CAMPAJOLA, Enrico
Nato a Bologna il 20 nov. 1899 da Errico e Clementina Bertolotti, rivelò giovanissimo particolari doti musicali e fu avviato, ancora fanciullo, allo studio del violino entrando quale allievo interno nel liceo musicale "G. B. Martini" di Bologna, ove studiò alla scuola di Angelo Consofini con cui, nel 1917, conseguì il diploma di violino riportando il massimo dei voti e la lode.
Iniziata subito la carriera concerfistica, riportò unanimi consensi da parte della critica che ammirò la singolare bellezza del suono e l'appassionato vigore interpretativo; interrotta l'attività durante l'ultima fase della prima guerra mondiale, la riprese al termine del conflitto e insieme con Raffaele Salviati e Benedetto Mazzacurati formò il Trio bolognese, con cui negli anni 1920-23 svolse una intensa attività artistica che lo portò attraverso i maggiori centri musicali italiani. La fama raggiunta lo condusse a Parigi ove tenne una serie di concerti come solista nelle piú importanti istituzioni concertistiche della città. Nel 1923 fu chiamato ad insegnare violino nel conservatorio di Trieste ove rimase sino al 1925; nello stesso anno si recò a Praga e per due anni si perfezionò alla scuola di O. Ševčik e A. Mazak, concludendo il prestigioso corso con un concerto alla sala Smetana (3 dic. 1926) in cui vennero esaltate la sua padronanza tecnica e le grandi doti interpretative. Ritornato in Italia prese parte ad una serie di concerti con l'orchestra stabile di Pesaro e il 12 giugno 1927 eseguì il Concerto romantico per violino e orchestra di Riccardo Zandonai alla presenza dell'autore.
L'interpretazione gli procurò il riconoscimento della critica italiana che ammirò "la sua tecnica serrata e limpidissima, il suo suono armonioso, fine, espressivo, il suo senso d'interpretazione quadrato, in un carattere di stile che denota una salda cultura ed una conoscenza sottile di ogni più riposto segreto dello strumento…" (Corriere adriatico, 13 giugno 1927).
Nel 1927 gli venne offerto il posto di primo violino di spalla nell'orchestra dell'Augusteo; nella prestigiosa sede concertistica dell'Accademia di S. Cecilia rimase fino al 1930, svolgendo anche una intensa attività solistica sia nella sala accademica sia con l'orchestra dell'Augusteo. Il 31 marzo 1929, unico violinista italiano in una stagione che ospitava soltanto Bronisiav Hubermann, sotto la direzione di Bernardino Molinari prese parte all'esecuzione del Concerto per 4 violini solisti, archi e organo di A. Locatelli insieme con A. Caroli, F. Natali, A. Bucchi; il 21 aprile dello stesso anno, sempre diretto da Molinari, eseguì in prima esecuzione italiana il Concerto in re minore per violino e orchestra op. 47 di Jan Sibelius, composizione di grande complessità tecnica che il C. superò con assoluta padronanza rivelando di saper dominare tutte le difficoltà della partitura; la sua interpretazione, limpida, generosa e appassionata, la magnifica cavata rivelarono un temperamento di prim'ordine per profondità espressiva ed equilibrio che destarono l'ammirazione del pubblico e della critica, la quale, annoverando il giovane artista non più nella schiera delle promesse ma delle personalità sicure del concertismo internazionale, confermò il giudizio nelle Variazioni sopra un tema di Corelli di Tartini-Kreisler e nella Romanza andalusa di P. de Sarasate.
Iniziò da questo momento l'ascesa artistica del C. che venne richiesto da altre associazioni Concertistiche italiane; il 13 marzo 1929 fu infatti all'Istituto francese di Firenze in un acclamato concerto in cui eseguì la Sonata per violino e pianoforte di C. Franck, la Sinfonia spagnola di E. Lalo e brani di M. Castelnuovo Tedesco con cui confermò i precedenti giudizi della critica. Apparve poi nella sala accademica di S. Cecilia in Roma durante un concerto comprendente brani di J. S. Bach, A. Vivaldi, A. Dvořak e due liriche di R. Rossellini, La fontana malata e Villanella (in prima esecuzione assoluta): programma in cui mise in luce doti di grande versatilità e vigoroso gusto interpretativo.
Frattanto, lasciato nel marzo 1931 il posto nel massimo ente sinfonico romano, in occasione delle celebrazioni organizzate dal teatro Comunale di Bologna per commemorare Giuseppe Martucci, venne prescelto da Arturo Toscanini quale primo violino dell'orchestra formata dai migliori solisti degli enti sinfonici italiani.
