D'OVIDIO, Enrico
Nacque a Campobasso l'11 ag. 1843 da Pasquale e da Francesca Scaroina. La famiglia, di idee liberali e antiborboniche, si preoccupò di offrirgli le migliori condizioni di studio, prima ottenendo di fargli frequentare, come allievo interno, il collegio "Sannitico", poi trasferendosi a Napoli per permettere a lui e al fratello Francesco (minore di sei anni, destinato a una brillante carriera letteraria, che lo porterà a diventare, tra l'altro, presidente dell'Accademia dei Lincei) di seguire i corsi universitari; tuttavia il D. non poté frequentare regolarmente l'università.
Inizialmente interessato agli studi giuridici, il D. passò poi a quelli matematici grazie all'influenza e alla guida dello zio Achille Sannia, titolare di uno studio privato che affiancava l'università nella preparazione degli studenti. Il giovane D. vi si iscrisse con l'intenzione di sostenere l'esame per l'ammissione alla Scuola dei ponti e strade e, grazie alla preparazione acquisita, fu ammesso alla Scuola. Vinse inoltre, prima di compiere vent'anni, il concorso per l'insegnamento della matematica nei licei: non avendo potuto entrare in servizio perché minorenne, assunse tuttavia pochi mesi dopo l'incarico dell'insegnamento della matematica nella R. Scuola di marina. Proseguiva nel contempo gli studi universitari, in particolare sotto la guida dei matematici chiamati dopo l'unificazione nell'ateneo di Napoli per riorganizzarlo. Tra costoro ebbero significativa influenza E. Pergola e G. Battaglini; quest'ultimo avviò il giovane D. alla ricerca scientifica, incoraggiandolo a pubblicare i primi lavori sul Giornale di matematiche ad uso degli studenti delle università italiane, da lui fondato e diretto. Insieme con S. Dino e N. Pisani, il D. assunse la direzione dello studio Sannia quando il titolare venne chiamato ad insegnare nella R. Scuola di ingegneria. Il 7 apr. 1868 conseguì la laurea in matematica, che fu conferita a lui e al Dino dalla facoltà di scienze di Napoli honoris causa in considerazione dei loro lavori scientifici.
In questi anni si precisarono gli interessi che caratterizzarono poi le ricerche del D. lungo tutta la sua carriera professionale. Innanzitutto quello per la didattica, che si espresse non solo nell'impegno dedicato all'insegnamento, ma anche nella stesura di uno dei primi manuali di geometria per le scuole secondarie (Elementi di geornetria, con parziale collaborazione di A. Sannia, Napoli 1868-69). Il testo ebbe grande successo e conobbe altre quattordici edizioni, continuamente aggiomate. Il D. inoltre indirizzò i suoi studi verso la geometria, in sintonia con le principali correnti di ricerca di quegli anni. Tra i ventidue lavori da lui pubblicati dal 1863 al 1872 si ricordano: Dimostrazione di alcuni teoremi sulle superfici sviluppabili di 5° ordine enunciati dal professor Cremona, in Giorn. di matematiche, III (1865), pp. 107-113, 184-189, 214-218; Nota su punti, piani e rette in coordinate omogenee, ibid., VIII (1870), pp. 241-284. Il D., infine, si dedicò allo studio dell'algebra (Nuova dimostrazione di una formula di Abel, ibid., VI [ 1868], pp. 37-45) e alla storia della matematica (Sul libro XII di Euclide, e sul Trattato di Archimede riguardante la misura del circolo e dei corpi rotondi, ibid., IX [1871], pp. 122 ss.).
Nel 1871, tre anni dopo la laurea, conseguì la libera docenza in algebra complementare. Nel 1872, dietro sollecitazione del grande analista e geometra E. Beltrami, il D. partecipò al concorso per la cattedra di algebra complementare e geometria analitica nell'università di Torino: risultò vincitore e ottenne la nomina il 17 nov. 1872.
Il trasferimento a Torino segnò l'inizio del periodo più intenso dell'attività scientifica del D'Ovidio.
In quegli anni le ricerche sulla geometria subivano una svolta fondamentale: "erano divenuti patrimonio generale dei geometri i lavori di Lobačevskij, F. Bolyai, G. F. Riemann sulla geometria non euclidea, rimasti fino allora pressoché sconosciuti (quello di Riemann anzi inedito)" (Annuario d. Univers. di Torino), lavori che F. Klein inquadrò nella sua più generale concezione della geometria euclidea e non euclidea, come invarianti per gruppi di trasformazioni.
Il D. dedicò una serie di lavori allo studio della metrica proiettiva, euclidea e non euclidea (Sulle relazioni metriche in coordinate omogenee, in Giorn. di matematiche, X [1872], pp. 197-220, e Studio sulla geometria proiettiva, in Annali di matematica, VI [1873-75], pp. 72-100), esaminando in particolare le proprietà dei complessi di rette (Sulle reti di complessi lineari nella geometria metrico-proiettiva, in Rend. d. Acc. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e natur., s. 2, III [1875-76], pp. 561-582; Alcune proprietà metriche dei complessi e delle congruenze lineari in geometria proiettiva, ibid., pp. 260-268; Le serie triple e quadruple di complessi lineari nella geometria metrico-proiettiva, ibid., pp. 723-746). Egli espose, infine, i risultati delle sue ricerche con la massima generalità e completezza nell'ampia memoria Le funzioni metriche fondamentali negli spazi di quante si vogliono dimensioni e di curvatura costante, in Mem. d. Acc. dei Lincei, classe di scienze fis., mat. e natur., s. 3, I (1876-77), pp. 929-968 (un riassunto di tale lavoro, in francese, fu pubblicato nel 1877 nei Mathematische Annalen diretti da F. Klein [Les fonctions métriques fondamentales dans un espace de plusieurs dimensions et de courbure constante, pp. 403-418]). In tale lavoro il D. utilizzò concetti e metodi della geometria proiettiva per ricavare le funzioni metriche negli spazi non euclidei a più dimensioni, aprendo la strada ai successivi lavori di G. Veronese, di C. Segre e di altri suoi allievi.
