CAMPELLO, Enrico
Nacque a Roma il 15 novembre del 1831 da SoIone e da Clementina de' Zenardi, in una nobile famiglia originaria di Spoleto. Fatti i primi studi, tra il 1840 e il 1848, presso il collegio Nazareno, fu avviato dai parenti alla carriera ecclesiastica, senza che avesse manifestato una particolare vocazione. Entrato nel 1851nel liceo dell'Apollinare, compì il corso di filosofia nel 1853; l'anno successivo, dopo aver ricevuto gli ordini sacri fino al suddiaconato, fu accolto il 9 novembre nell'Accademia dei nobili ecclesiastici. Divenne sacerdote il 2 giugno 1855 e fu subito aggregato ai sacerdoti secolari di S. Paolo, ottenendo l'incarico di dirigere la missione per i marinai sita a S. Maria in Cappella a Ripa Grande e l'Oratorio degli ignorantelli di S. Salvatore in Lauro; nel 1859 cominciò a interessarsi dell'organizzazione delle scuole "notturne" per l'istruzione dei poveri artigianelli.
Malgrado questa sua intensa attività pastorale, il C. continuava tuttavia a coltivare anche ambizioni per una brillante carriera prelatizia. Ciò spiega perché nel gennaio dell'anno 1856 pronunciasse una orazione di circostanza intorno al primato papale (De cathedra romana b. Petri principis apostolorum..., Romae 1856) nella basilica di S. Pietro; nel 1861, uscito dall'Accademia dei nobili ecclesiastici, fu nominato canonico della basilica liberiana.
Nel 1867 fu chiamato a far parte del capitolo vaticano: entrato così in quello che egli chiamò "il cuore della Chiesa", lo splendore del culto non ravvivò la sua fede, anzi, nei Cenni autobiografici descrisse come fossero allora sorti i primi dubbi sulla validità delle soluzioni che il cattolicesimo offriva alle sue esigenze religiose. Per avvicinarsi ad una esperienza sacerdotale a lui più congeniale, il C., pur restando canonico di S. Pietro, dedicò le sue cure alla chiesa di un quartiere popolare, S. Maria in Vincis, presso la rupe Tarpea. Qui aprì un oratorio notturno e tenne prediche e preghiere. Il concilio Vaticano rese più grave il suo disagio e lo spinse ad accostarsi ai pochi e isolati sacerdoti che auspicavano, nella Roma di Pio IX, una riforma interna al cattolicesimo d'ispirazione rosminiana. Dopo il '70 l'intransigenza del Papato e insieme l'esempio delle forze riformatrici cattoliche, operanti in Europa con il Doellinger e il Loyson, mossero il C. a fondare la Società cattolica italiana per la rivendicazione dei diritti del popolo cristiano e in ispecie romano. Intendeva, spezzando il privilegio della Curia, eleggere un papa riformatore con la forza degli antichi e canonici diritti del popolo e del clero romano. L'immediata condanna ecclesiastica e il mancato appoggio della opinione liberale dissolsero il gruppo, riducendolo dall'utopia alla clandestinità.
Dopo tre anni di silenzio il C. trasse le definitive conclusioni dalla rottura disciplinare ormai consumata: la sera del 13 sett. 1881 rese pubblico, con una conferenza tenuta nella chiesa evangelica di piazza Poli in Roma, il suo distacco dal "clero romano" e la sua scelta di "militare in quello del puro evangelio di Cristo".
Non si trattava dell'adesione a una confessione protestante. Seguendo l'esempio delle comunità vecchio-cattoliche variamente diffuse in quegli anni in Europa, e professando di continuare la tradizione riformatrice di Rosmini e di Gioberti, il C., pur giovandosi dell'aiuto delle comunità anglicana, metodista ed evangelica, intendeva proclamare una Chiesa cattolica nazionale italiana, confidando di rinnovare, con migliore fortuna, il tentativo intrapreso nel decennio precedente, ma ben presto fallito, da un prete napoletano, Luigi Prota Giurleo.
Nell'autunno 1882 il C. fondò a Roma la sua Chiesa, e nell'estate dell'83 aprì al culto, alla predicazione e all'insegnamento serale una cappella dedicata a S. Paolo in via Genova 18, a Roma; pubblicò un quotidiano politico-religioso, IlLabaro della Riforma cattolica.
Nelle sue dichiarazioni dell'83 il C. professava di rimanere rigorosamente cattolico accettando la dottrina formulata nei primi sei concili ecumenici. Riconosceva l'origine divina della gerarchia e l'ordinazione canonica, per mezzo della imposizione delle mani, di diaconi, preti e vescovi, ma insieme esigeva la preventiva elezione di vescovi e parroci da parte del clero e del popolo. Respingeva il primato gerarchico e l'infallibilità del pontefice, proponeva un culto semplificato e in lingua volgare; il celibato dei preti sarebbe diventato volontario.
Nel luglio '83 fece un breve e "trionfale" viaggio in Inghilterra, ove le sue iniziative avevano suscitato un'eco favorevole. Ottenne dall'arcivescovo di Canterbury che la sua Chiesa fosse sottoposta, secondo i canoni antichi, al controllo episcopale, e questa funzione fu affidata all'arcivescovo di Long Island, negli Stati Uniti.