In questa occasione, come testimoniato in un promemoria del 18 maggio 1931 citato da F. Serpa (p. 328), il C., dopo la protesta e il conseguente rifiuto di Toscanini di eseguire durante il concerto gli inni nazionali (Marcia reale e Giovinezza), venne proposto dal podestà di Bologna, Giuseppe Lipparini, quale sostituto del celebre direttore nella sua qualità di primo violino di spalla; ma l'esecuzione non ebbe luogo per la ferma opposizione di Toscanini che non consentì di presentare al pubblico musica diversa da quella stabilita nel programma. Dopo la movimentata esperienza bolognese che segnò la definitiva partenza di Toscanini per gli Stati Uniti, il C. continuò la sua carriera di solista; si recò dapprima in Ungheria e dopo un concerto alla sala Vigadò, si presentò nella sala dell'Accademia di musica di Budapest, ove il 21 nov. 1931 si cimentò nel Concerto per violino e orchestra di J. Brahms, riportando unanimi consensi di critica e di pubblico; fu poi alla sala Smetana di Praga e, tornato in Italia, si esibì a Milano e quindi a Venezia per la Società del quartetto (1932), presentandosi nella sala dei conservatorio "B. Marcello" con brani del repertorio classico e composizioni di E. Bloch e N. Zsolt. Nel marzo del 1932 fu chiamato a ricoprire la cattedra di violino al liceo musicale "G. B. Martini" di Bologna e nell'ottobre dello stesso anno gli fu offerto il posto di primo violino di spalla nell'orchestra del teatro alla Scala di Milano, ma vi rinunciò preferendo proseguire l'attività didattica nel liceo musicale della sua città, ove frattanto andava svolgendo un'intensa attività cameristica quale primo violino del nuovo Quartetto bolognese.
Dedicatosi con grande impegno all'insegnamento, non trascurò tuttavia la carriera concertistica e negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale svolse una intensa attività sia come solista sia in campo cameristico (fece parte, tra l'altro, del Trio Rossi-Campajola-Oblach); memorabile rimase una sua interpretazione del Concerto per violino e orchestra di Brahms al teatro alla Scala di Milano, direttore Karl Schuricht (12 nov. 1941). Nello stesso anno partecipò alla stagione di concerti del teatro Comunale di Bologna, dividendo il successo e i riconoscimenti della critica con solisti come Gioconda De Vito, A. Benedetti Michelangeli, G. Cassadò e S. Danco; a Bologna ritornò più volte negli anni successivi, ampliando ulteriormente il suo repertorio: si presentò infatti in acclamate interpretazioni dei Concerto per violino e orchestra di Beethoven (14 apr. 1943, direttore C. Zecchi) e del Concerto per violino e orchestra di F. Mendelssohn (30 genn. 1947, direttore A. La Rosa Parodi) con cui confermò il suo talento di sensibile e raffinato virtuoso.
Alla fine della guerra, non trascurando l'attività didattica nel conservatorio bolognese, riprese la carriera concertistica in campo internazionale, e dal 1946 fu in Spagna, Cecoslovacchia, Svezia, Olanda, Germania, Austria, Finlandia e Danimarca, oltre che nei maggiori centri musicali italiani. Nel 1960 gli venne affidata la cattedra di violino nel conservatorio romano di S. Cecilia ove per vari anni formò una scuola da cui uscirono valorosi violinisti.
Il C. morì a Roma il 16 ag. 1983.
Artista colto e sensibile fu, tra le due guerre e per buona parte degli anni Cinquanta, uno dei protagonisti del concertismo italiano in campo violinistico, in un'epoca in cui un'affermazione in ambito internazionale era resa più difficile per la coesistenza di nomi tra i più grandi che la storia dell'arte violinistica ricordi; il possesso di una tecnica sicura e brillante, asservita ad una sensibile e raffinata natura d'artista gli consentì di affrontare un repertorio assai vasto che, dalla tradizione settecentesca di matrice bachiana e vivaldiana, si spinse fino alle manifestazioni più avanzate della musica contemporanea.
Il rigore stilistico mostrato nel repertorio classico caratterizzò anche l'interpretazione dei capolavori dei violinismo romantico, ove rifulse il suo temperamento appassionato e vigoroso, sostenuto da un suono caldo, limpido, vibrante e ricco di sfumature timbriche.
Fonti e Bibl.: Oltre alle notizie documentarie fornite dalla famiglia, si vedano le critiche in Prager Tageblatt, 5 dic. 1926; Corriere adriatico, 13 giugno 1927, Corriere d'Italia, 23 apr. 1929; L'Impero, 23 apr. 1929; Il Meridiano, 22 apr. 1929; Il Popolo di Roma, 23 apr. 1929; Il Giornale d'Italia, 23 apr. 1929; Il Popolo di Roma, 18 genn. 1930; Il Messaggero, 18 genn. 1930; La Tribuna, 18 genn. 1930; Il Progresso d'Italia, 31 genn. 1947; Il Messaggero, 13 febbr. 1947; Voce adriatica, 12 febbr. 1947; Il Progresso d'Italia, 4 giugno 1950; Il Nuovo Corriere degli artisti, ottobre 1954, senza indicazione di pagine. Vedi inoltre: R. Accademia di Santa Cecilia. I concerti dal 1895 al 1933, II, Roma 1933, pp. 445, 449, 466, 581; Diz. Ricordi della musica e dei musicisti, Milano 1959, p. 236; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte, II, Milano 1964, p. 264; Due secoli di vita musicale. Storia del teatro Comunale di Bologna, a cura di L. Trezzini, Bologna 1966, I, p. 41, II, pp. 185, 190, 194; F. Serpa, I cosiddetti schiaffi di Bologna, in La lezione di Toscanini. Atti del convegno di studi toscaniniani al XXX Maggio musicale fiorentino, a cura di F. D'Amico e B. Paumgartner, Firenze 1970, p. 328.