Un secondo gruppo di lavori del D. fu dedicato alle forme binarie, ai sistemi da esse formati e ai loro invarianti, argomento in cui si manifesta la non comune abilità algebrica del D., il quale utilizzava la notazione simbolica sviluppata pochi anni prima da R. F. Clebsch e P. Gordan. Ricordiamo tra gli altri: Sopra un teorema fondamentale della teoria degli invarianti, in Giorn. di matematiche, XV (1877), pp. 187- 192; La relazione tra gli otto invarianti fondamentali di due forme binarie biquadratiche, in Atti d. Acc. d. scienze di Torino, XV (1879-80), pp. 471-488, Sopra alcuni invarianti simultanei di due forme binarie degli ordini 5° e 4° e sul risultante di esse, in Mem. d. Acc. d. Lincei, classe di scienze fis., mat. e natur., s. 4, IV (1887), pp. 607-622; Il covariante Steineriano di una forma binaria del 6° ordine, in Atti d. Acc. d. scienze di Torino, XXIV (1888-89), pp. 164-176. Alcuni lavori riguardano lo studio della cubica gobba e di figure ad essa associate, che utilizzavano le tecniche sviluppate nei lavori precedenti (in particolare Studio sulle cubiche gobbe mediante la notazione simbolica delle forme binarie, in Mem. d. Acc. d. scienze di Torino, s. 2, XXXII [1880], pp. 1-75, che ricevette la medaglia d'oro della Società dei XL).
Negli anni '90 la produzione del D. si diversificò rispetto agli interessi scientifici fino ad allora dominanti; molte delle pubblicazioni successive riguardano commemorazioni di studiosi (tra cui amici personali, come G. Battaglini, E. Beltrami, E. Fergola) o relazioni occasionali di vario tipo (per es. Relazioni sul concorso al Premio reale del 1895 per le matematiche, in Rend. d. Acc. d. Lincei, I [1901], pp. 354-374). Nel 1889 tenne il discorso di apertura dell'anno accademico dell'università di Torino sul tema "Uno sguardo alla nascita della matematica pura".
L'importanza del D. nell'evoluzione degli studi matematici italiani risiede non solo nei suoi contributi scientifici, ma anche nella sua capacità di formare un gruppo di allievi i quali, sotto la guida di C. Segre, costituiranno il nucleo della scuola italiana di geometri che raggiunse verso la fine del secolo posizioni di grande prestigio internazionale. Tra i suoi allievi si ricordano.G. Peano, C. Segre, G. Loria, G. Castelnuovo, G. Fano, F. Severi.
Il D. curò la pubblicazione delle proprie lezioni di geometria analitica, prima in tre parti separate, poi sotto forma di manuale (Geometria analitica, Torino 1885), che conobbe quattro successive edizioni, fino al 1912. Dal 1876 il D. tenne l'incarico d'insegnamento di geometria superiore, lo lasciò nel 1888 per permettere a C. Segre, vincitore del concorso specifico per tale disciplina, di subentrare al suo posto. Nello stesso anno 1888 ricevette l'incarico di analisi superiore, che tenne fino al 1907. Anche in questo campo diede un importante contributo scientifico, perfezionando la dimostrazione di H. Poincaré della convergenza delle serie thetafuchsiane (Sulle funzioni thetafuchsiane, in Atti d. Acc. d. scienze di Torino, XXIX [1893-94], pp. 507-515, 741-749).
Ricoprì anche importanti incarichi accademici. Fu rettore dell'università di Torino nel 1880, preside della facoltà di scienze nel 1879-80 e di nuovo dal 1893 al 1907 (in questa veste curò il rinnovamento edilizio della facoltà, con la costruzione degli attuali istituti di fisica, chimica, anatomia), commissario e poi direttore. del politecnico di Torino, nato dalla fusione del Museo industriale e della scuola di ingegneria, dal 1893 al 1922 (mantenne tale incarico anche dopo il collocamento a riposo avvenuto l'11 ag. 1918).
Nel 1892 fu chiamato nel Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, succedendo al suo maestro napoletano G. Battaglini, e mantenne l'incarico per due quadrienni. Nel 1905 fu nominato senatore del Regno e poté così partecipare alla discussione della legge istitutiva dei politecnico di Torino.
Appartenne a numerose accademie, tra cui l'Accademia delle scienze di Torino (dal 1878), l'Accademia dei Lincei (come socio nazionale del 1893), la Società dei XI, (dal 1884). Fu presidente dell'Accademia delle scienze di Torino dal 1902 al 1910.
Sposò Maria Bonacossa, da cui ebbe due figlie e un figlio, morto nel 1907 durante un'escursione in montagna, mentre cercava di trattenere un amico che stava precipitando.
Morì a Torino il 21 marzo 1933.
Fonti e Bibl.: Necr. in Annuario dell'Università di Torino, 1932-33, pp. 443-449; Atti d. R. Acc. di scienze di Torino, LXIX (1933-34), pp. 119-138; Rend. d. R. Acc. dei Lincei, XVII (1933), pp. 443-449; L. Giacardi, E. D., in L. Giacardi-C. S. Roero, Bibliotheca mathematica, Torino 1987, pp. 146 s.