DELL'ACQUA, Enrico
Nacque ad Abbiategrasso (nella provincia di Milano) il 22 maggio 1851 da Francesco e da Anna Provasoli, entrambi originari di Busto Arsizio. Il padre, ragioniere, si occupava della ditta del suocero Pietro Provasoli, commerciante di tessuti di cotone. Compiuti gli studi commerciali a Milano, il D. entrò nell'azienda familiare bustese che, dopo la morte di Francesco (1871), assunse la denominazione di "Anna Provasoli e figlio".
La ditta faceva lavorare per suo conto alcune delle piccole tessiture a mano della cittadina e dei dintorni e rimase - di assai modeste dimensioni finché il D. non fondò a Castrezzato (Brescia) una tessitura meccanica, i cui prodotti venivano tinti e rifiniti a Busto. Con la scomparsa della madre egli e il fratello Giovanni diedero vita alla "Enrico Dell'Acqua e f.llo", che si distinse presto per l'originale opera di penetrazione nei mercati dell'Italia meridionale. Fu introdotto infatti il metodo di vendere direttamente ai dettaglianti, saltando l'intermediazione dei grossisti. Per ottenere poi minuziose informazioni sui mercati locali venivano richieste notizie a parroci, agenti delle tasse, stazioni dei carabinieri. Ottenuto così un quadro indicativo del tipo di domanda esistente, si faceva un uso sistematico di intraprendenti viaggiatori che si recavano nelle località più sperdute del Meridione.Forse all'inizio degli anni Ottanta il D. pensò di allargare il suo commercio verso la Spagna e successivamente verso l'Africa settentrionale, ma poiché quelle esperienze furono negative, rivolse la sua attenzione all'America Latina, dove si trovavano, specialmente in Argentina, numerosissime colonie di emigrati italiani, da lui ritenuti potenziali consumatori di prodotti della madrepatria. Perciò nel marzo 1886 inviò un dettagliato questionario di carattere commerciale a tutti gli uffici postali sudamericani e, ricevutene qualche mese dopo le risposte, nel gennaio 1887 spedì a Buenos Aires un ingente quantitativo di tessuti, aprendo una casa di esportazione nella capitale argentina. Nell'aprile partì egli stesso per l'America: era il primo dei suoi cinquanta viaggi in quel continente, viaggi che consistevano in lunghe e meticolose "indagini" sui costumi e le abitudini delle popolazioni locali, nonché sulle condizioni geografiche e climatiche. Il D. comprese immediatamente che i grossisti latinoamericani, legati alle grandi case d'importazione inglesi e tedesche, non avrebbero acquistato le merci italiane e che si doveva pertanto organizzare una vasta rete di viaggiatori che mantenessero contatti diretti con le tiendas (negozi al dettaglio) dell'interno. Procuratosi allora nell'agosto 1887 un discreto appoggio finanziario da parte di F. Mylius (600.000 lire) e dei fratelli Venzaghi, aprì due nuove succursali a Montevideo in Uruguay e a San Paolo del Brasile (quest'ultima ottenne anche l'esclusiva del Fernet Branca). Le vendite si fecero cospicue, quando nel 1889 l'Argentina fu scossa da una delle sue ricorrenti crisi monetarie. Le perdite per l'aggio sull'oro e la difficoltà nella riscossione dei crediti convinsero il D., alla fine del 1889, a proporre la costituzione di una società di esportazione, che avrebbe dovuto rilevare la vecchia ditta "Enrico Dell'Acqua e f.llo" (con i debiti verso i fornitori italiani) e apportare più solide basi finanziarie alla sua geniale intuizione commerciale. In realtà i creditori italiani e in generale i possessori di capitali nutrivano una forte riluttanza ad impegnarsi direttamente in America, cosicché la raccolta di capitale non fu facile e non raggiunse la quota prevista. Si arrivò comunque al 25 febbr. 1890, quando fu creata la "Società per la esportazione dei prodotti italiani nell'America del Sud Enrico Dell'Acqua e C.i", un'accomandita per azioni dal capitale di 1.500.000 lire (i principali sottoscrittori furono, oltre al D., F. Mylius, G. Marzotto e F. Bozzalla). Il D., gerente della nuova società insieme col fedele E. Castiglioni, non ebbe tuttavia mano libera nell'attuazione dei suoi programmi, perché la commissione di vigilanza prevista dallo statuto, e in particolare uno dei suoi componenti (F. Mylius), dimostrava di non apprezzare affatto le ardite iniziative del cotoniere bustese. Così, quando nel 1891 il D. decise (in seguito all'emanazione di pesanti tariffe protezionistiche in Brasile) di fondare a São Roque uno stabilimento di tessitura con l'apporto di capitale brasiliano, la commissione espresse la sua netta opposizione, anche nella convinzione che la nuova fabbrica potesse fare concorrenza ai produttori di tessuti italiani. Il D. riuscì però a far ritirare il Mylius dalla società e a costituire una commissione di vigilanza a lui favorevole.
