CIMBALI, Enrico
Nacque a Bronte (Catania), il 9 dic. 1855 da Antonio, di una famiglia di possidenti, e da Marianna Leanza, e vi compi gli studi inferiori, frequen tando per breve tempo il collegio "Capizzi", allora assai noto in Sicilia.
Il padre, medico, aveva ricoperto incarichi amministrativi di rilievo sotto i Borboni, e poi negli anni successivi all'unificazione, creando intorno alla fwniglia vasti consensi che al giovane C. furono largamente utili in occasione dei suoi impegni elettorali.
Si laureò in giurisprudenza a Catania nel 1876, e, resistendo alle pressioni paterne perché si desse subito alla-pratica forense, si trasferì a Napoli insieme con i "fratelli minori Giuseppe, Francesco ed Eduardo per approfondire gli studi di diritto civile. Qui ebbe modo di frequentare, oltre ai corsi della facoltà giuridica, le lezioni di estetica del Tari e di letteratura latina di monsignor Mirabelli. Da quest'ultimo cercò di ottenere, per altro senza successo, un appoggio per entrare nello studio di Pietro Pisanelli, e così "avvicinare i Sella, i Minghetti, gli Spaventa" (Epistolario, p. 38). Constatata l'inutilità dei suoi sforzi, nel dicembre 1 77 iniziò la pratica legale nello studio dell'avvocato napoletano Luigi Landolfi.
Nel 1879 pubblicò la sua prima monografia Del possesso per acquistare i frutti (Napoli 1879), un'opera abbastanza originale, se confrontata con l'orientamento esegetico dominante nella civilistica italiana, nella quale il C., prendendo spunto da un saggio del Tartufari edito l'anno precedente, contestava la tesi di Savigny circa la natura personale delle forme di tutela (gli interdicta)di cui poteva giovarsi il possessore, sostenendo invece la stretta analogia tra possesso e proprietà, considerati entrambi come "rapporti reali". Il lavoro valse al C. la libera docenza, conseguita nello stesso '79.
L'anno successivo, insoddisfatto dell'Ateneo napoletano, già in crisi dopo la fioritura degli anni '60, e sulla spinta di ancora confuse ambizioni politiche, ottenne il trasferimento della libera docenza. presso l'università di Roma dove gli venne assegnato un corso pareggiato di diritto civile. Valendosi ancora dell'affettuosa benevolenza del Mirabelli entrò nello studio di Pasquale Stanislao Mancini, di cui divenne in breve uno dei più stretti collaboratori, subendone ad un tempo una decisiva influenza sul piano politico e culturale. Il 25 genn. 1881 iniziò il suo corso romano con la prolusione Lostudio del diritto civile negli Stati moderni (Roma 1881), che ebbe subito una vasta eco.
In essa il C., prospettava l'esigenza ormai indifferibile della maturazione di una scuola autenticamente nazionale di diritto civile, in grado di superare "l'infausto vezzo di redigere empiricamente vasti commentarii sul modello dei francesi, di riprodurre leggermente i sistemi nebulosi elaborati e confezionati in Germania", e richiamava "i nostri professori di Diritto civile allo studio di dati argomenti e di istituti specifici", allo scopo di "preparare con opportune e meditate monografie gli organi vitali del nostro Diritto civile nazionale" (p. 27).
Affioravano già nel pensiero del C. quegli elementi che ne fecero in seguito uno dei più vivaci e discussi esponenti del "socialismo giuridico" italiano: la denunzia delle angustie dell'ordinamento, in particolare dei "difetti sociali" dei codici e dei ritardi della scienza giuridica italiana, specie civilistica; la centralità della azione solidaristica dello Stato nella composizione dei conflitti di classe; l'uso del concetto di "giustizia" elaborato dall'Ardigò per legittimare una ricostruzione del diritto e, sullo sfondo, della storia come unitario "organismo vivente" all'interno del quale giocavano le stesse forze e gli stessi schemi di causazione che la indagine scientifica di fine secolo an dava scoprendo nel campo della fisica e della chimica. In tal modo, attingendo a esperienze culturali diverse (il Kathedersozialismus tedesco, ricevuto tramite gli economisti della scuola lombardo veneta; il positivismo comtiano e l'evoluzionismo darwinista; gli sviluppi contemporanei della pandettistica tedesca), il C. avviava una riflessione rivolta a costruire ecletticamente nuove formulazioni della funzione del diritto e del giurista in una società investita da profondi mutamenti.
