COMBI, Enrico
Nacque a Milano il 28 apr. 1832 da Giuseppe e Maria Pirola. Compiuti gli studi alla facoltà di matematica in Pavia, s'iscrisse all'Accademia di Brera e passò, per il tirocinio necessario al conseguimento della patente di ingegnere architetto, nello studio di Giuseppe Balzaretto. Divenne il principale assistente di quest'ultimo, col quale collaborò nei lavori per il giardino pubblico di Milano (1856-1862), per il sottopassaggio (ora distrutto) di via Principe Umberto verso la stazione Centrale (1865) e per il palazzo della Cassa di risparmio (1869-1872).
Morendo (1874), il Balzaretto affidò a lui e a G. Sizzo, un altro allievo, la conduzione del suo studio professionale designando i due come eredi e continuatori della sua attività (G. Mongeri - A. Zanca, Commemorazione dell'ingegnere - architetto commendator Giuseppe Balzaretto, Milano 1874, p. 13). Il C. completò le commissioni lasciate in sospeso dal maestro: villa Ponti a Varese, villa Giovanelli a Lonigo, la cappella Poldi Pezzoli a Bellagio.
Sembra tuttavia essersi impegnato soprattutto nell'esecuzione di incarichi tecnici; la sua attività è citata di rado nelle cronache di architettura contemporanee. In collaborazione con il Sizzo rivide nel 1880 i piani di Gustavo Strauss per l'ampliamento di palazzo Miniscalchi a Verona (G. P. Marchini, in Dalla casa al museo, capolavori da fondazioni artistiche, italiane [catalogo], Milano 1981, p. 85); progettò, a Milano, casa Frizzi in via Monte di Pietà e i padiglioni dell'Istituto oftalmico su via Castelfidardo, in costruzione nel 1885. Si segnalano poi villa Giuseppe Rossi a Monza, il palazzo della stagionatura delle sete in via Solferino a Milano e, soprattutto, palazzo Turati e la facciata sul Foro Bonaparte dell'ala nuova di palazzo Litta, celebre edificio secentesco che dopo il fallimento della famiglia proprietaria veniva allora ampliato e adattato a sede della direzione delle Ferrovie dell'Alta Italia.
Palazzo Turati fu costruito nel 1876 in via Meravigli per il conte Francesco Turati; pochi anni dopo il fratello di quest'ultimo, Ettore, vi affiancherà la propria residenza opera di Ponti, Pirovano e Bordioli. Nonostante la poco favorevole recensione che ne dà T. V. Parravicini (in Milano tecnica..., pp. 343-346), si trattò di due fra le più ambiziose realizzazioni cittadine nel campo dell'edilizia privata; il palazzo di cui fu autore il C. ospita al piano nobile la "sala d'oro" del Pogliaghi, freschi e decorazioni di MosèBianchi e del Bertini. La facciata appare in linea col composito eclettismo diffuso in quegli anni: schemi di derivazione manierista vi si associano al bugnato di cui Balzaretto aveva dato l'esempio con la Cassa di risparmio e alle decorazioni del tardo Quattrocento lombardo che P. Pestagalli aveva precedentemente contribuito a diffondere in Milano.
Doti analoghe, di buon equilibrio decorativo se non di particolare fantasia, il C. mostra nell'ala nuova di palazzo Litta (1891-1893), liberamente ispirata a modelli del Seregni e del Richini. L'impostazione degli interni si deve però in gran parte direttamente all'Ufficio tecnico delle ferrovie (ingegnere Lauro Pozzi).
In occasione dell'Esposizione nazionale del 1881 in Milano, il C. fu commissario aggregato per le decorazioni a fianco di E. Alemagna e membro, con Emilio Bisi e Archimede Sacchi, della commissione artistica incaricata di assistere Giovanni Ceruti nella progettazione dei padiglioni. Terminata la mostra, l'incarico di ripristinare e ampliare i giardini del Balzaretto in cui essa si era svolta fu affidato all'Alemagna, pare con intervento del C. Per la fontana e il parterre che fronteggiano l'ex palazzo Dugnani.
Negli stessi anni l'architetto risulta inserito nelle commissioni di vigilanza ai restauri dì S. Ambrogio e di S. Vincenzo in Prato (Arch. stor. lomb., s. 3, II [1894], p. 213; XIV [1900], suppl., p. 4). Trattandosi di ristabilire al culto quest'ultima, il C. fece parte del comitato promotore fin dagli'inizi nel 1881 e diede il progetto per la sacrestia e gli edifici di servizio della chiesa (Cronaca mensile del recupero e ristauro della Basilica di S. Vincenzo in Prato, a cura di P. Rotta, Milano 1890, p. 76). La direzione dei restauri è, però, di Giovanni Magni e Gaetano Landriani. Come consulente tecnico, il C. assisté inoltre Fausto Bagatti Valsecchi nella realizzazione, per conto di Giuseppina Gnecchi Turati, della nuova parrocchiale di Verderio Superiore (1898-1902).
Il C. morì a Milano il 6 genn. 1906 nella sua casa di via Fatebenefratelli lasciando la vedova, Maria Dubini, e quattro figli, Giuseppe, Teresa, Lucia, Carmela. Era cavaliere e socio onorario dell'Accademia di Brera; il necrologio su La Perseveranza del 7 genn. 1906 lo dice buon patriota e artista "modesto quanto eminente".
Bibl.: A. Terruggia, Esposizione del 1881 in Milano. Relaz. generale, Milano 1883, pp. XI, 89, 108-111; Milano tecnica dal1859 al 1884, Milano 1885, pp. 239-243, 281, 343-345, 350; D. Sant'Ambrogio, Il vecchio Palazzo dei Litta e il nuovo palazzo delle ferrovie, in L'Illustrazione italiana, 23 luglio 1893, pp. 54 s.; A[ndrea] F[errari], Nuovo fabbricato della Società per le strade ferrate del Mediterraneo, in L'Edilizia moderna, II (1893), 3, pp. 17-20; L. Beltrami, La nuova chiesa di Verderio Superiore, Milano 1902; Milano nel 1906, Milano 1906, pp. 94, 96, 100, 245 s.; E. Verga-U. Nebbia-E. Marzorati, Milano nella storia, nella vita contemporanea e nei monumenti, Milano 1906, pp. 340, 404; L. Callari, Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, p. 138; Milano '70-'70 (catal.), I, Milano 1970, p. 173; M. Grandi-A. Pracchi, Milano. Guida alla archit. moderna. Bologna 1980, pp. 45, 62, 64; R. De Fusco, L'architettura dell'Ottocento in Italia, Torino 1980, pp. 139, 244; U. Thieme-F. Becker, Künsterlexikon, VII, p. 270.