A Roma nell'83 e nell'84 la Chiesa riformata riscosse notevoli consensi. Alla scomunica il C. rispose con un Appello agli italiani che accrebbe la sua popolarità. L'irrigidimento della Curia nei confronti dello Stato unitario creava condizioni favorevoli per lo sviluppo di una comunità che, professando di rimanere entro l'ambito cattolico, condannava la politica illiberale del Papato e, innalzando la bandiera nazionale sulla porta della cappella, univa nella predicazione motti patriottici e citazioni evangeliche. Per collegarsi al movimento europeo di riforma cattolica il gruppo romano diede nel 1884 l'adesione alle chiese vecchio-cattoliche e il C. partecipò al congresso di Krefeld. Era fiancheggiato ormai da molti altri sacerdoti che avevano abbandonato la Chiesa papale, tra i quali il giovanissimo Filippo Cicchitti Suriani e il teologo mons. G. B. Savarese. Questi assunse un ruolo di primo piano nella piccola comunità scismatica; proprio perciò il suo improvviso e clamoroso rientro in Vaticano determinò una grave crisi tra i riformatori.
Seguì un periodo di raccoglimento. Dopo un nuovo viaggio in Inghilterra, ove si formò un comitato permanente per gli aiuti economici alla Chiesa riformata italiana, il C., nell'autunno dell'86, trasferì nella valle della Nera, culla originaria della sua famiglia, l'opera di evangelizzazione. Stabilì missioni e cappelle un centro operaio come Terni, quanto in villaggi contadini come Arrone, Casteldilago, Ferentillo, Papigno, e in frazioni sperdute come Le Mure, La Valle, Montefranco. Le autorità locali erano favorevoli. Piccole folle di centinaia di fedeli partecipavano al culto, ai sermoni, alla scuola serale. Nell'89 i gruppi affini di Sanremo, Bordighera, Ventimiglia ottennero l'associazione alla Chiesa cattolica italiana che nel 1891 tenne ad Arrone il primo sinodo e pubblicò le sue Costituzioni. Lebasi dottrinali rimanevano sostanzialmente quelle dell'83, ma fu perfezionata l'organizzazione democratica delle comunità, le cui attività religiose e amministrative erano gestite da consigli centrali e periferici aperti, ai credenti e ai sacerdoti.
Dopo il '91 l'espansione delle comunità umbre subì un arresto. Erano venuti meno, nel frattempo, in Inghilterra, i più autorevoli patroni e i sussidi scarseggiavano. Il centro promotore della riforma tendeva a spostarsi a Sanremo ove Ugo Ianni, già sacerdote ad Arrone, svolgeva una intensa attività e riprendeva la pubblicazione del Labaro. Nel '98 il C. (era stato nel frattempo eletto e consacrato vescovo) fu colpito da una grave malattia. Le lettere da Arrone rivelano un uomo stroncato nel fisico e privo di speranze sulle prospettive della sua missione. I medici parlano di una malattia "più mentale che fisica" "un suo coadiutore ricorda come egli pregasse Dio di chiuder[gli] gli occhi prima di vedere la catastrofe della Riforma". Sono queste le premesse conosciute della crisi che spinse drammaticamente il C. a rientrare nella Chiesa papale. Dopo un ritiro di trenta giorni a Roma, nel Collegio Pio latino americano, l'8 dic. 1902, "lesse tra molte lacrime e singhiozzi" la solenne abiura. Una lettera nella quale egli esprimeva la contrizione per il danno che la sua "infamia" aveva recato "all'unica vera Chiesa del Salvatore" fu data lo stesso giorno alle stampe. Morì a Roma nei primi mesi del 1903.
Fonti e Bibl.: Perla prima fase della vita del C. vedi E. Campello, Cenni autobiogr. che rendono ragione dell'uscita di lui dalla Chiesa papale, Roma 1881, ma anche P. Rota, Una recente apostasia, Milano 1881; A. Sturni, Risposta confutativa all'autobiografia di E. di C., Verona 1881. Per la parte presa dal C. alla riforma cattolica in Italia negli anni Ottanta vedi A. Robertson, Count C. and Catholic Reform in Italy, London 1891, su cui Civiltà cattolica, s. 18, IX (1891), pp. 74-79; U. Ianni, E. di C. - Cenni biografici e storici, Sanremo 1894. Una bibliografia essenziale sulla Chiesa riformata in A. Della Torre, Il cristianesimo in Italia dai filosofisti ai modernisti, Milano 1912, pp. 277 ss., 323 ss., e in Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XI, col. 645. Notizie sulle missioni in Val Nera e in Liguria sono in The Quarterly report of the Italian Church Reform Association (I.C.R.A.), Dublin, che, oltre a ragguagliare sugli aiuti economici raccolti in Inghilterra, pubblica lettere, cronache, bollettini. Le vicende della Chiesa del C. possono ricostruirsi oltre che sugli sporadici numeri del Labaro della Riforma cattolica (Roma 1883-1885; San Remo 1891-1901) su Rivista cristiana, X (1882), p. 181; XI (1883), pp. 32, 182; XII (1884), pp. 29, 174; XIII (1885), p. 40; su Italia evangelica, II (1882), pp. 84, 94, 114; III (1883), p. 402; VI (1886), p. 188. Una consistente raccolta di documenti a stampa sulla Chiesa del C. (atti, costituzioni, discorsi, opuscoli) è custodita, tra le miscellanee relative al vecchio cattolicesimo in Italia, dalla Biblioteca della facoltà valdese di teologia, Roma.