ENRICO di Tedice
Non si conoscono gli estremi biografici di E., che fu attivo intorno alla metà del sec. XIII. Nominato tra i testimoni di un atto arcivescovile del 1254 (Tanfani Centofanti, 1897), è l'autore di una croce dipinta (Pisa, S. Martino), originariamente recante la sua firma (ibid.).
Quest'opera si inserisce nella serie delle croci dipinte prodotte in Toscana, e in special modo a Pisa, nel corso del Duecento, nel momento di transizione tra la idealizzata tipologia iconografica del Cristo triumphans - assunto a "figura" del Salvatore risorto - e quella realistica del Cristo patiens. Dalla tradizione del primo tipo, in particolare dalla croce proveniente dalla chiesa pisana del S. Sepolcro (Pisa, Museo naz. di S. Matteo), E. riprende, oltre alla sagoma stessa della croce, le storiette della Passione ai lati del Crocifisso (Cattura, Flagellazione, Derisione, Salita al Calvario, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura, Marie al Sepolcro) e la postura diritta del Cristo, il cui intenso viso contratto, invece, risente profondamente delle opere di Giunta Pisano. Nei riquadri delle piccole Storie della Passione, come nell'Ascensione presente sulla cimasa, le semplici figurette rapidamente delineate sono connotate da un'espressività convenzionale, forzata, che raggiunge effetti caricaturali e popolareschi evidenti nelle facce "a mascherone" dei personaggi e nei loro gesti dimostrativi. Esse prendono posto in composizioni spesso affollate ma sempre euritmiche, scenograficamente inquadrate, come nei precedenti esempi pisani, da rappresentazioni architettoniche, invero qui molto più saldamente concepite rispetto alle opere dell'inizio del secolo, il principale gruppo delle quali (Firenze, Uffizi; Rosano, monastero; Pisa, Museo naz. di S. Matteo), fu raccolto da Sirén (1922) intorno al nome del Maestro Tedice; il padre di E., immaginato, senza alcuna prova, pittore ai primi anni del sec. XIII.
Lo stile vivace e la pennellata "compendiaria" (Carli, 1958) di E. sono stati talvolta messi in relazione con le tendenze espressionistiche della pittura di alcune regioni dell'impero bizantino quali Serbia o Cappadocia, (Longhi, 1948; Garrison, 1949; Carli, 1958; Caleca, 1986), ma sono caratteristiche già riscontrabili a Pisa in anni precedenti, come stanno a dimostrare opere quali soprattutto la Croce di San Sepolcro (Pisa, Museo naz. di S. Matteo). Direttamente influenzato dall'arte costantinopolitana, invece, è il differente panneggio del perizoma, a lumeggiature dorate, imitante le stoffe bizantine (Sandberg Vavalà, 1929).
Una serie di pitture su tavola di ambito duecentesco pisano è stata avvicinata al nome di E.: tra queste una Deposizione (Pisa, Museo naz. di S. Matteo) stilisticamente prossima alla Croce di S. Martino (Sirén, 1922; attribuzione confermata da gran parte della critica successiva), mentre la Croce dipinta proveniente dall'oratorio di Castellare, presso Vicopisano (S. Giovanni alla Vena, parrocchiale) e una tavola con Madonna col Bambino e quattro Storie della Passione (Firenze, Museo naz. del Bargello), per lo più attribuite a un anonimo Maestro del Crocifisso di Castellare, sono state talvolta direttamente assegnate a E. (cfr. Caleca, 1986, II, p. 569) e possono in effetti costituire il risultato di una diversa e forse precedente fase della pittura di E. rispetto alla croce firmata.
La Croce di Castellare appare più arcaica, tanto iconograficamente (sagoma, iconografia del Cristo vivo) quanto stilisticamente rispetto all'opera presente in S. Martino, mentre la tavola al Bargello costituisce un unicum iconografico presentando le storie su un solo lato, anche se appare improbabile che si possa trattare di una valva di dittico.
Con ogni verosimiglianza fu fratello di E. Ugolino di Tedice, attestato a Pisa come pittore in due documenti del 1273 e 1277 (Bacci, 1918; 1924-1925). Ugolino è stato riconosciuto autore di una croce dipinta (San Pietroburgo, Ermitage), recante la firma di un "Ugolinus" e stilisticamente derivante dagli esempi giunteschi (Lasareff, 1936; 1955), dai quali si distingue per un maggiore vigore realistico. Quest'opera è da situarsi cronologicamente poco dopo la metà del Duecento (Garrison, 1949) piuttosto che al 1260-1265, come proposto da Lasareff (1955).
