ENRICO di Gand (Henricus de Gandavo)
Teologo, detto doctor solemnis, nato a Gand verso il principio del sec. XIII, morto a Parigi o a Tournai il 29 giugno 1293. S'ignora il suo nome di famiglia, falsa essendo la notizia che appartenesse ai Goethals o (latinamente) Bonicollii. Scarsi i dati biografici sicuri: nel 1267 viveva a Tournai, nel 1276 era arcidiacono a Bruges; fra il 1278 e il 1279 tornò, con questo titolo, a Tournai. Frequentò l'università di Parigi, che nel 1277 lo nominò magister. Da Martino IV venne scelto nel 1282 per disputare sui privilegi degli ordini mendicanti riguardo alla confessione: privilegi che egli avversò.
Opere: Principali i quindici Quodlibeta (Parigi 1518; Venezia 1608 e 1613), e la Summa theologica, incompleta (Parigi 1520; Ferrara 1646). Altre opere filosofiche, autentiche e spurie, furono pubblicate da A. Ventura (Bologna 1701); altre sono tuttora inedite.
La filosofia di E. di G. è, nella sostanza, una continuazione di motivi agostiniani, ma condotta con vigore e novità tali da far comprendere come Duns Scoto la citasse e discutesse molto. La sua dottrina più caratteristica è forse quella concernente il principium individuationis, da lui posto non nella materia, bensì in una duplex negatio che, aggiungendosi alla forma, ne escludeva ab intra ogni molteplicità e ab extra ogni identità con altro. Egli deduceva così l'individualità da un principio strettamente ideale, anticipando in certa misura la concezione scotista dell'haecceitas e s'intende come, per questa via, egli potesse considerare identica, in re, l'essenza e l'esistenza. D'altra parte, e proprio in forza di tale concezione, egli non poteva più considerare la materia come qualcosa di meramente negativo (secondo il più genuino motivo platonico dell'agostinismo); e ne distingueva anzi tre gradi di essere, secondo che essa fosse o assolutamente indeterminata nella sua prima creazione, o determinata come potenza, o, infine, determinata dall'attuazione stessa della forma. Ciò era del resto una rivendicazione del motivo della potenza, egualmente palese anche nella riaffermazione (che qui preannunciava tipicamente lo Scoto) della supremazia agostiniana della volontà, potentia activa, sull'intelletto, potentia passiva. E agostiniano E. restava anche quando vedeva il supremo principio di ogni conoscenza in una divina illustratio, che, pur presentandosi nell'aspetto di un intellectus agens, assicurava comunque il mistico accordo della filosofia con la rivelazione.
Bibl.: Huet, Recherches historiques et critiques sur la vie, les ouvrages et la doctrine de H. de Gand, Gand 1838; K. Werner, H. v. G. als Repräsentant d. christl. Platonismus im XIII Jahrh., in Denkschr. Akad. d. Wiss., Vienna 1878; F. Ehrle, in Archiv f. Litter. und Kirchengesch., I (1885), pp. 365-401, 507-08; H. Delehaye, Nouvelles recherches sur H. d. G., Gand 1888; M. de Wulf, Hist. de la philos. scol. dans les Pays-Bas et la principauté de Liège, Lovanio 1895, pp. 46-272; id., Histoire de la phil. en Belgique, Bruxelles 1910, pp. 80-116; J. Lichterfeld, Die Ethik H. v. G.s in ihren Grundzügen, Erlangen 1906; R. Braun, Die Erkenntnislehre H.s v. G., Friburgo (Svizzera) 1916. Per la bibliografia concernente le questioni particolari; v. Ueberweg-Geyer, Grundr. d. Gesch. d. Phil., II, 11ª ed., Berlino 1928, pp. 764-65.