Ai primi mesi di vita romana, intensi di letture e di impegni forensi, appartengono anche due scritti inediti, conservati nella Biblioteca del collegio "Capizzi" a Bronte, su La funzione sociale dello Stato moderno, e Le prime due fasi dell'azione dello Stato.
In essi il C. cercava di delineare una sorta di teoria generale del ruolo dello Stato, nell'ambito di un processo storico rigidamente evoluzionistico. Al fondo stava l'identificazione dell'individuo e dello Stato come "i due termini essenziali nei quali si sostanzia e si integra il concetto completo dell'umanità". Alla fase della rivoluzione industriale e della conseguente "tirannide borghese", denunziata come "il trionfo più completo del principio egoistico sciolto da qualunque freno da qualunque correttivo", doveva ripararsi mezzo della "funzione propriamente sociale dello Stato", "arbitro e moderatore supremo tra le parti".
Maturavano intanto le sue scelte politiche. Dalla lunga crisi apertasi a seguito delle dimissioni'del terzo ministero Cairoli in occasione della occupazione francese della Tunisia nell'aprile del 1881, il C. colse infatti l'occasione per dedicare un saggio sul partiti politici a Francesco Crispi, al quale pure negli anni precedenti aveva riservato giudizi sferzanti, definendolo "uomo di bassa lega e di pessimo gusto, nato nel fango e devoto alla corruzione", e del tutto privo, "tranne l'audacia", "di tutte le qualità più notevoli"(Epistolario, pp. 51, 85).
Attraverso un'analisi del ruolo svolto dalla Destra e dalla Sinistra dal '61 in poi il C. individuava nella sostanziale omogeneità della base sociale di ambedue gli schierameúti la causa di fondo della crisi ormai irreversibile dei partiti tradizionali, e auspicava una "larga ma non anarchica legge elettorale" (I partiti politici, Roma 1881, p. 39), che desse rappresentanza politica alle forze democratiche emergenti e integrasse nelle istituzioni classi altrimenti destinate a ruoli fatalmente eversivi.
Qualche mese dopo, nell'agosto, il C. diede inizio alla sua carriera politica candidandosi con successo nel collegio di Bronte-Maletto alle elezioni per il Consiglio provinciale di Catania, tappa intermedia, secondo le sue intenzioni, per il traguardo della Camera, cui già mirava in quegli anni sebbene non ancora trentenne e quindi non eleggibile. Scriveva infatti al padre il 14 febbr. 1883: "Bisogna fare di tutto per mantenere amico il paese. Cerchi pure di fare ingrossare, il più che sia possibile la lista elettorale politica, seguendo l'esempio degli altri paesi del Collegio. Glielo raccomando assai assai. là assai facile che debba tornarsi nuovamente all'elezione" (Epistolario, p. 49).
Non trascurava, intanto, né la ricerca scientifica né la carriera accademica, pur svolgendo un'intensa attività di avvocato che lo portava spesso in Sicilia a patrocinare, di preferenza, le cause dei comuni appartenenti al collegio elettorale di Bronte.
Partecipò nell'81 al concorso per la cattedra di diritto civile a Siena e ottenne l'eleggibilità. Chiamato all'università di Macerata nel gennaio dell'82, pur avendo in un primo tempo accettato, rifiutò per non allontanarsi da Roma e compromettere così lesue aspirazioni politiche. Nel gennaio dell'84 chiese, senza ottenerlo, l'incarico di filosofia del diritto a Roma, che s'era reso libero per il passaggio di F. Filomusi Guelfi alla cattedra di diritto civile.
