Genova Il Lavoro e mandato in Spagna come inviato speciale. Fu l'esordio nella carriera giornalistica e l'inizio di numerose corrispondenze dall'estero: dall'Africa nel 1931-33, nel 1933-34 dall'Unione Sovietica e ancora da quasi tutta Europa, dall'America, India e Cina. Nel 1935, dopo una parentesi di giornalismo letterario (collaborò alla terza pagina dell'Ambrosiano), fu richiamato da G. Canepa presso Il Lavoro e inviato a seguire la guerra d'Etiopia; nel '40, per conto della Sera di Milano era di nuovo in Africa, a Bengasi, per seguirvi le vicende della guerra aerea. Pur nella necessità di produrre pezzi giornalistici di chiara lettura in tempi assai ridotti, l'E. si distingueva per l'eleganza formale e la pulizia delle sue cronache: qualità che erano il frutto della pari considerazione da lui attribuita a letteratura e giornalismo. Per l'impegno professionale non trascurò del resto la letteratura (a Memolo erano seguiti nel frattempo Radiografia di una notte, Milano 1932; Uomo del '700, Genova 1933; Racconti sovietici, Milano 1935).
Il romanzo Radiografia di una notte tentava una maggiore ricerca in senso formale facendo coincidere struttura romanzesca e tempo reale, pur mantenendosi sul tema inaugurato con Memolo dell'estraneità tra l'uomo e il suo destino. Due capitoli di Uomo del '700, biografia romanzata di I. Pindemonte, erano comparsi su La Libra del '29. Costò al suo autore l'appellativo di "ingenuo" insieme con G. Pacher, C. Bernard, A. Benedetti, M. Soldati e G. Marescalchi, in un saggio di S. Guarnieri. L'opera in sé difettava per superficialità nel voler ricondurre il mondo dei sentimenti individuali a categorie generali, ma era in grado di rivelare al giovane E. la forma particolare del suo giornalismo sostenuto dall'esperienza letteraria e finalizzato sempre all'investigazione morale.
In quegli stessi anni, parallelamente all'attività giornalistica e alla produzione narrativa, si ebbero sue collaborazioni, anche in qualità di critico, a numerose riviste letterarie: Cronache latine, Cronache, L'Orto, Nuova Antologia, Meridiano di Roma, Omnibus, Oggi, Il Barco, Primato, Beltempo, Documento, Lettere d'oggi, Posizione, Signum. Nel 1942, incapace di scendere a compromessi in fatto di onestà e libertà di informazione, l'E. abbandonò il giornalismo. Al suo isolamento contribuì una malattia ai reni che lo costrinse ad un periodo di riposo tra le sue case di Milano e Novara. Si dedicò alla scrittura personale, a traduzioni, alla cura di edizioni di autori del Settecento ed Ottocento italiani (L. Settembrini, P. Verri, F. Grazzini). Tra gli autori tradotti (in particolare B. Constant, Stendhal, Voltaire) è possibile riconoscere una fedeltà di studio da parte dell'E., che, educatosi sui loro testi, aveva esordito in letteratura da lucido ragionatore dei sentimenti, senza più interromperne l'analisi. Da Un'educazione sbagliata (Roma 1942, ma già comparsa nel '40 su Primato con il titolo Una sorte terrena) al trattatello Dei sentimenti (Milano 1943) il gioco dei sentimenti veniva combinato e risolto con geometrica necessità, creando esso stesso l'intreccio romanzesco, oppure fornendo l'oggetto per una trattazione classificatoria ed elogiativa insieme. Gli stessi autori ritornavano in Teatro personale (ibid. 1945), insieme coi moralisti francesi da Montaigne a La Rochefoucauld, da Pascal a Vauvenargues, a sostegno, di nuovo, della speculazione sulle passioni umane, sull'intricata coesistenza di sentimento e ragione.
Nel 1945 l'E. partecipò all'iniziativa di Costume, la rivista fondata da E. Sogno ed A. Magliano, dirigendola dal 1946 al '47. Il gruppo che la costituì, già attivo nella Resistenza, introdusse il problema morale, quasi in risposta al Politecnico, al centro del dibattito politico.
