ENRICO di Malta (Enrico Pescatore)
Sull'anno della sua nascita e sulla sua gioventù nulla si sa, ma, secondo il Desimoni, E. discendeva da una influente famiglia nobile genovese, chiamata "de Castro" o "di Castello". Nelle fonti E. appare per la prima volta il 22 sett. 1203 in un atto notarile genovese come "Henricus comes de Malta" e si trovava, per motivi a noi ignoti, in Sicilia.
Malta, un importante porto di scalo per i mercanti genovesi in viaggio per la Terrasanta o per l'Egitto, faceva parte del Regno normanno di Sicilia. La contea di Malta era stata istituita probabilmente dal re Tancredi di Lecce (1189-94) per il suo ammiraglio Margarito di Brindisi. Questa unione tra la carica di comandante della flotta e di conte di Malta fu conservata durante il regno degli Svevi, che però, d'allora in poi, usarono assegnare queste cariche a dei genovesi. Genova infatti aveva aiutato gli Svevi nella conquista della Sicilia sperando di ottenere cosi vantaggi per il proprio commercio nel Mediterraneo. Enrico VI norninò conte di Malta e ammiraglio il genovese Guglielmo Grasso, il quale aveva alle spalle una lunga carriera di pirata. La pirateria, mezzo preferito per danneggiare la concorrenza, era usata da Genova principalmente contro Pisa e Venezia. Dopo la morte di Enrico VI l'ammiraglio cadde in disgrazia e l'imperatrice Costanza lo privò nel 1198 della contea di Malta di cui faceva parte anche la vicina isoletta di Gozo.
Per quel che riguarda la successione di Guglielmo Grasso si sa solo questo: E., che aveva sposato una figlia di Guglielmo, diventò (prima del 1204) conte di Malta, mentre la carica di ammiraglio passò a Guglielmo Malconvenant, un normanno come lascia supporre il suo nome, e poi al genovese Guglielmo Porco. Secondo il cronista veneziano cinquecentesco Gian Giacomo Caroldo, che attinse però probabilmente a fonti più antiche, E. si sarebbe impadronito dell'isola di Malta con la forza (Abulafia, p. 111). Il soprannome "Pescatore", attribuitogli dal cronista, attestato anche da altre fonti, si riferisce probabilmente alla sua attività di pirata e si è supposto che fosse un'invenzione dei concorrenti veneziani danneggiati dal genovese. Tuttavia., anche se il cronista, in quanto veneziano, poteva avere interesse a mettere in dubbio la legittimità della posizione di E. non è da escludere che questi avesse effettivamente occupato l'isola con la forza. In un secondo momento però, probabilmente ancora nel primo decennio del sec. XIII, egli ricevette l'isola di Malta in feudo dalla Corona di Sicilia.
La minorità di Federico II, protrattasi fino al 1212, offriva alle forze politiche la possibilità di rafforzare le loro posizioni. Mentre nel Mediterraneo orientale Venezia era la concorrente principale di Genova, nel Mediterraneo occidentale, e particolarmente in Sicilia, Pisa concorreva con il commercio genovese. Particolarmente malvista da parte dei Genovesi era la base pisana di Siracusa. E. prestò dunque volentieri il suo appoggio quando nel 1204 il pirata genovese Alamanno da Costa approdò con le sue navi a Malta per attrezzarsi per l'assalto di Siracusa. Nell'agosto 1204 Siracusa cadde nelle mani dei pirati genovesi e Alamanno da Costa diventò conte di Siracusa. Il titolo assunto - "Dei et regia gratia ac communitatis lanue comes Syracuse" - dimostra che egli si considerava nello stesso tempo suddito del re di Sicilia e cittadino genovese. La reazione di Pisa non si fece attendere e il nuovo conte di Siracusa si vide costretto a chiamare in aiuto il suo concittadino Enrico. Questi venne con quattro galere e due navi genovesi che stavano ritornando dalla Terrasanta, ed insieme sconfissero nel dicembre 1205 i Pisani nel porto di Siracusa. Nel caso che E. fosse stato già allora feudatario del re di Sicilia, cosa però non accertata, la sua vittoria avrebbe avuto anche un peso notevole sugli equilibri politici all'interno del Regno. A stato rilevato che i Genovesi, a causa della loro rivalità con i Pisani, alleati di Marquardo di Annweiler, erano gli alleati naturali del cancelliere Guglielmo di Palearia e che essi percio giocavano un ruolo determinante nelle lotte per il potere.
L'occasione sembrava buona per colpire anche Venezia che, particolarmente dopo i successi ottenuti nella quarta crociata (1204), dominava il commercio nel Mediterraneo orientale. E. inviò una delle navi prese ai Pisani e due delle proprie navi in Grecia, dove i pirati genovesi derubarono due mercanti veneziani in viaggio per Costantinopoli. Dopo alcuni tentativi falliti di approdare al Regno di Gerusalemme essi prestarono il loro aiuto al principe Boemondo IV di Antiochia-Tripoli contro alcuni feudatari ribelli. In compenso ricevettero nel luglio 1205 ampi privilegi commerciali a favore di E. e dei Genovesi.