Nonostante ciò egli non ottenne mai la piena fiducia degli azionisti, sebbene fino al 1896 gli utili distribuiti si mantenessero attorno al 10% del capitale sociale: bastò che nel 1897 la percentuale scendesse al 5% perché venisse imposta una verifica del suo lavoro in America. La verifica diede esito positivo e del resto nel 1898 gli utili tornarono al consueto livello, tanto che venne proposto di trasformare l'accomandita (con un capitale di 4.000.000 lire) in società anonima. Il D., tuttavia, inizialmente si oppose al progetto, preoccupato che questa forma societaria gli limitasse l'autonomia di gestione a cui tanto teneva.
Il conflitto sempre latente tra quelli che il D. definiva il "capitale" e il "lavoro" - contrasto ripreso in forme enfatiche nelle rievocazioni dei biografi, che ne hanno fatto l'oggetto di narrazioni addirittura epiche, quasi si trattasse di una lotta fra l'inventiva del "genio" e la grettezza del capitale - è forse più semplicemente l'incomprensione tra capitalisti prudenti e un imprenditore fantasioso e aggressivo, talvolta non del tutto conscio dei rischi che comportava il commercio in paesi economicamente instabili come quelli sudamericani. E soprattutto - come osservavano fin dal 1889 F. Mylius, T. Bertarelli ed E. De Angeli - con la tendenza a un "allargamento degli affari ... alquanto sproporzionato ai mezzi di cui disponeva".
Secondo il D. il capitale era invece "un mezzo meccanico, destinato ad appoggiare il lavoro e l'intelligenza", mossi questi ultimi dall'"entusiasmo e dall'amor patrio". Entusiasmo che diveniva persino ossessivo, se egli scriveva che "una smania continua di distrazioni fisiche e morali... formano e rappresentano la mia vita privata e commerciale" e la giudicava una "semi-pazzia", un accavallarsi incessante di "fantastiche... creazioni". È ovvio che un personaggio del genere, pur dotato di spiccate qualità imprenditoriali e di straordinaria vitalità (si vantava di lavorare normalmente 15-20 ore al giorno), non poteva non suscitare qualche perplessità in più freddi, anche se meno dinamici, "capitalisti".
Il 6 luglio 1899, con il sostegno della Banca commerciale italiana (che sottoscrisse oltre il 16% del capitale), venne costituita l'anonima "Società italiana di esportazione Enrico Dell'Acqua", con il capitale di 10.000.000 lire. Il D., al quale venne attribuita la carica di direttore generale, continuò la sua opera di espansione, sia sul piano industriale (la tessitura di São Roque in Brasile arrivò nel 1903 a 300 telai, mentre quella di Buenos Aires, eretta nel 1893, comprendeva 200 telai, 90 macchine circolari, reparti di appretto, candeggio e tintoria) sia su quello commerciale.