Ranieri di Ugolino, figlio di Ugolino di Tedice e nipote di E., è l'ultimo membro della famiglia di cui sia giunta notizia come pittore. È sua una croce dipinta (Pisa, Museo naz. di S. Matteo) risalente al 1290 c., in cui, oltre al permanere di forme giuntesche apprese verosimilmente alla bottega del padre, emerge già il riflesso della lezione cimabuesca (Garrison, 1949; Caleca, 1986), interpretata con maggior senso realistico e popolaresco, secondo quanto comune a E. e a tutta la sua bottega familiare. Ranieri è stato senza alcuna prova talora identificato con il Maestro di S. Martino (Garrison, 1949, su suggerimento di R. Offner; di opinione contraria è Lasareff, 1955).
Fonti e Bibl.: L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, pp. 181 ss.; I. B. Supino, Arte pisana, Firenze 1904, p. 250; O. Sirén, Maestri primitivi. Antichi dipinti nel Museo civico di Pisa, in Rassegna d'arte, XIV (1914), pp. 225 s., 228; P. Bacci, IlCamposanto di Pisa non è di Giovanni di Nicola Pisano Pisa 1918, pp. 11-22; O. Sirén, Toskanische Maler im XIII. Jahrhundert, Berlin 1922, pp. 181-203; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, I, The Hague 1923, pp. 328 s.; P. Bacci, Un crocifisso ignorato di Giunta Pisano e i suoi rapporti con la pittura umbra del XIII secolo, in Boll. d'arte, IV (1924-1925), 1, pp. 241-252; P. Toesca, IlMedioevo, Torino 1927, pp. 990 s., 1037 n. 42; E. Sandberg Vavalà, La croce dipinta italiana e le Storie della Passione, Verona 1929, pp. 705 s. e passim; V. Lasareff, New light on the problem of the Pisan school, in The Burlington Magazine, LXVIII (1936), pp. 61-73; Pittura italiana del Duecento e Trecento (catal.), a cura di G. Sinibaldi-G. Brunetti, Firenze 1943, pp. 43, 59, 65 ss., 69, 73, 77, 167; E. Garrison, Post-war discoveries: early Italian paintings, I, in The Burlington Magazine, LXXXIX (1947), pp. 147-152, 210-216; R. Longhi, Giudizio sul Duecento, in Proporzioni, II (1948), pp. 5-54; E. B. Garrison, Italian Romanesque panel painting. An illustrated index, Florence 1949, pp. 14, 17, 25 s., 31, 150, 199, 232; G. Vigni, Pittura del Due e Trecento nel Museo di Pisa, Palermo 1950, pp. 15, 36 s., 39 s., 44; L. Cuppini, Ranieri di Ugolino, in Commentari, III (1952), pp. 7-13; V. Lasareff, Un crocifisso firmato di Ugolino di Tedice, in Paragone, VI (1955), 67, pp. 3-13; C. L. Ragghianti, La pittura del Dugento a Firenze, Firenze 1955, pp. 8-10; E. B. Garrison, Studies in the history of Mediaeval Italian painting, II, Florence 1955-1956, pp. 204, 208; E. Carli, Pittura medievale pisana, Milano 1958, pp. 36-39, 47-52; L. Marcucci, Gallerie nazionali di Firenze. I dipinti toscani del secolo XIII, Roma 1958, pp. 11 ss., 15 s.; A. Caleca, in Mostra del restauro (catal.), Pisa 1972, p. 27; E. Carli, IlMuseo di Pisa, Pisa 1974, pp. 39-42; A. Caleca, Pittura del Duecento e del Trecento a Pisa e a Lucca, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 233, 238 s.; II, pp. 569, 655, 667; A. Tartuferi, La pittura a Firenze nel Duecento, Firenze 1990, pp. 9, 18, 22, 32, 36, 51; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon…, X, p. 560 (s. v. Enrico di Tedice); XXVIII, p. 8 (s. v. Ranieri d'Ugolino); XXXIII, p. 544 (s. v. Ugolino di Tedice).