La fama di E. fu cantata dal trovatore provenzale Peire Vidal, che in questi anni (1205.06) soggiornò alla corte di Enrico. Ben presto però l'isola di Malta diventò stretta per E., che mirava più in alto e pensò di impadronirsi dell'isola di Creta, acquistata recentemente da Venezia in seguito alla rinunzia di Bonifacio I di Monferrato. Quando nel 1206 E. attaccò e occupò una parte di Creta, Venezia, vedendo in pericolo il suo porto di scalo per il commercio con Costantinopoli, reagi con mezzi militari e diplomatici. Secondo la testimonianza di ben due cronache veneziane del '500, ancora inedite (Antonio Calergi e Gian Giacomo Caroldo; cfr. Abulafia, p. 105 n. 2), le quali si basavano probabilmente su documenti più antichi, E., dopo aver occupato l'isola, avrebbe chiesto al papa Innocenzo III di nominarlo re di Creta. Il pontefice, inizialmente consenziente, sarebbe poi stato indotto dall'intervento di un'ambasceria veneziana a cambiare opinione. Anche in campo militare Venezia si dimostrò superiore a Enrico. Dopo i successi iniziali (nel 1207) E. dovette chiedere, sin dal 1208, ripetutamente l'aiuto di Genova per poter difendere Creta. In questi anni E. aggiunse al titolo di conte di Malta anche quello di signore di Creta, mentre il veneziano Giacomo, Tiepolo assunse nel 1210 il titolo programmatico di duca di Creta. I Veneziani, dopo aver espugnato la maggior parte dei castelli occupati precedentemente da E., distrussero nel 1211 la flotta con la quale E. era tornato da Genova a Creta. Convintosi dell'impossibilità di una ulteriore resistenza, E. accettò una pace offertagli a condizioni onorevoli da Venezia. Gli fu concessa una cospicua dote per un suo nipote che sposò una veneziana, mentre E. stesso si uni in matrimonio con una nobile veneziana della famiglia dei Basei che aveva giocato un ruolo notevole nella riconquista veneziana dell'isola.
Il tentativo di E. di acquistare Creta per sé, e con ciò indirettamente per Genova, non soltanto era completamente fallito, ma aveva anche indotto Venezia, che prima non si era molto curata dell'isola, ad inserirla definitivamente nel suo dominio. Già nel 1212 fu stipulato un accordo tra Genova e Venezia che doveva essere vincolante anche per i conti di Malta e di Siracusa. Quest'ultimo non rispettò però l'accordo continuando nei suoi atti di pirateria a danno di Venezia, ma fu infine catturato dai Veneziani. La pace tra le due Repubbliche marinare fu conclusa l'11 maggio 1218.
Essa era stata sicuramente condizionata anche dal cambiamento della situazione politica europea e mediterranea verificatosi in questo periodo: Federico II era diventato maggiorenne ed aveva realizzato la "unio regni ad imperium" temuta e combattuta dal papa in particolare. Nel gennaio 1212, cioè poco prima della sua partenza per la Germania, il re aveva concesso a E. il diritto di battere moneta a Malta, assicurandosi cosi la fedeltà di un feudatario dal quale dipendeva la sicurezza del versante orientale della Sicilia. Nello stesso mese di marzo 1218, in cui inviò i suoi ambasciatori a Venezia per stipulare la pace, Genova inviò E., che si trovava allora nella sua città nativa, presso la corte sveva in Germania. E. dimostrò buone qualità diplomatiche; la sua missione presso Federico II ebbe successo e l'imperatore esentò i genovesi dalle tasse a dalle imposte nel Regno di Sicilia.
Quando nel 1220 Federico II, nell'intento di limitare la posizione dominante dei mercanti genovesi nel Regno, rifiutò di rinnovare i privilegi ottenuti da loro in precedenza, gli ambasciatori genovesi lasciarono sdegnati la corte imperiale. E. assunse probabilmente un atteggiamento più prudente perché pochi giorni dopo è attestato presso il cancelliere Corrado. Mentre l'ammiraglio Guglielmo Porco cadde in disgrazia, E. riusci a conservare la fiducia dell'imperatore. Anzi, poco tempo dopo, probabilmente nella prima metà del 1221, egli fu nominato ammiraglio da Federico II. La decisione dell'imperatore di mettere E. a capo della sua flotta era probabilmente dovuta all'esperienza di quest'ultimo come comandante navale, alla sua profonda conoscenza del Mediterraneo ed alla fedeltà fino ad allora dimostrata. Forse aveva influenzato questa scelta anche il fatto che E. fosse il genero dell'ex ammiraglio Guglielmo Grasso (anche questi un ex pirata) e che dunque nella sua persona potevano nuovamente cumularsi la carica di ammiraglio e quella di conte di Malta. Meno probabile sembra la spiegazione offerta dal Colin e ripresa poi dal Kantorowicz, secondo i quali l'imperatore credeva di poter rendere inoffensivo il temuto pirata solo in questo modo.