Mentre la casa di Buenos Aires assumeva la funzione di centro nevralgico delle operazioni nel continente americano, quella di San Paolo diventava la più importante azienda commerciale italiana del Brasile; inoltre, la Società di esportazione faceva il suo ingresso nei mercati del Pacifico, istituendo succursali in Perù e Cile. La marca "Vedetta" era ormai popolare in America Latina, anche tra gli Indios dell'interno, e gli utili continuavano ad aggirarsi intorno al 10%. Il D. si procurò così l'ammirazione di Luigi Einaudi, che gli dedicò nel 1900 uno studio sull'espansione coloniale italiana e lo definì "principe mercante".
L'incalzare però della concorrenza, una nuova crisi in Argentina seguita da ripetuti fallimenti di negozianti, la necessità di smaltire le forti giacenze della fabbrica argentina, spinsero il D. nell'aprile 1902 a una svolta decisiva nell'organizzazione delle vendite: invece di vendere all'ingrosso ai commercianti, pensò di aprire una rete di negozi per lo smercio al minuto nelle zone dove non vi era clientela della Società di esportazione. Fu questa la "Propaganda industrial", sistema di vendita a prezzo fisso e a contante che metteva immediatamente in contatto produttore (e/o importatore) e consumatore. Il metodo ebbe subito risultati lusinghieri, ma provocò la dura reazione del consiglio di amministrazione, assolutamente contrario ad entrare nel ramo della vendita al dettaglio. Poiché anche in passato si erano verificati numerosi screzi tra il consiglio e il D., si giunse presto alla rottura.
Nel 1903 il D. dovette dimettersi dalla direzione dell'impresa e si assunse la piena responsabilità, nonché la proprietà della catena di negozi "La Propaganda". Benché fosse stato concluso un accordo con la sua vecchia società per evitare la concorrenza reciproca e per il rifornimento regolare di merci dagli stabilimenti di São Roque e Buenos Aires, il D. passò, secondo le sue parole, un periodo dei "più critici" e "angustiosi" della sua vita. Difficilmente i diciotto negozi della Propaganda avrebbero superato il trauma della scissione dalla Società di esportazione, se non fossero intervenuti a sostegno del D. G. Stoffel (della Banca cantonale ticinese), R. Ressi (della Banca Ressi e C.) e F. Rothpletz (del Cotonificio Fürter e Bebié). Il 14 ott. 1904 essi fornirono metà del capitale (due milioni su quattro) dell'accomandita "Enrico Dell'Acqua e C.".
Più a suo agio nel ruolo di socio accomandatario, il D. poté riorganizzare e sviluppare il lavoro delle succursali di vendita al dettaglio, adottando un sistema contabile e amministrativo che consentiva alla casa centrale di avere quotidianamente un quadro dell'attività delle sedi periferiche; aprire case di vendita all'ingrosso in Cile, Paraguay c Uruguay; impiantare uno stabilimento di maglieria ad Asunción e sperimentare la coltivazione del cotone in Paraguay; fondare un grande stabilimento di confezioni di abiti e soprattutto costituire il "Cotonificio Dell'Acqua". Quest'ultimo subentrava alla ditta "Maffioli e Battistella" (già impiegati del D.) di Buenos Aires, che gestiva uno stabilimento ben organizzato di maglierie: il D. e la sua società fornirono oltre la metà del capitale della nuova impresa, che avrebbe dovuto procedere a un ampliamento degli impianti. Nel 1906 la "Enrico Dell'Acqua e C.", con 6.000.000 lire di capitale, si presentava come un solido e nel contempo agile organismo industriale commerciale, la cui principale caratteristica va ricercata nella serie di negozi di vendita al minuto (ventotto in tutta l'Argentina). I prodotti con la marca "Alba Nueva" non temevano la concorrenza della gloriosa "Vedetta" e del resto, sin dal gennaio 1905, la Società di esportazione aveva tolto il nome Dell'Acqua dalla sua ragione sociale e si era trasformata in "Società per l'esportazione e per l'industria italoamericana"; dal giugno 1906, con un anno di anticipo rispetto al previsto, era stato sciolto il contratto che legava il D. alle forniture delle industrie della sua vecchia società (e anche per questo motivo egli era entrato nel settore della produzione industriale). Sempre nel 1906 il D. elaborò un grandioso progetto di ristrutturazione, proponendo agli azionisti, con lo scritto Colonizzazione commerciale italiana nell'America Latina. Le piccole energie in azione. Studi e proposte (Buenos Ayres 1906), la costituzione di due altre imprese: la "Società mercantile Dell'Acqua al Sud America" (capitale 5.000.000 lire) e la "Società commerciale italiana al Plata" (capitale 2.000.000 lire).