L'orientamento politico generale della rivista andava dalla tendenza liberalsocialista cui, insieme con U. Segre, S. Solini, M. Cancogni, G. Baldacci, A. Benedetti, A. Capitini, apparteneva lo stesso E., alla tendenza della Sinistra cattolica con C. Bo, G. Vigorelli e P. Mazzolari. Lo spirito entusiasta dei primi numeri - in cui trovavano posto contributi di vario genere, saggi di metapolitica, di cultura letteraria, pagine inedite di compagni scomparsi, notiziari - fu frenato sotto la direzione dell'E. a favore di una maggiore specializzazione, che nel giro di poco tempo costò alla rivista, divenuta nel frattempo bimestrale, un progressivo isolamento fino alla cessazione delle pubblicazioni. Quanto all'idea personale dell'E. sul rapporto politica-cultura, egli la enucleò sulle stesse pagine di Costume: il lavoro dello scienziato, dell'artista quanto più e radicato moralmente tanto più è pubblico.
Tornò poi al giornalismo, prima presso Il Secolo sera, in seguito con una lunga collaborazione, dal '49 al '62, alla Stampa di Torino, in qualità di inviato speciale. I viaggi su commissione divennero altrettanti libri: Il pianeta Russia, Milano 1952; Un viaggio sopra la terra, ibid. 1953 (ovvero su Brasile, Uruguay, Argentina); Giornale indiano, ibid. 1955; La Cina è vicina, Verona 1957.
In queste prove l'E. riusciva appieno nell'intento di restituire narrativamente l'osservazione diretta degli uomini e delle cose avvalendosi del giornalismo come occasione d'indagine, e della sua vocazione letteraria per individuare situazioni e figure esemplari utili a tracciare un ritratto psicologico e morale di un intero paese. E anche trovava il modo di riconfermare e definire ulteriormente i temi della sua poetica approdando a una sorta di fatalismo universale dell'umanità. al di sopra di tutte le distanze geografiche e culturali.
Dalla pubblicazione dell'ultimo romanzo erano passati sedici anni prima che comparisse Uno di New York (Milano 1959). C'era stato il caso isolato di un racconto che, pubblicato ogni volta con un titolo diverso, nel '46 su Costume, poi in Carosello di narratori italiani (Milano 1955), divenne nel '60 Una lettera dal deserto (ibid.). In questa seconda fase dell'E. romanziere il rapporto uomo-destino veniva condotto su un piano di maggiore attualità, con riferimenti ad una realtà provinciale immediatamente riconoscibile in quella novarese di origine (Uno di New York), oppure a realtà sociali più vaste come il rapporto tra razze diverse o la condizione femminile (Settimana nera, Milano 1961). Ancora, nel più tardo Un gran bel viaggio (ibid. 1967), lo stesso tema esistenziale investiva le nuove mitologie del consumo e della tecnica.
Sul versante del giornalismo, già dal 1963 l'E. aveva lasciato La Stampa per il Corriere della sera, realizzandovi il vecchio progetto fino ad allora rifiutato, di fondare il supplemento letterario. Dette ampio spazio alle avanguardie, anche se per pochi numeri, facendo del supplemento il "punto di riferimento più importante della cultura degli anni '60" (C. Bo).
L'E. morì a Milano nelle prime ore del 1º luglio 1967, stroncato da un infarto.
Il suo ultimo libro, Curriculum mortis, uscì postumo e incompiuto a Milano nel 1968. Annunciato dallo stesso autore in Un gran bel viaggio come "breve ballata con molte note", è considerato unanimemente la sua opera di maggior valore, sicuramente la più ambiziosa, in equilibrio tra diario narrativo e cronaca di "viaggiatore per conto terzi", come l'E. stesso amò definirsi.
Molti dei racconti dall'E. pubblicati in giornali e riviste dal 1928 al 1966 sono stati raccolti nel volume, curato da C. Bo, Ancora la vita (Novara 1988).