Sul versante della ricerca lavorava intorno alla sua opera maggiore, la Nuova fase del diritto civile, pubblicata a Torino nel novembre 1884. Qui, dopo aver tracciato in chiave rigidamente evoluzionistica una rapida storia della dinamica dei rapporti sociali e giuridici, esaminava le norme del codice civile del '65 e delineava una serie di proposte di riforma che potessero avviare la legislazione civile italiana verso una "nuova fase", in cui si affermasse finalmente la funzione di mediazione dello Stato nell'ambito dei conflitti di classe e delle tensioni sociali in genere.
Tutto un capitolo (il quarto della parte prima) era dedicato alla valutazione dei progetti di legge presentati in quegli anni in Parlamento sul lavoro delle donne e dei minori, sulla responsabilità per gli infortuni sul lavoro e sul riconoscimento delle Società di mutuo soccorso. Su questi progetti, ferocemente osteggiati dagli ambienti industriali capitanati da Alessandro Rossi, benché limitati in sostanza a timide e generiche proposizioni di principio contro le disumane condizioni di lavoro dell'industria tessile e mineraria, il C. esprimeva un giudizio positivo, considerandoli importanti passi in avanti verso la promulgazione di quel "Codice privato sociale" che egli sosteneva.
La fama di innovatore venutagli dalla Nuova fase gli valse, nell'ottobre del 1886, la cattedra di diritto civile a Messina, dove si trasferì nel gennaio dell'87, Intanto, nel maggio del 1886, in occasione delle elezioni politiche generali, s'era candidato per uno dei tre seggi del secondo collegio di Catania, ma era risultato sconfitto dopo una votazione contestata e densa di sospetti e di brogli. La morte di uno dei tre eletti, il deputato Romeo, avvenuta nel maggio successivo, gli consentì di ripresentare la candidatura, che stavolta ottenne nell'intero col, legio unanimi appoggi; ma, proprio alla vigilia di un'elezione che si profilava piebiscitaria, la morte lo colse a Messina il 25 giugno 1887 in seguito ad una violenta febbre tifoidea.
Postumi furono pubblicati la monografia Della capacità di contrattare secondo il Codice civile e di commercio, Torino 1887, contenente in appendice la.prolusione messinese Le obbligazioni civili complemento e funzione della vita sociale;e un interessante pamphlet in favore dell'introduzione del divorzio (La questione del divorzio in Italia, in Studi di dottrina e giurisprudenza civile, Lanciano 1889), che era stato scritto nel 1885in polemica con F. C. Gabba.
Bibl.: Per l'elenco degli scritti del C. cfr. M. Sbriccoli, Elementi per una bibliagrafia del socialismo giuridico ital., in Quaderni fiorentini, II (1974-75), 3-4, pp. 902-4 (non vengono menzionati i manoscritti di Bronte, Biblioteca del collegio "Capizzi", Fondo Cimbali, carte non inventariate). Brevi profili contemp. si leggono in E. Gianturco, Gli studii di diritto civile e la quistionedel metodo in Italia - Considerazioni, in Il Filangieri. VI(1881), p. 739 n.; G. Vadalà Papale, Necessità della codificaz. dell'economia politicaper la costituzione del Codice privato sociale, in Scuola positiva, I(1891), p. 159, 161; V. Polacco, La funzione sociale della legisl. civile, Camerino 1885, p. 5; ed ancora nei primi del '900 in G. Molteni, I nuovi orizzonti del diritto civile, Roma 1901; e S. Panunzio, Il socialismo giuridico, Genova 1907, Notizie sparse sirinvengono in A. Cimbali, Ricordi e lettere ai figli, Roma 1903; E. Cimbali, Epist. con in app. lettere di illustriitaliani e stranieri a lui, Torino 1912; La vitae le opere di E. C. nella critica ital. e stranierae nei ricordi di amici e di discepoli con append. di scritti vari di lui, Torino 1916; e in una breve premessa biografica alla Capacità, cit. Di scarsa utilità invece la voce del Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 120. Per valutazioni recenti, v. A. Di Maio, E. C. e le idee del socialismo giuridico, in Quaderni fiorentini, II(1974-75), 3-4, pp. 383-411; e P. Ungari, In memoria del socialismo giuridico, in politica del diritto, I(1970), 2, pp. 241-68.