L'opera del D. è di grande interesse perché (pur tra slanci di ingenuo patriottismo mercantile, ripetizioni di concetti e una certa laboriosità nell'espressione) espone con ampiezza le sue vedute in merito al ruolo del capitale finanziatore, delinea una vera e propria metodologia dell'espansione commerciale in America e configura una struttura aziendale di notevole modernità in confronto dei modelli prevalenti tra le imprese italiane del periodo. Mentre ribadisce la posizione subalterna e strumentale del capitale (inteso come "espansione di lavoro" e "azione meccanica"), egli individua il nucleo innovativo della sua penetrazione commerciale nell'avere trovato "la formula più facile per mettere il produttore [industriale o importatore] in contatto diretto col consumatore [categoria nella quale inserisce anche i negozi al dettaglio]".
L'elemento dinamico di tale formula sta nell'"applicazione su vasta scala delle piccole energie come mezzo di sviluppare delle grandi forze", principio che deve trovare realizzazione concreta sul piano organizzativo, in un decentramento funzionale ("divisione del lavoro") e giuridico delle diverse componenti che agiscono dal momento della produzione a quello della vendita. Da ciò il progetto di creare la "Società mercantile" (che funzionerebbe come casa commissionaria e provvederebbe agli acquisti e alle spedizioni per le case associate e alleate), affiancata in Argentina dal produttore industriale (il "Cotonificio Dell'Acqua"); la funzione di intermediario o di grossista (onde evitare eccessive scorte di magazzino alle succursali di vendita) dovrebbe essere svolta dalla Società al Plata, mentre la "Enrico Dell'Acqua" si dedicherebbe alla vendita al minuto. Le varie società sono collegate da una serie di partecipazioni incrociate, ma ciascuna mantiene una sostanziale autonomia gestionale, come pure gli stessi negozi di vendita, che nella visione del D. sono l'esempio più efficace delle "piccole energie" in azione.
Non è chiaro se il vasto programma di decentramento disegnato dal D. fu applicato integralmente: certo fu fondata la "Commerciale italiana al Plata", ma la nuova organizzazione non doveva dare i frutti sperati. Infatti già alla fine del 1907 erano avvertibili i segni di un'ennesima crisi finanziaria in America Latina, mentre il piano di coltivare il cotone in Paraguay incontrava ostacoli insormontabili nelle turbolente vicende politiche di quel paese. Inoltre, un incendio distrusse lo stabilimento di confezioni. Il D. infine, ingannato dal fatto che le vendite apparivano ancora sostenute, aveva appesantito oltre il ragionevole gli stock di magazzino. L'errore di valutazione e di prospettiva ebbe conseguenze preoccupanti: il D. fu costretto a liquidare la Società al Plata, rinunciare ai suoi progetti in Paraguay e a presentare un bilancio al settembre 1908 senza utili e in grado di coprire le perdite solo con un prelievo dalla riserva di 1.600.000 lire. Fu in tale occasione che riemerse la sfiducia degli azionisti nei confronti della coraggiosa (e rischiosa) politica commerciale seguita dal D., tanto che i sindaci si chiesero se "un'azienda così importante non andrebbe meglio sotto la forma dell'anonima, che darebbe al gerente colleghi capaci di dividerne le fatiche e le responsabilità". Eppure il D. riuscì ancora una volta a superare le difficoltà e, dimostrando di sapere agire, quando necessario, con accortezza e senso della misura, poté riequilibrare le sorti dell'impresa. Se nemmeno il bilancio successivo (1908-1909) distribuì utili (pur in presenza di un netto miglioramento delle vendite e della situazione debitoria), già nella primavera del 1910 era chiaro che l'opera di risanamento e di raccoglimento avviata dal D. avrebbe dati i primi risultati.