Fonti e Bibl.: Necrologi in La Stampa, 2 luglio 1967, p. 3; in Corriere della sera, 2 luglio 1967, p. 3; in Il Tempo, 2 luglio 1967, p. 11 in Il Resto del Carlino, 2 luglio 1967, p. 3. Recensioni ai libri dell'E.: A. Consiglio, in La Fiera letteraria, 31 marzo 1929, p. 7; F. Palazzi, in L'Italia che scrive, XII (1929), 4, pp. 114 s.; A. Silipo, in Il Tevere, 16-17 genn. 1930, p. 3; C. Varese, in Il Campano (Pisa), IV (1930), pp. 167 s.; E. Vittorini, in Il Lavoro, 31 ag. 1932, p. 3; G. Caproni, in II Libro italiano, VI (1942), pp. 323 s.; A. Fanesti, in Lettere d'oggi, IV (1942), luglio-agosto, pp. 50-53; C. Bo, in La Fiera letteraria, 24 genn. 1954, p. 1; E. Montale, in Corriere della sera, 10 apr. 1956, p. 3; E. Falqui, in La Fiera letteraria, 10 giugno 1956, pp. 1 s.; V. Volpini, in Humanitas, XV (1960), pp. 386 s.; G. De Robertis, in Tempo (Milano), 23 luglio 1960, p. 58; N. Frank, in Mercure de France, settembre 1960, pp. 167ss.; E. Montale, in Corriere della sera, 23-24 maggio 1967, p. 3. Cfr. inoltre: G. A. Borgese, INovaresi, in Corriere della sera, 20 giugno 1929, p. 3; M. Bonfantini, Prose di romanzi 1932, in Riv. di sintesi letteraria, I (1934), pp. 138-144; I. Domino, Scrittori del Piemonte, Firenze 1937, p. 183; G. Contini, Frammenti di un bilancio quarantadue, in Letteratura, VII (1943), maggio-agosto, pp. 30-33; S. Guarnieri, Cinquant'anni di narrativa in Italia, Firenze 1955, pp. 303-325 (ma il saggio è del 1933-34); G. Ravegnani, Uomini visti. Figure e libri del Novecento (1914-1954), II, Milano 1955, pp. 123-129; La Fiera letteraria, 1º genn. 1956 (numero dedicato all'E., con scritti di G. Vigorelli, G. Piovene, S. De Feo, E. Falqui, O. Sobrero, F. Pivano, F. Virdia, G. Vicari); M. Forti, E., Fortini: due modi di viaggiare, in Questioni, novembre 1956, pp. 26-29; O. Del Buono, Intervista a E. E., in Epoca, 20dic. 1959, pp. 78-81; E. Montale, Variazioni, in Corriere della sera, 31 dic. 1959 (poi in Auto da fè, Milano 1966, pp. 160 s.); E. E., in Ritratti su misura, a cura di E. F. Accrocca, Venezia 1960, pp. 173 s.; E. Falqui, E. E.: "Giornale indiano", in Novecento letterario, III, Firenze 1961, pp. 311-319; Id., "Uno di New York", ibid., VI, Firenze 1961, pp. 361-366; A. M. Mutterle, E. E., Firenze 1968 (2 ediz., ibid. 1976, con bibliogr. aggiornata); S. Panicali, Tra "Novaresi" e "Solariani", in Belfagor, XXV (1970), pp. 323-331; M. Grillandi, E. E., in Novecento. I contemporanei, VI, Milano 1979, pp. 5146-5168; G. Pampaloni, Giornalismo e letteratura di E., ibid., VIII, ibid. 1979, pp. 7561-7564 (ma il saggio è del 1968); C. Cordié, E. E. critico di Pietro Aretino, in Studi piemontesi, XI (1982), 2, pp. 263-275 (in Appendice l'introduzione inedita ai Ragionamenti); I. Crotti, E., Piovene: l'inchiesta differita, in La "detection" della scrittura. Modello poliziesco ed attualizzazioni allotropiche nel romanzo del Novecento, Padova 1982, pp. 124-132; G. Barberi Squarotti, E., inviato nella letteratura, in Tuttolibri, 12 maggio 1984, p. 3; A. M. Mutterle, E. E., in Diz. critico della letter. italiana, II, Torino 1986, pp. 186 s.; C. Bo, E. dimenticato, in Corriere della sera, 24 giugno 1987, p. 3; G. Afeltra, Presentazione a corrispondenze dalla Libia, in Millelibri, II (1988), 6, pp. 80 ss.; L. Lilli, E. narratore "minimo", in La Repubblica, 7 genn. 1989, p. 29. Presso la Bibl. civica di Novara sono conservate le relazioni ancora inedite del "Convegno in onore di E. E.", tenutosi in quella sede il 12 maggio 1984 (testi di C. Bo, M. Bonfantini, R. Crivelli, D. Porzio, L. Simonelli, G. Sormani, O. Del Buono, F. Rosso).