Sulle competenze attribuite all'ammiraglio in questo periodo non si hanno informazioni precise; presumibilmente esse erano meno ampie di quelle fissate nel 1239 dai Capitula pertinentia ad officium ammiratiae. Nel 1221 il cronista Riccardo di San Germano menziona per la prima volta E. come conte di Malta e ammiraglio della flotta. Insieme al cancelliere Guglielmo di Palearia E. dovette allora liberare, con 40 galere, dall'assedio la città di Damietta sul Nilo, occupata nel corso della quinta crociata, ma minacciata dagli infedeli. L'imperatore, che già nel 1212 aveva promesso di partecipare personalmente alla crociata, ma aveva poi ripetutamente rimandato la sua partenza, doveva dare al papa una dimostrazione della sua buona volontà. Quando la spedizione guidata da E. falli, Federico dovette far vedere la sua ira: egli puni dunque E. privandolo della contea di Malta. Cosi almeno riferisce Riccardo di San Germano. Un'altra versione danno gli Annali genovesi che motivano la privazione della contea con lo scarso zelo con il quale E. avrebbe combattuto i saraceni siciliani ribelli. Secondo la testimonianza di questa fonte il castrum Malte non fu più restituito a E. quando egli, dopo non molto tempo, riacquistò il favore imperiale.
Sin dall'aprile 1223 E. è menzionato in diplomi imperiali come conte di Malta, o semplicemente come conte. Egli, che in questo periodo era tra i più stretti collaboratori dell'imperatore, ottenne probabilmente la restituzione della sua contea, ma dovette forse accettare che i castelli maltesi fossero amministrati da un funzionario regio. Non è da escludere, anche se questa possibilità appare meno probabile, che nel 1223 E. fosse stato privato definitivamente del suo feudo, il quale sarebbe stato reintegrato nel Demanio regio.
Nell'agosto 1225 E. condusse, per incarico di Federico II, Isabella (o Iolanda), figlia di Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme, e sposa dell'imperatore, da Acri a Brindisi. Il matrimonio si inseriva nel contesto della crociata promessa dall'iniperatore. Sempre a proposito della crociata Federico II inviò nel 1227 E., insieme col duca Rainaldo di Spoleto e con gli arcivescovi di Reggio e di Bari, presso il papa Onorio III. Come veterano della spedizione di Damietta E. doveva spiegare al pontefice i problemi di una tale operazione nonché i motivi che finora avevano impedito la partecipazione personale dello Svevo alla crociata. Nell'agosto 1227 Federico II parti con un grande esercito da Brindisi per la Terrasanta ma dovette interrompere il viaggio a causa di una malattia dopo solo due giorni. In conseguenza il successore di Onorio III -, Gregorio IX, scomunicò l'imperatore accusandolo di aver infranto la sua promessa e si rifiutò di ricevere gli ambasciatori, tra i quali era anche E., che Federico II aveva mandato per giustificarsi. Nel frattempo Federico II era finalmente partito nel giugno 1228 per la crociata nonostante l'esplicito divieto del pontefice; il 17 marzo 1229 era entrato a Gerusalemme e il giorno seguente si era incoronato re di Gerusalemme rivendicando l'eredità della moglie Isabella, ormai defunta. Ma già nel maggio 1229 Federico II si fece riportare dalla flotta, comandata da E., in Italia, visto che il papa invitava alla ribellione contro di lui.
Negli anni 1229 e 1230 E. fu occupato a domare la ribellione contro lo Svevo diffusasi in Italia. La repressione della rivolta della città di Gaeta, che si aspettava dal papa la restituzione della sua autonomia politica ed economica, andò però per le lunghe e l'imperatore rimproverò E., il quale si giustificò con le difficoltà incontrate nella formazione di una flotta potente; l'imperatore dovette probabilmente riconoscere la validità di questi argomenti.
Come l'anno di nascita, è ignoto anche l'anno della morte di Enrico. Dopo il 1230 egli non viene più menzionato nelle fonti. Siccome il figlio Nicolosio è attestato nel maggio 1232 come conte di Malta, è probabile che E. fosse morto prima di questa data. Il fatto che la carica di ammiraglio rimase probabilmente vacante per alcuni anni prima di essere assegnata nel 1239 al genovese Nicolino Spinola è stato spiegato - in modo non del tutto convincente - con la circostanza che negli anni 1232-39 la flotta era poco attiva.
Dei tre figli nati dal primo matrimonio di E., cioè Petrino, Alessandro e Nicolosio, si sa poco. Nicolosio, attestato nel 1232 come conte di Malta, nel 1257 ebbe confermato dal re Manfredi il feudo di Malta, comprese le due piccole isole di Comino e di Gozo, cosi come l'aveva tenuto suo padre, ma probabilmente egli non risiedette mai o soltanto raramente a Malta. I castelli maltesi furono amministrati da un castellano regio almeno a partire dal 1239, probabilmente però già dal 1223, cioè da quando il castrum Malte era stato tolto a Enrico. Nicolosio è diverse volte attestato a Genova, dove possedeva delle case e dove, negli anni tra il 1243 e il 1251, fu tra gli otto nobili che, insieme col podestà, erano alla guida della Repubblica genovese.
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