L'11 giugno a Buenos Aires gli fu offerto un banchetto dai dirigenti e dagli impiegati della società. Il discorso da lui pronunciato in quell'occasione rivela, al di là dei toni di circostanza, le sue idee a proposito dei rapporti fra imprenditore e dipendenti.
Secondo il D. una casa commerciale rappresentava "una famiglia, i cui membri sono tutti solidali fra di loro, intesi tutti al benessere della casa che rappresentano". Egli doveva perciò essere considerato "ad un tempo padre e principale". Sostenne inoltre che "tutte le grandi imprese hanno per base la fede nel capo che dirige e la convinzione [del capo] negli impiegati che eseguiscono". L'alone carismatico del "capo" o "padre" non impediva però che i subalterni godessero di un certo ambito di iniziativa personale, poiché "diverse energie indipendenti" formavano una "forza unica". E, infatti, viaggiatori e gerenti delle succursali erano legati alla società da un sistema di interessenze agli utili, cosicché la "devozione" e l'"abnegazione" (come si era espresso in una lettera di qualche anno prima) loro richieste venivano rinsaldate da incentivi di ordine più materiale.
Nell'estate ritornò in Italia, anche per conoscere la nipote nata dal matrimonio della figlia Anna con Senatore Borletti. Il mattino del 13 luglio 1910 fu colpito da malore mentre si trovava al lavoro nel suo ufficio di Milano e vi morì qualche ora dopo.
Altri scritti del D.: Proposta di costituzione di una Società per l'esportazione di prodotti italiani all'America del Sud, Milano 1889; collaborò, inoltre, alla Patria degli Italiani di Buenos Aires con diversi articoli sulla crisi monetaria argentina della fine degli anni Ottanta.
Fonti e Bibl.: Lettere circolari e autografi del D., relativi al periodo 1889-1890, sono conservati presso l'archivio della famiglia Caprotti di Milano. Il Cozzani, nell'op. cit., poté utilizzare lettere private e documenti in possesso della famiglia Borletti. L'opera Colonizzazione commerciale ..., cit., contiene in appendice sei lettere del D. del 1900, nonché circolari e bilanci. Relaz. della Commissione delegata alla verifica del commercio d'esportazione della ditta Enrico Dell'Acqua e f.llo, Busto Arsizio - Milano 1890; Statuto della Società in accomandita per azioni Enrico Dell'Acqua e C., Busto Arsizio - Milano 1890; E. Dell'Acqua e C., Soc. per l'esportazione..., Assemblea generale ordinaria dell'11 maggio 1893. Gest. 1892. Anno III, Busto Arsizio 1893; Id., Assemblea gen. ordin. del 6 maggio 1894. Gestione 1893. Anno IV, ibid. 1894; Id., Assemblea gener. ordin. del 14giugno 1896, Gestione 1895, Anno VI, ibid. 1896; L. Einaudi, Un principe mercante, Studio sulla espansione coloniale ital., Torino 1900; L. Taglioretti, Guida Taglioretti per l'alto Milanese: circond. di Gallarate. I, 1905, Gallarate s. d., p. 296; Guida Taglioretti per l'Alto Milanese: Circondario di Gallarate. Anno II, 1910-11, Varese s. d., p. 14; In memoriam. E. D. cavaliere del lavoro. 21Maggio 1851-13 luglio 1910, Milano s. d.; E. Cozzani, E. D., Milano 1929; C. B. Tosi, E. D., Milano 1935; R. Riccardi, Origini e sviluppi dell'industria cotoniera bustese, Busto Arsizio 1953, pp. 64-70; P. Rossi, Dall'Olona al Ticino. Centocinquant'anni di vita cotoniera. Profili, Varese 1954, pp. 22-25; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1864-1906, III (L'esperienza della Banca commerciale italiana), Milano 1976, v. Indice... imprese; R. Romano, Tra storici ed economisti, Torino 1982, pp. 92-101; Enc. Italiana, XII, p. 546.