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ARNAUD, Enrico

di Luigi Cesare Bollea - Enciclopedia Italiana (1929)
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ARNAUD, Enrico

Luigi Cesare Bollea

Pastore evangelico valdese. Nato ad Embrun nel 1641 dall'avvocato Pietro, console della città, e da Margherita Grosso, di famiglia emigrata da Dronero nelle valli pinerolesi, fu come i genitori di ardentissima fede valdese. La sua famiglia dovette presto abbandonare, per intolleranza religiosa Embrun, e così il quattordicenne Enrico, verso il 1655, poco prima o dopo le Pasque piemontesi, venne ad abitare le valli pinerolesi. Uscito a ventun anno dalla scuola generale o dei Barbi, nel 1662 era iscritto a Basilea nel collegio di Erasmo per proseguire gli studî di umanità e di filosofia, e nel 1664 era aggregato alla facoltà teologica. Poco dopo l'abbandonava, per tentare in Olanda la carriera delle armi; ma ritornava verso il 1666 agli studî nell'Accademia ginevrina di Calvino, donde usciva nel 1670, per recarsi ventinovenne ad occupare, come ministro, la parrocchia valdese di Maniglia, nelle valli pinerolesi. Quivi sposava Margherita Bastia di una delle principali famiglie del luogo, e ne aveva sei figli. Ma l'editto del 31 gennaio 1686 di Vittorio Amedeo II lo trasformava da pastore evangelico di Torre Pellice in uno dei capi più energici della resistenza ad oltranza. Quando però dopo due giorni di vittoriosa tenacia i valdesi vennero sbaragliati a S. Germano, l'Arnaud, sul cui capo venne posta una taglia dal duca, si salvò con la famiglia a Ginevra e indi a Neuchâtel, dove accoglieva 3000 correligionarî esuli dal Piemonte. Fallito il primo loro tentativo di ritorno in patria, l'A. si accordò con un vecchio capo valdese, Josué Janavel, che lo aveva da tempo preceduto a Ginevra, e preparò una seconda spedizione nel 1688, che non ebbe esito. Allora si recava in Olanda a cercarvi l'appoggio del principe d'Orange, che procrastinava l'impresa prevedendo prossimi decisivi avvenimenti europei; poi scampato a un tentativo politico di assassinio a Coira, l'Arnaud organizzava la terza spedizione valdese alla riconquista delle valli pinerolesi, partita nella notte dal 25 al 26 agosto 1689 da Prangin. In dieci giorni, attraversata la Savoia e vinti 2500 Francesi a Salbertrand, i profughi rientrarono in patria; e v'iniziarono una guerriglia, interrotta nell'inverno, quando dovettero rifugiarsi alla Balziglia, dove solo le parole confortatrici dell'A. tennero vivo l'entusiasmo in mezzo al freddo e agli stenti. Nella primavera successiva, per il passaggio del duca di Savoia alla lega di Augusta, la Francia dichiarava guerra al Piemonte, e i Valdesi, fatta la rentréé glorieuse nelle loro valli, si schieravano con il duca, con il quale l'A. trattava da pari a pari a Moncalieri, ottenendone l'editto del 23 maggio 1694, seconda grande carta della libertà religiosa dopo l'accordo di Cavour, tacitamente approvato da Emanuele Filiberto. Cappellano militare dei soldati valdesi e pastore evangelico nelle terre riconquistate, l'A. non fu colonnello di Vittorio Amedeo II, come la leggenda dice, ma suo ambasciatore a Milano, a Coira, a Basilea e a Zurigo, suo reclutatore di truppe correligionarie in Svizzera e suo segreto agente per presentarlo alla lega di Augusta come lo strumento provvidenziale per punire Luigi XIV. Ma questi non tardava a rappacificarsi con il duca di Savoia, che, per un articolo della pace del 1698, doveva dare lo sfratto ai protestanti francesi. Fra questi era compreso l'A., il quale allora si recò nel Baden, nell'Assia e nel Württenberg, e si fissò a Schönenberg, come pastore di quella comunità valdese. Tratto tratto però l'abbandonava per recarsi in cerca di aiuti alla sua chiesa nell'Olanda, nella Svizzera e nell'Inghiherra, dove Guglielmo d'Orange lo fece colonnello onorario. Ma, rottesi ancora le relazioni diplomatiche sabaudo-francesi nel 1704, l'A. ritornava nelle valli, partecipava come cappellano militare ai fatti d'armi e teneva carteggio con il duca. Nel 1705-1706 era pastore della chiesa valdese di S. Giovanni di Luserna, e nel 1707 ritornava a Schönenberg, dove scriveva la storia del rimpatrio del 1689, edita nel 1710 a L'Aia. A Schönenberg moriva nel 1721. Il popolo valdese, che lo annovera tra i suoi più grandi figli, gli ha elevato un bel monumento, su bozzetto di Davide Calandra, in Torre Pellice.

Bibl.: H. Arnaud, Histoire de la Glorieuse Rentrée des Vaulois dans leurs vallées, ecc., L'Aia 1710, Parigi 1879; T. Muret, Histoire de H. A., Parigi 1853; T. Gay, Il rimpatrio dei Valdesi, Torino 1879; K. H. Klaiber, H. A. Pfarrer und Kriegsoberster des Valdenser ecc., Stoccarda 1880; M. Monnier, H. A. pasteur et colonel des Vaudois, in Nouvelle Revue, Parigi, ottobre 1881; D. Perrero, E. A., in Rassegna settimanale, Roma, i agosto 1883, p. 604 segg.; E. Comba, Essai bibliographique pouvant serivr à la compilation d'une nouvelle biographie d'Henri Arnaud, in Bull. du bicenten. de la glor. rentr., edito dalla Soc. d'hist. vaud., Torino 1889, p. 132 segg.; E. Comba, Henri Arnaud, sa vie et ses lettres, Torre Pellice 1889 (trad. ital., E. A. pastore e duce dei Valdesi, Firenze 1889). Inoltre, in Bull. de la Soc. de l'hist. du protestantisme français, X, pp. 93 segg., 158 segg., 323 segg.; XXVIII, p. 333 segg.; XXXIX, p. 469 segg.

Tag
  • GUGLIELMO D'ORANGE
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  • PASTORE EVANGELICO
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Vocabolario
enrico
enrico s. m. (pl. -chi). – Nome di varie monete fatte coniare da sovrani di nome Enrico o portanti il suo nome: tra esse, il denaro poi chiamato bolognino, coniato a Bologna dal 1191 e che portava il nome dell’imperatore Enrico VI al quale...
buòn Enrico
buon Enrico buòn Enrico locuz. usata come s. m. – Erba perenne della famiglia chenopodiacee, detta anche colubrina, tutta buona, spinacio selvatico (lat. scient. Chenopodium bonus-Henricus): ha fusti poco ramosi, foglie triangolari, ondulate...
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